Recensione Topolino 3491 Tanti auguri Giorgio Cavazzano! Il
Topolino di questa settimana esce il giorno del settantacinquesimo compleanno di quello che con pochi dubbi, e nonostante l’imperituro mito di Romano Scarpa, è semplicemente
il più famoso, onnivoro e celebrato dei Disney Italiani. E proprio come il suo antico maestro, ai tre quarti di secolo Cavazzano ci arriva con una
mano e una tecnica da far tremare i polsi (appunto) ai disegnatori più solidi e rampanti.
Ne è prova la storia pubblicata (purtroppo senza l’onore dell’apertura del numero) in questo albo,
Zio Paperone e i vichinghi a Venezia, scritta da
Knut Naerum e
Arild Midthun. Una storia nuova, magari affidata ad uno degli sceneggiatori di punta del settimanale, avrebbe meglio appagato le nostre velleità di lettori.
Ci accontentiamo di un lavoro dell’anno scorso,
inedito in Italia, che se non rende molta giustizia al valore del Maestro a livello di storia (
una ripetitiva caccia al tesoro costellata di scorciatoie narrative) lo fa senz’altro a livello di spunti grafici: l’ambientazione veneziana porta Cavazzano a
raffigurare ancora una volta vari scorci della sua città, con risultati stupendi.
Ne sia la prova la grande vignetta che riportiamo in questa pagina, che unisce geometria e grazia secondo quell’
irripetibile senso di pienezza e pulizia che è ormai il marchio di fabbrica del Maestro da almeno trent’anni. Il tratto sfoggiato sui personaggi asseconda la linea evolutiva vista di recente, ad esempio nella dimensione delle teste dei Paperi, da qualche anno a questa parte sempre meno grandi in
una sorta di ritorno a proporzioni pre-Duemila. E a tal proposito, doveroso (ancorché inutile) spendere due parole sulla carriera del festeggiato, che rimandiamo ad un articolo di prossima pubblicazione in questi giorni. Per ora limitiamoci a brindare al più iconico e amato degli artisti Disney italiani.
Tavola di VeneziaLa storia di apertura di questo numero è, invece,
Road to World Cup – Un patto tra gentiluomini (
Marco Nucci/
Stefano Intini). Se i Mondiali del 2010, 2014 e 2018 furono accompagnati da storie d’occasione, spesso frenetiche ed eguali fra loro nella scansione, all’appuntamento del 2022 la direzione Bertani è arrivata con una strategia:
Il torneo delle cento porte,
Calisota Summer Cup e, appunto,
Road to World Cup sono i tre (compositi)
atti di un approccio studiato al “tema calcio” su Topolino.
Se
Calisota Summer Cup aveva finalmente centrato l’obiettivo in termini di umorismo, la storia di questa settimana rappresenta a parere di chi scrive
una regressione: un po’ troppo concentrata sul tema principale, poco propensa a sbilanciarsi in trovate comiche interessanti, appare più come una tappa sul percorso che come un momento da ricordare; sebbene il colpo di scena finale convinca, e segni un’altra convincente tacca sul consolidamento di un Paperone tanto innocuo quanto intelligente. Intini, da par suo, è sempre a suo agio con la scrittura di Nucci, e
ci si augura che il duo possa osare molto di più in storie dal taglio più marcatamente umoristico.
La storia che segue è
Topolino e il tesoro del legionario, di
Francesco Artibani e
Giuseppe Zironi. La vicenda è ispirata agli scavi della città di Aquino (provincia di Frosinone, patria di Giovenale e città di San Tommaso – che però nacque poco lontano), cui lo stesso Artibani partecipa in qualità di volontario iscritto all’associazione
Roma sotterranea. Una buona prova, come sempre, per lo sceneggiatore romano ormai abituato a lavori commisti a ispirazioni extrafumettistiche.
Gambadilegno in un ruolo inedito, di cerniera fra Roma antica e tempi nostri, ci traghetta lungo una vicenda intricata quanto efficace. I disegni di Zironi, pur a tratti meno entusiasmanti delle attese nel ricostruire certe atmosfere (stranamente essenziale, ad esempio, la raffigurazione del triumviro Marco Antonio), portano avanti la narrazione con la consueta eleganza e personalità.
Un habitat inconsueto Chiudono l’albo due storie a modo loro molto bizzarre: la prima è la classica dose di catastrofe domestica affidata alle sapientissime mani di Paperoga, stavolta portato sulla scena da
Giuseppe De Feo e
Giulia Lomurno in
Paperoga e la casa di rumore. Se la scansione degli eventi è un po’ confusa e al limite della ripetitività,
i disegni presentano tratti interessanti: scatenatissima come un Freccero dei tempi andati, Lomurno si spinge evidentemente ai confini della propria tecnica, realizzando qualche passaggio a vuoto in termini di resa, ma regala una prova che promette molto.
L’ultima storia è invece la conclusione di
Topo Principe. Una storia che è necessario definire “volatile”: non ancorata né all’opera originale né al sistema dei personaggi Disney, la vicenda si snoda liberamente, portando Topolino e Pippo (ma sono loro o non sono loro?) a
travalicare ripetutamente e serenamente i confini della narrativa per abbracciare una specie di vocazione maieutica e messianica.
Augusto Macchetto, l’enigmatico regista di questo viaggio ultramondano, dispensa a piene mani i suoi marchi di fabbrica, dallo stordimento semantico (“E chi non conta?” “Chi non conta, non conta!”) all’impennata lirico-infantile, ai cambi di scena tenuti insieme da un filo di ragno di parole-feticcio. Il risultato è un continuo esplodere di suggestioni – che la disegnatrice
Giada Perissinotto rincorre con perizia ed estro – che si può perlopiù o amare o guardare con stupore.
La personale e riuscita Paperina di Giada PerissinottoVoto del recensore:
3/5Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
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