Il rapporto tra il genere umano e la tecnologia è sempre stato molto intricato, fatto di fiducia imperitura e di ripensamenti paranoici. Se è vero che la tecnologia deve aiutare l’esistenza di ognuno e migliorala, è pur vero che il pensiero che la tecnologia “invada” le nostre vite e ad esse si sostituisca è il leit motiv del XXI secolo, soprattutto dopo l’avvio della Rivoluzione Industriale 4.0.
La storia Zio Paperone e la P.A.I. Paper Artificial Intelligence (Pezzin/Perina) muove da questi presupposti, ma sembra porsi da un lato con sufficienza e dall’altro con un’esagerazione assurda tipica delle storie umoristiche. La sufficienza dell’approccio alla trama è data soprattutto dalla conoscenza dell’intelligenza artificiale e del suo funzionamento: è pur vero che l’IA apprende continuamente e si adatta, ma anche vero che la configurazione di limiti (l’autorità che deve seguire, e che viene introdotta per limitarla solo nella terza parte della storia) è la premessa originaria con cui si avvia l’intelligenza stessa, che si muoverà secondo schemi e algoritmi precisi; difatti il primo problema è proprio quello di non aver impostato limiti all’algoritmo della P.A.I.
L’assurdità deriva, invece, dall’esagerazione che la storia pone in primo piano relativamente al comportamento umano (pardon, papero) di seguire istintivamente tutti i consigli dell’IA, quasi in un crescendo spasmodico di annullamento della propria intelligenza e sottomissione. Difatti, è questo l’elemento che regge la storia in sé: un elemento sci-fi che sembra derivato nemmeno dalla classica letteratura fantascientifica, ma arriva da più vicino, parendo quasi una parodia di un episodio di Black Mirror. Tuttavia, nemmeno questa reference riesce a togliere l’innocenza di questa storia e la rende anche superabile dopo la lettura. Una lettura da classico Topolino.
Un nome che non scorderemo facilmente Di sapore classico anche la storia promozionale legata alla città di Matera, capace di far letteralmente esaurire le copie di questo albo in Basilicata, anticipata dalla bella copertina “prospettica” di Stefano Zanchi con i colori di Andrea Cagol.
Topolino e il segreto dei Sassi (Artibani/Soldati) gioca molto sulla bivalenza dei nomi, ed in particolare sul nome del co-protagonista (Rock Sassi) e dei quartieri storici della città lucana (i Sassi, appunto), ma che trae la sua origine dalla precedente Topolino, Rock Sassi e Manetta in: Una maglia rosa in giallo e ne conserva la continuity.
Storia che parte in medias res, con Topolino e Rock che entrano furtivamente nella casa di famiglia di quest’ultimo, per essere scoperti dai suoi inquilini e rivelare la terribile notizia. Un giallo molto topolinesco, che però presenta molte sfumature sentimentali (soprattutto nel motivo della sparizione del bisnonno di Rock, Pietro) e dinamiche molto energiche tra i contrapposti personaggi. Il finale interviene bruscamente e lascia aperto ad un seguito che potrebbe esplicarsi nelle prossime storie sul punto (come annunciato anche dall’autore stesso). I disegni di Soldati paiono molto freschi e proporzionati, ma si apprezza soprattutto la bella visuale di Matera nella sesta tavola.
Miao cronache feline: La cosa più importante (Faccini) gioca ancora una volta sulla parodia (o sull’esplicazione umoristica) del comportamento dei gatti. E lo fa mettendo in scena una simpatica bagarre tra Malachia e un topo teppistello che ha deciso di rubargli tutto quello che possedesse. Tutto ciò che di materiale ci fosse, certo, ma non “la cosa più importante” che lega il gatto al suo padrone.
Faccini mostra di essere ancora un potente umorista (soprattutto nel mettere in scena la gag della luce laser e dell’ossessione felina per le stesse), ma lo fa anche con gentilezza e con affetto, dimostrando di essere un grande narratore, sia come sceneggiatore che come disegnatore.
La sfida è lanciata!
Di tenore diverso Paperino Paperotto e i misteri di Villa Lecoccodé (Vacca/Franzò), che trae spunto da una trama elaborata da una scolaresca e selezionata per apparire su Topolino (come spiegato nell’editoriale di apertura della storia) relativa alla salvaguardia e al recupero del patrimonio cittadino comune.
Simpatica la moda della pantomima tra gli abitanti di Quack Town, ma al contempo si gira molto attorno al vero focus della storia (ovvero il mistero della villa stesso) e alla ragione del soggetto appena menzionato (ovvero la valorizzazione del patrimonio cittadino). Una storia che rimane anch’essa gradevole, ma non esaltante. Primo confronto di Franzò con la lore giovanile di Paperino e prova ancora una volta riuscita, con disegni espressivi e dinamici al contempo.
Chiude questo albo la terza parte di Topolinia contro (Bertani, Gervasio/Mazzarello), la storia che segue le vicende di Grosso guaio a Paperopoli sulla collaborazione tra Topolino e Paperinik e che mette al centro la vita capovolta del primo.
Un atto finale che si ricollega, a mo’ di sequel, a Topolino e le lettere ipnotiche e che prova addirittura a riprenderne l’elemento di svolta della storia, ovvero il rumore che serve ad uscire dalla situazione ipnotica. Finale che intriga e tiene col fiato sospeso, ma che rimane molto verboso nello sciorinare la spiegazione del piano di Wilson Risk. Decisamente fuori luogo, poi, il rancore che Topolino prova verso coloro che gli si sono rivoltati contro, benché consapevole della loro ipnosi.
Immagine senza commento
Nonostante ciò, l’idea di riprendere la storia del 1974 e portarla avanti (e creare un intermezzo, come si vede dal finale aperto) è interessante, anche per il focus su un autore differente e che non sia il solito Guido Martina. I disegni di Mazzarello paiono migliorati, ma ancora ci sono delle pecche nelle espressioni e nella narrativa grafica complessiva. Tutto sommato, la storia in sé regge bene ed il risultato è apprezzabile.
Non potevamo sperare in un albo che tenesse il livello di quelli di poco precedenti, dove la grande qualità ci ha “ubriacato”. L’effetto “Lucca Comics” pare ora dissolversi e molto di quanto avevamo apprezzato sta tornando nella solita media degli albi. In attesa anche di leggere le storie del prossimo mese (dove è annunciata, tra le altre, anche una nuova storia della saga della Spada di Ghiaccio curata da Marco Nucci, come annunciato dal direttore nell’editoriale di apertura e come evidente anche dalla quarta di copertina), questo numero torna nei ranghi e propone storie di media qualità che intrattengono ma affascinano poco. Benché consci del risultato comunque apprezzabile, sicuramente il calo fisiologico giova poco al lettore. L’unica è pensare che tutto ciò ci permetta di esprimere tutta la nostra meraviglia per le storie che verranno.
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