Recensione I Grandi Classici Disney n. 91
Raffigurante un Paperoga con gli occhi stranamente attaccati al becco, la bella copertina di Giorgio Cavazzano colorata da Max Monteduro introduce, insieme all’editoriale di Pier Luigi Gaspa, la prima storia dell’albo:
Paperino e la visita distruttiva, scritta da Giorgio Pezzin e disegnata da Cavazzano stesso, dallo stile quasi irriconoscibile rispetto a quello della copertina, con un tratto ancora influenzato da quello di Romano Scarpa e all’alba della sua cosiddetta fase
techno. Ciononostante
i disegni del Maestro veneziano sono strepitosi, caratterizzati da dei personaggi dinamicissimi che spesso escono dalle vignette,
accompagnati da stravolgimenti della gabbia che rendono al meglio il movimento della scena e prospettive molto coraggiose.
Lo spunto che dà il via all’azione è tanto semplice quanto geniale: Rockerduck ha aperto al pubblico un settore del suo centro di ricerca anti-ladro e sta guadagnando moltissimo dalla vendita dei biglietti, dunque Paperone incarica Paperino e Paperoga di introdursi nelle parti non accessibili per spiarne il contenuto per poi riportarlo sul Papersera.
La trama ordita da Pezzin è in realtà solo un pretesto per unire una serie di gag esilaranti, fra inseguimenti (sia a piedi che in auto), sparatorie e risse che ricordano i toni dei film di James Bond. La storia, la prima della mitica accoppiata Pezzin/Cavazzano,
rappresenta una piccola rivoluzione nell’ambito del fumetto disneyano degli anni ‘70, periodo certamente non florido come il decennio precedente. I due veneziani hanno contribuito a capovolgere gli stilemi delle avventure di quegli anni, costruendo storie sperimentali, in un certo senso folli e dai toni inediti e sopra le righe.

Mirabile Cavazzano techno.
È invece
Guido Martina lo sceneggiatore delle due avventure successive, di cui la prima è
Topolino e il pozzo degli Incas, storia ben più classica della precedente disegnata senza guizzi memorabili da
Sergio Asteriti.
Chi scrive ammette di non aver mai apprezzato la caratterizzazione martiniana di Topolino e Pippo, il primo rappresentato spesso come un antipatico saccente e il secondo come un totale idiota, e anche questa storia non fa eccezione.
La trama è molto ripetitiva e simile a moltissime altre storie del Professore di quel periodo, per cui non risulta molto accattivante: i Nostri si ritrovano catapultati in un ambiente inconsueto (in questo caso in Bolivia dopo essere stati colpiti da una scarica elettrica) e finiscono nei guai per colpa di un cattivo. Grazie ad un oggetto appartenente a Pippo che fa da deus ex machina (anche questo un classico escamotage martiniano), Topolino riesce a salvarsi, assicurando così il nemico alla giustizia.
Interessante il cameo di Archimede Pitagorico che spiega a Topolino in che modo sia arrivato in Sudamerica. Peccato che la sua spiegazione contenga una macroscopica imprecisione. Infatti, essa considera la distanza fra la California (dove, prima che anche in Italia venisse utilizzato il Calisota, erano collocate Topolinia e Paperopoli) e la Bolivia pari a mille chilometri, quando in realtà ne intercorrono ben ottomila. Stupisce un errore simile da parte di Martina, di solito molto accurato e preciso in questi dettagli.

Raro Archimede di Asteriti.
L’altra storia da lui sceneggiata è
Topolino e il ripetitore magico, disegnata da
Pier Lorenzo De Vita,
la cui trama sfrutta uno dei canovacci martiniani preferiti di chi scrive, dove l’innesco dell’azione scaturisce da un’abilità acquisita da Pippo, in questo caso di riuscire a imitare perfettamente qualunque voce grazie a un liquido inventato da un suo bis-bis. Il dipanarsi della vicenda è però ripetitivo e banale, in quanto contiene soluzioni narrative abusate e risvolti prevedibili, narrando del tentativo di Topolino e Pippo di assicurare l’evaso Gambadilegno alla giustizia, dopo che appunto Pippo ne ha casualmente udito il nascondiglio.
Inoltre risulta decontestualizzata l’introduzione di un personaggio inedito che non è in alcun modo utile nell’economia della trama, comparendo in sole due vignette: il Tenente Wiper, che viene tuttavia caratterizzato graficamente in modo interessante da De Vita.
Il suo tratto, in certi casi buono su Pippo, non è tuttavia per nulla convincente su quasi tutti gli altri personaggi. A mio avviso il maggior merito di Martina in questa storia, il cui spunto sarebbe stato decisamente più adatto a un corto animato, è proprio quello di riuscire a rendere credibile il potere di Pippo, anticipando peraltro di ben sedici anni la più nota
Paperino e il multivox 2222 di Fabio Michelini.
La storia successiva, decisamente più leggera, è
Topolino e le guardie del corpo, scritta da
Michele Gazzarri e disegnata da un
Giovan Battista Carpi non al suo meglio.
La trama è semplice ma divertente: Tip e Tap vengono ingaggiati da Topolino come guardie del corpo personali, e con le loro fionde cercheranno di sventare una rapina, in una sequela di gag.
Si prosegue poi con
Topolino e la torta al limone, storia investigativa orchestrata dai
fratelli Barosso e disegnata da un
Guido Scala ancora non entrato nella propria fase di maturità artistica e dunque poco riconoscibile.

Polizia poco collaborativa.
Il plot è semplice, ma una serie di coincidenze estremamente forzate ne inficiano la credibilità. I punti di forza della storia sono il finale, divertente seppur non particolarmente originale, e l’interessante utilizzo dello scagnozzo di Gambadilegno Sgrinfia che, a differenza di quanto spesso accade attualmente, non viene caratterizzato come una macchietta ma che insieme al suo compare Ciccia è l’antagonista principale.
La sezione Superstar dell’albo è dedicata alla Luna, vista la ricorrenza dell’anniversario dell’allunaggio. L’articolo di Gaspa fa il punto su molte storie riguardanti il nostro satellite, sia disneyane che non, in una notevole serie di dotti riferimenti fumettistici.
La prima storia della sezione è
Zio Paperone e il petrolio lunare, scritta da
Gian Giacomo Dalmasso e disegnata da Giuseppe Perego il cui stile – come al solito molto valido sui personaggi di contorno, i “tartufati”, e decisamente meno sui Paperi, che vengono rappresentati in delle pose strane e innaturali, soprattutto per quanto riguarda i becchi – si adatta però bene alla trama ingenua creata da Dalmasso.
E così, fra Paperone che finisce al manicomio, Archimede che ha razzi (uno più veloce dell’altro) pronti per andare sulla Luna e Qui, Quo e Qua, strenui difensori della bandiera americana in un’inedita caratterizzazione patriottica,
la storia termina lasciando un piccolo senso di confusione nel lettore.
Perego fa il bis con
Zio Paperone e le tasse a peso d’oro, terzultima storia della sua pluridecennale carriera, coadiuvato da un giovane
Roberto Marini in una delle sue prime collaborazioni per Topolino.
L’avventura, scritta da Giorgio Pezzin, parte da uno spunto molto classico:
a Paperopoli imperversa una grave crisi economica e per risolverla l’amministrazione comunale decide di introdurre nuove, assurde tasse. Per sfuggirvi, Paperone decide di lanciare il Deposito, con tanto di nipoti, nello spazio. Questo non impedirà comunque ai Bassotti di provare comunque a derubarlo.
La storia non è purtroppo molto riuscita, risultando frettolosa in certi suoi passaggi e poco divertente, nonostante la sua impostazione principalmente umoristica. Anche i disegni di Perego contribuiscono alla sensazione generale di piattezza, risultando sicuramente migliori rispetto alla precedente prova qui riproposta ma comunque non eccezionali.
Dispiace poi notare come la colorazione non sia quella originale ma provenga da una ristampa su Paperino Mese, in barba al proposito della testata di ristampare le storie “nella loro versione originale d’esordio”. 
Paperone patriota ma non troppo
Paperino e la luna storta è la penultima storia dell’albo, in cui
Fabio Michelini conduce Paperino in un’avventura in solitaria, alla ricerca del grande telescopio dell’antica civiltà dei selenuti, per poter letteralmente raddrizzare la propria luna storta.
L’avventura è molto godibile, ed è intrigante veder calato Paperino in situazioni e atmosfere abbastanza inusuali per lui e più tipiche delle storie con protagonista Paperone. Anche i disegni di
Miquel Pujol sono all’altezza della sceneggiatura: lo spagnolo rappresenta delle vignette in certi casi spettacolari.
L’albo si conclude con
Topolino e la sentinella galattica, sceneggiata da
Giorgio Figus e disegnata in modo piuttosto lineare da
Tiberio Colantuoni.
Lo spunto è ottimo, e viene gestito in maniera perfetta da Figus, che alterna momenti “gialli” ad altri più leggeri e comici per arrivare a un divertente e inaspettato finale. Dunque decisamente una buona conclusione di un altrettanto buon numero:
il 91 della nuova serie de I Grandi Classici Disney ha dalla sua un indice estremamente valido, seppur non molto variegato e composto da sole storie italiane.
Si avverte infatti la mancanza di quelle storie straniere meno note, di autori meno celebrati e poco ristampate che impreziosivano la lettura, come avveniva durante la gestione del compianto Luca Boschi.
P.S.: Segnaliamo in chiusura che le pagine 42 e 43 sono invertite e che nei credits della storia “Zio Paperone e il petrolio lunare” è stato inserito come disegnatore Paolo Mottura anziché Giuseppe Perego.
Voto del recensore:
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