Recensione Topolino 3576 “
Grandi sono le soddisfazioni di una vita laboriosa, agiata e tranquilla, ma ancora più grande è l’attrazione dell’abisso”. Chissà se, al di là delle apparenze, vale anche per Paperino…
Al riguardo prova a indagare
Marco Nucci. Lo sceneggiatore emiliano,
che non ha mai nascosto la passione per Dino Buzzati, omaggia Il colombre, probabilmente il più celebre tra i suoi racconti brevi (da cui è tratta la citazione sopra riportata), con un rifacimento in salsa Disney, che apre
Topolino 3576, quasi interamente dedicato al
novantesimo compleanno di Donald Duck.
In
Paperino e l’ombroso, Nucci ci riporta indietro a quando Donald era un giovane marinaio con il ciuffo sbarazzino, carico di speranze e buona volontà. Lo incontriamo in una notte di foschia, con il vento che gli fa volare via il berretto. Mentre il copricapo si allontana tra le onde, dalle profondità dell’oceano emerge un gigantesco mostro marino, che fissa il nostro per un attimo e scompare. È
la maledizione dell’ombroso, un essere leggendario e minaccioso che solo lui riesce a vedere: per salvarsi, Paperino, novello Stefano Roi, dovrà restare lontano da qualsiasi specchio d’acqua.
E guardo le onde da un oblò…[/size][/i]
L’autore adatta bene il testo dell’opera di riferimento all’universo paperopolese e cerca di ricrearne, per quanto possibile, i toni fantastici e inquieti. A tale scopo s’indirizza anche il lavoro di
Giorgio Cavazzano, che lo coadiuva ai disegni. Il Maestro veneziano può non convincere appieno in qualche volto, ma è
sempre capace di regalarci magnifici tratteggi dei suoi, ben valorizzati dalla colorazione di
Gaetano Gabriele D’Aprile.
La storia è ambientata nel passato, alla vigilia del
Natale sul Monte Orso, ma nello scorrerne le pagine sembra quasi di essere trasportati in un’atmosfera onirica, fuori dal tempo. Quello cui assistiamo, in realtà, potrebbe essere
un sogno dalle tinte vagamente horror, volto a farci immergere in alcuni aspetti della complessa psicologia del protagonista. Il risultato è valido e conferma che, se ben sviluppate, le tematiche più “serie” e introspettive hanno un indubbio fascino: l’importante è che non se ne abusi, trascurando e penalizzando il lato “comico”.
Come in un cartone animato![/size][/i]
Ciò non accade in
Paperino e la banda del Lupo, con la quale gli affiatatissimi
Francesco Artibani e
Lorenzo Pastrovicchio chiudono la loro “trilogia classica”. In una storia godibile e filologicamente rispettosa sono numerosi i punti da rimarcare, che fanno tanto, piacevolmente, anni Trenta: le pagine “invecchiate” ad arte, la colorazione
vintage di
Andrea Stracchi, le tante
gag, i nipotini ancora discoli e indifferenziati che si completano le frasi a vicenda. E poi il ritorno di Setter e Musone, ma anche del temibile e infido
villain che ha spazio già nel titolo.
Il
Pastro è libero di sbizzarrirsi nel dipingere da par suo scene dal
ritmo frenetico, dando al lettore
l’impressione di trovarsi all’interno di un cartone animato d’epoca (cominciato, ovviamente, dopo la sigla con l’iconico primo piano ripreso da
Andrea Freccero per la copertina). Un lavoro convincente,
tra Gottfredson, Osborne e Taliaferro, ma con un tocco d’autore originale, nobilitato, inoltre, da un finale azzeccato, di quelli che ti lasciano con il buonumore addosso.
Riferimento autobiografico?[/size][/i]
A proposito di buonumore, seguono venti tavole di puro spasso, quelle di
Tutti i lavori di Paperino. Qui, dopo una bizzarra premessa, un ispirato
Tito Faraci ci mostra, in
una serie di vignette intrecciate mirabilmente tra loro, novanta (più o meno) improbabili professioni svolte da Donald: dal giardiniere al palombaro, dal commerciante di cristalli allo spostatore di massi dagli argini di un fiume (!). Fondamentale, come sempre, l’apporto di
Enrico Faccini, che dona ai personaggi
un’irresistibile espressività, tale da strappare diverse risate di gusto.
Chiude il libretto
I Bassotti e la missione a rovescio. Con la professionalità e la cura dei dettagli che lo contraddistinguono,
Alessandro Sisti confeziona una
“storia su commissione” ben più gradevole della media. L’avvio è incentrato su Paperone e i tre nipoti “adulti”, Paperoga, Gastone e Paperino, tutti perfettamente caratterizzati (gli ultimi due rinnovano persino la propria rivalità, ultimamente quanto mai annacquata, con una breve scazzottata!). L’attenzione si sposta poi sui Bassotti e sulla loro missione banditesca nello “spazio”. Ad accoglierli alla base, nelle vesti d’istruttore, è l’esperto astronauta Luke Papertano (alias
Luca Parmitano, vecchio amico di
Topolino, cui sono dedicate ben otto pagine d’intervista). Da qui si dipana una trama divertente e movimentata, nella quale non tutto è come sembra, ben raffigurata da
Andrea Malgeri, che ci dona, fra l’altro, alcuni primi piani molto incisivi.
Detto che, in occasione di Etna Comics, è stata prodotta un’edizione
variant del numero con la
cover di
Marco Gervasio, va segnalato come, nell’ambito di un’uscita che intende onorare Donald, in cui le storie ne illustrano con efficacia vari lati del carattere, sia
un peccato che l’articolo introduttivo a corredo contenga alcune evidenti imprecisioni. Da questo punto di vista si sarebbe potuto fare di più e di meglio per festeggiare in modo degno il papero più amato del mondo. Il quale, comunque, impegnato com’è a ronfare beato su una poltrona (vedi
statuetta progettata da Emmanuele Baccinelli, distribuita in possibile abbinamento), non dà certo l’idea di essersela presa…
Voto del recensore:
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