Recensione I Grandi Classici Disney 102 Nel giugno che festeggia i
90 anni di Paperino, i
Grandi Classici dedicano a quest’ultimo tutta la sezione
Superstar e gran parte dei redazionali, lasciando il resto dell’albo – un terzo abbondante – ad altri personaggi (molto saggiamente, a parere di chi scrive, perché la cosa permette una buona celebrazione dell’evento senza rendere il numero troppo monotematico), attingendo a storie del periodo fine anni Sessanta-inizio anni Settanta.
Si parte quindi con
Zio Paperone e le fragole di Brigitta, del fantastico trio
Cimino (testi)/
Scarpa (matite)/
Cavazzano (chine), storia riprodotta con ottimo merito, in quanto non tra le più famose ciminiane (anche se il nome dell’avvocato
Cavillo Busillis è diventato proverbiale), ma non per questo dalla poca dignità: infatti, la stessa si stacca, e parecchio, dal canonico stilema del viaggio avventuroso a caccia di tesori durante il quale Paperone incontra una qualche popolazione strampalata (come ci si attenderebbe dato il nome dello sceneggiatore), e ci riporta, seppur non senza comiche e divertite esagerazioni, nell’alveo delle sfide affaristiche con le quali Brigitta cerca di arrivare al cuore del vecchio Cilindro. Le risate non mancano, come pure abbondano gli spunti di riflessione.
Segue
Topolino e l’enigma del campanile, del più che solido
Ennio Missaglia coadiuvato da un
Massimo De Vita ancora lontano dai suoi picchi di otto/nove anni dopo, guardando più ad un periodo di rielaborazione del (e di distacco dal) tratto simil-Murray che lo contraddistingueva fino a poco tempo prima. Il mistero è godibile e divertente, pur con qualche eccesso, con un Pippo in primo piano, dalla battuta fulminante nell’ultima vignetta.
Pippo ha da sempre ragione, anche quando non sapevamo ancora che egli fosse un Maestro tra i Signori della Galassia
Topolino e la goccia che scoccia (
Abramo e Giampaolo Barosso/Scala) e
Topolino e la caccia ai grilli (
Abramo e Giampaolo Barosso/Gatto) sono invece due esempi di delirante quotidianità topolinese, strabordanti di gag e di assurdità varie, al solo scopo di far ridere il lettore. E ci riescono benissimo,
ricordandoci che Topolino è capace di slanci comici e demenziali pari a quelli che troppi autori hanno saputo relegare al solo mondo di Paperopoli, purtroppo. Un plauso va quindi fatto alla scelta di recuperare anche questo lato del buon Mickey, troppo spesso ingiustamente pretermesso anche in tempi recenti.
La sezione
Superstar a tema compleanno di Paperino è ottimamente fornita.
Anzitutto, la redazione ci offre tre storie tutte pubblicate nel 1952 su
Topolino:
Paperino ispettore scolastico (
Barks, originariamente pubblicata negli USA nel 1949, ad essere precisi),
Paperino e la pietra filosofale (
Pedrocchi, peraltro ristampa rimontata sul libretto di una storia originariamente pubblicata nel 1938 sugli
Albi d’Oro) e
Paperino e i piatti volanti (
Martina/Bottaro). Se la seconda può considerarsi la perla del numero, una
ten-pager di Barks non è mai una ripubblicazione da poco; e se ad essa aggiungiamo un Martina in fase evolutiva e meno delirante rispetto a
Topolino nella valle dell’incanto, unito ad un Bottaro pioneristico nel tratto,
ecco che il lato più filologico della testata trova piena e completa attuazione, accompagnato, finalmente, da redazionali più che pregevoli ed all’altezza delle aspettative, anche se privi di un vero e proprio guizzo definitivo.
A quanto pare, diecimila LIRE ITALIANE avevano un bel valore negli STATI UNITI D’AMERICA del 1952…[/size][/i]
Chiudono la parata, sempre nella sezione
Superstar,
Paperino e la pentola genuina, leggendaria storia di
Cimino corredata dagli splendidi disegni di un
Cavazzano ancora agli albori (quindi molto scarpiano nel tratto), e
Paperino erede universale, di
Jerry Siegel e
Gino Esposito, storia che risente di tante leggerezze e di altrettante illogicità tipiche dell’autore americano, e che forse rappresenta un po’ il punto debole del numero, dato che il suo vero valore sta solo nella paternità della sceneggiatura, e non certo nella bontà della vicenda narrata o, sia concesso dirlo senza volere screditare nessuno, nella bellezza o particolarità del comparto grafico.
No, censurare il divisamento non è un saggio divisamento, ma proprio per nulla…
Insomma,
sarebbe un numero da cinque stelle piene, con un doppio Cimino, un Martina d’epoca, un sempre benvenuto Barks,
un Pedrocchi da antologia, per tacere dei Barosso, di Scarpa, di un Bottaro primordiale, di un Cavazzano e di uno Scala agli albori, nonché di un Massimo De Vita e di un Gatto in fase evolutiva,
su trame sempre interessanti. Purtroppo, però, e spiace sempre che ci siano queste contestazioni da fare,
è lecito dubitare che le storie siano effettivamente state pubblicate scevre da censure e da mutilazioni successive. Ad esempio (soprassedendo al formato adattato di
Paperino ispettore scolastico e di
Paperino e la pietra filosofale, dichiarato e comprensibile per avere pubblicato la storia come apparsa per la prima volta su
Topolino), per certo lo è
Paperino e la pentola genuina,
presentata senza quel mitologico “Ottimo divisamento, tesoro!” che in fondo l’aveva consegnata all’immortalità. E molti
altri ritocchi ai testi appaiono graficamente palesi qui e lì nelle tavole delle restanti storie.
Viene sempre da chiedersi, dunque,
a che serva il disclaimer d’apertura, se poi le storie subiscono quegli stessi rimaneggiamenti che la presenza del predetto monito dovrebbe evitare: ne consegue un voto ridotto a quattro stelle anziché cinque.
Voto del recensore:
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