Un altro numero che mi è piaciuto veramente tanto, che sfoggia cinque storie (di cui ben tre dedicate ai Topi) di generi e con protagonisti molto diversi fra loro, ma tutte apprezzabili per motivi differenti.
Forse la più debole del lotto ironicamente è proprio
Terravento, per il semplice fatto che, per essere una puntata introduttiva, non succede praticamente nulla. Introduce efficacemente le atmosfere, forse.
Nutro però buone aspettative per gli episodi a venire di questa saga, e mi stuzzica particolarmente l'accoppiata di Topolino con un personaggio ambiguo quale Topesio. Staremo a vedere.
Pietro Zemelo poi ci regala finalmente una storia degna del titolo
L'ora del terrore, dopo alcuni precedenti che di spaventoso avevano ben poco. D'altronde l'autore aveva già dato vita in passato a storie veramente inquietanti, come
questa, e anche stavolta non delude.
Si legge con grande piacere anche la storia su Pietro e Sgrinfia.
La danese strappa una risata sul finale ma, al solito, avrebbe bisogno di molte più pagine per raggiungere la sufficienza.
Infine
Zio Paperone e il centesimo della discordia è quella che ho di gran lunga preferito, essendosi rivelata una sorpresa sotto molteplici punti di vista.
Era originale già la sfida che Rockerduck lancia a Paperone, ma Francesco Vacca non si accontenta e arricchisce ulteriormente la sceneggiatura tirando in ballo
Cuordipietra Famedoro, coadiuvato dal Fiorenzo che lo stesso Vacca aveva introdotto in
Minaccia dallo Spazio, seppur con un aspetto differente.
.
A rendere la lettura di una solida storia ancor più piacevole, ovviamente i disegni e la colorazione curatissimi (con tutte quelle ombre che rendono i personaggi veramente tridimensionali), ma anche una pletora di citazioni che evidentemente a Vacca piacciono molto, che nella stanza dei
si sprecano e vanno dalla Belgravia alla Filiburlandia, dalla Gelonia all'Ombrellistan, da Appalloosa a Pizen Bluff!
Da ultimo, ma non meno importante (almeno per il mio personale gradimento), Vacca sfoggia un linguaggio coltissimo, che più volte mi ha costretto a ricorrere al vocabolario (rigorosamente cartaceo!) e ad imprarare lemmi nuovi, cosa sempre molto gradita.
In sostanza, una perla di originalità, curata alla perfezione in ogni sua parte.
A margine di un ottimo numero, una sempre simpatica autoconclusiva di Faccini ed un raro editoriale bertaniano che non sia una semplice lettura del sommario (lo so, è ininfluente ai fini del giudizio finale, ma io apprezzo molto questo tipo di editoriali)