E' molto interessante analizzare il rapporto tra la Pixar e il concetto di sequel. Gli artisti di Emeryville hanno sempre dimostrato di avere in odio i sequel commerciali e per giunta direct to video che la Disney aveva realizzato a partire dalla fine degli anni '90. "Un sequel si fa solo se a farlo sono i creatori originali e per giunta se c'è una buona storia da raccontare", ha sempre detto John Lasseter, e a dimostrarlo ecco il terzo film degli studios, quel
Toy Story 2 che nei piani della Disney avrebbe dovuto essere niente di più di un cheapquel da cassetta, ma che invece grazie alla "ribellione" Pixar, qualitativamente riuscì a scavalcare l'originale, diventando un successo di pubblico e di critica. Quando la Pixar venne acquisita per porre rimedio agli scempi operati sotto la gestione Eisner, John Lasseter si ritrovò a dover chiudere addirittura lo studio che stavano allestendo col preciso intento di sequelizzare i film prodotti fino a quel momento con la Pixar, ereditando l'onere di realizzare
Toy Story 3. Sappiamo tutti com'è andata anche in quel caso, e il trionfo di pubblico e critica che anche questa volta seguì, grazie ad un film che sembrava esser stato previsto da sempre come chiusura di un meraviglioso trittico.
A far inarcare non poche sopracciglia fu l'annuncio immediatamente successivo di un sequel di
Cars, il lungometraggio Pixar comunemente considerato meno riuscito. Di certo quella di
Cars non era una storia che abbisognava di un seguito, ma il mondo automobilistico di John Lasseter del resto si prestava a numerosi approfondimenti, data l'immensa versatilità di molti suoi personaggi, per cui un sequel ci poteva anche stare. Ma perché scegliere di produrlo? Il motivo è presto detto: sebbene
Cars non fosse stato un successone, la sua linea di merchandising aveva fatto fare alla Disney un sacco di soldini, e con la forte crisi che c'era in giro si può ben capire che l'azienda abbia scelto il 2011 come "anno sabbatico" dedicato al restauro di vecchi brand piuttosto che a nuovi progetti, dal
Winnie the Pooh dei WDAS al ritorno dei
Muppet e di
Pirati dei Caraibi.
La Pixar per la prima volta si dedicava ad un progetto commerciale, alla stregua della concorrenza, e sotto l'evidente pressione delle alte sfere, in barba all'indipendenza creativa prevista dagli accordi pre-acquisizione. Per di più il tutto avveniva ad un solo anno di distanza da un altro sequel, e in previsione di far uscire poco dopo persino un prequel di
Monsters & Co. Insomma uno scenario capace di scioccare il fandom lasciando pubblico e critica molto perplessi su cosa si fosse rotto nelle dinamiche produttive di Emeryville, da sempre patria dell'espressione artistica libera.
Tra legittimi dubbi e profezie millenaristiche della frangia di fan più estremisti, non ci si accorgeva però del progetto che sembrava stare dietro all'uscita di questo film, e del fatto che la regia poco dopo l'inizio dei lavori venne messa in mano allo stesso John Lasseter. Quello stesso Lasseter ormai impegnato nella guida di ben due studios paralleli, uno dei quali in piena rinascita, e che per questo motivo aveva affidato in toto a Lee Unkrich la regia di
Toy Story 3, tornava a dirigere un film, e guarda un po', proprio il più biasimato, quello su cui nessuno avrebbe mai puntato. L'amore di John verso le sua macchinine è sconfinato, ma è impossibile non vedere in questa scelta anche un modo per tenere sotto controllo diretto il lungometraggio più discusso e discutibile mai prodotto in Pixar.
Uno stratagemma molto intelligente per fidelizzare il pubblico, fu inoltre la realizzazione dei
Cars Toons incentrati sulle
Mater's Tall Tales, ovverosia sulle sparate di Cricchetto, nove cortometraggi spalmati lungo i tre anni precedenti all'uscita del film e usciti per vari circuiti (dalla televisione alle sale cinematografiche, passando per il Blu Ray), con lo scopo di dimostrare al pubblico che il mondo di
Cars era vivo e pieno di potenzialità. I corti in questione raggiunsero pienamente lo scopo, mostrandoci aspetti di questo mondo ancora non visti tipo le astronavi, rilanciando il personaggio di Cricchetto come vero e proprio mattatore, e fornendo un simpaticissimo e sfizioso ponte tra i due film.
Cars 2 è infatti il film di Cricchetto, come il primo lo era stato di Saetta. La trama fonde due storyline parallele in un unico intreccio, ovverosia una corsa intorno al mondo fatta per promuovere un carburante alternativo e che sembra voler essere sabotata da qualcuno con loschi interessi. La parte sulle corse automobilistiche è affidata infatti ad un Saetta che ha ormai compiuto il suo percorso di maturazione come personaggio, mentre quella spionistica più adrenalinica viene completamente affidata a Cricchetto, che ovviamente sfoggerà ogni meccanismo umoristico del repertorio di Pippo passando da campagnolo perso nel grande mondo a genietto del pensiero laterale, stupendo tutti per la sua imprevedibilità e genuinità. Il film si snoda attraverso varie tappe di questo mondo assurdo, ovvero Giappone, Italia e Gran Bretagna con un blitz in Francia e con l'americanissima Radiator Springs a far da "base", ovviamente portando la narrazione sempre su due livelli, e cogliendo l'occasione per mettere a dura prova l'amicizia dei due personaggi principali, minata dal pregiudizio sul fatto che Cricchetto sia un disadattato. Insomma, niente di nuovo: il film è sicuramente ingenuo e prevedibile sotto molti aspetti, come del resto lo era il predecessore. Solo che il predecessore toccava una tematica delicata, quella del prendere la vita con calma senza aver fretta di arrivare, tematica che qui non trova certo un degno corrispettivo. Sul fatto che sembri più un
Cars Toons allungato, come molti hanno detto, non si può che concordare, solo che questo non è affatto un difetto data la grande qualità di molti di quei corti (e il riferimento diretto ad essi sul finale è un chicca non da poco). L'inizio è illuminante: il film parte con un teaser che precede il titolo vero e proprio dove si presenta uno dei nuovi personaggi, l'agente segreto Finn McMissile, mentre segretamente si infiltra in una piattaforma petrolifera. Una sequenza d'azione veramente spiazzante che spinge sul pedale dell'improbabile, ricordandoci ogni secondo che i protagonisti sono veicoli, e quindi giocando su questo effetto straniamento. Vedere un'auto che spara, che cammina su una corda sospesa, che si fa trasportare da una nave chiacchierando normalmente con lei, fa ben capire quante trovate possa ancora offrirci questo mondo, e lo stacco su Cricchetto che entra in scena allegramente mentre va al lavoro immerso nel suo ordinario status quo ci fa invece capire che grazie a
Cars e ai
Cars Toons è stato creato pure un cast di personaggi amabili, immediati, semplici, su cui si può benissimo raccontare molte storie senza temere di rovinarli. Una sorta di corrispettivo Pixar degli standard characters Disney, pronti a intrattenere con mille avventure.
Detto questo non si può fare a meno di riconoscere come
Cars 2, pur essendo nato da presupposti radicalmente differenti e sicuramente meno nobili di un
Cars, di cui più che un sequel è uno spin-off, dimostra di essere un film più ricco, meglio gestito. Il primo
Cars proprio in virtù della sua morale, finiva per essere un film lento, con poco da offrire, rispetto alle sue due ore di durata. Qui le cose vanno decisamente meglio, perché allo spettatore non viene concesso un momento di respiro: gag visive a ripetizione, idee intelligenti, trovate geniali ogni mezzo secondo che giocano sulla psicologia irresistibile di Cricchetto, oppure sui continui e intriganti paradossi di un mondo improbabile come questo. Le finezze sono tante, troppe, e nascono dalla natura stessa dei protagonisti (ci si spinge persino a chiedersi come funzionino la riproduzione e la crescita!) e dal setting in cui di volta in volta vengono immersi. Anche solo gli stereotipi sui paesi di cui da bravo film americano
Cars 2 è pieno, forniscono polpa e sostanza. Vedere il giappone ipertecnologico, vedere i gabinetti che qui diventano luoghi di manutenzione, il wasabi, oppure la città italiana di Santa Ruotina, per non parlare di Londra e della sequenza all'interno del Big Ben (vedere un carro attrezzi appeso con una corda agli ingranaggi è disturbante e nel contempo visionario), e di vip come il Papa o la regina d'Inghilterra rigorosamente macchinizzati, rende l'idea del livello di cura e della voglia di riempire fino all'orlo questo film di trovate di ogni tipo. E dove non arriva lo humor, arrivano i personaggi, che dopo un lungometraggio e ben nove corti (anzi dieci contando anche
Mater and the Ghost Light) hanno ormai avuto modo di mettersi in luce tutti uno per uno e di far affezionare il pubblico, da Guido e Luigi, passando per Fillmore e il Generale. Una menzione per Hudson Hornet, forse primo personaggio Disneyano a morire fuori scena e venir ricordato in un sequel, e tutto a causa della mania degli americani di considerare personaggi e i loro doppiatori come un tutt'uno.
Una cosa abbastanza insolita è che la colonna sonora del film passa da Randy Newman a Michael Giacchino. Un passaggio di testimone avvenuto in questi anni, che ha visto Giacchino emergere per la sua versatilità e realizzare colonne sonore di ogni tipologia come quelle di
Lost,
Fringe, dei corti classici Disney e degli ultimi Pixar. Però non era mai accaduto fin'ora che un sequel Pixar non portasse la firma del compositore dell'originale, e infatti Randy era stato chiamato per tutti e tre i
Toy Story. Probabilmente ciò è dovuto al cambio di tematiche e setting di questo film, unito al fatto che nel primo
Cars non è che si sentissero poi così tanto le sonorità di Newman, schiacciate dal quantitativo di canzoni moderne che facevano capolino qua e là. In questo caso si tenta la strada ibrida con due canzoni preesistenti,
You Might Tink (1984) dei Cars (!!) e reinterpetata dai Weezer, e
Polyrhythm (2007) delle giapponesi Perfume, e ben tre canzoni originali, due scritte da Brian Paisley che aveva già realizzato per il primo
Cars la bellissima
Behind the Clouds,
Collision of Worlds e
Nobody's Fool e infine
Mon Coeur Fait Vroum scritta dallo stesso Giacchino!
La critica non è stata buona con
Cars 2 come del resto si poteva immaginare, e ovviamente il passaparola del pubblico ha fatto il resto limitando di molto gli incassi, che comunque rimangono buoni anche se inferiori alle aspettative, ma del resto è abbastanza ovvio che accada questo. Dopo che sforni un capolavoro dietro l'altro se ti fermi a tirare il fiato proponendo un piccolo divertissement, in attesa di nuove sfide come potrà esserlo
Brave l'anno prossimo, la gente ti salta alla gola comunque. Una buona fama non ammette sconti, anche quando si cerca di diversificare la produzione. E' il motivo per cui personalmente penso che
Cars 2 sia valido e giustificabile, con tanti saluti a chi si aspetta il capolavorone ogni anno. Certo che qualora dopo
Monsters University prendessero a uscire
Cars 3 e
Toy Story 4 bisognerebbe prendere atto che qualcosa è cambiato davvero a Emeryville e iniziare a preoccuparsi, ma per adesso non trovo niente di sbagliato nell'averci voluto raccontare per quest'anno "solo" una bella avventura di Saetta e Cricchetto!
da
La Tana del Sollazzo