70 anni fa Scarpa presenta la sua prima prova,
Paperino agente investigativo, rimasta incompiuta. Voglio omaggiare l'esordio di Scarpa parlandone brevemente qui, credo sia ancora poco nota anche per via della minor diffusione dell'ultimo volume del Tutto Scarpa (da me non arrivò mai):
Paperino, preso dalle invettive contro la stampa, non può però fare a meno di rispondere entusiasta alla convocazione per telefono di Gedeone, direttore del quotidiano «Grillo Parlante». Quale sarà l’incarico? Il viaggio in auto è abbastanza lungo perché Paperino possa costruire castelli in aria. ___ Nel 1953 Scarpa si presenta a Mario Gentilini, direttore delle testate Disney per Mondadori, per la seconda volta (la prima fu alla fine degli anni ’40, ma nuove storie italiane non erano ancora necessarie). Le 6 tavole (anzi, 5 e 3 quarti) di
Paperino agente investigativo, non rifinite e letterate a mano ma di grande impatto, dovevano servire da introduzione alla sua vena creativa (Scarpa amava considerarsi prima di tutto un soggettista). Stavolta non ci fu solo un no, ma un sì e un no: dentro il disegnatore, fuori (per il momento) lo sceneggiatore. Nella scuderia mondadoriana a scrivere storie Disney c’era già Guido Martina, sufficiente per “tappare i buchi” di tutte le testate.
Paperino agente investigativo resta nel cassetto e ha quindi il tempo di evolversi in
Paperino e i gamberi in salmì (graficamente, con qualche ritocco ai primi piani e alle vignette a partecipazione collettiva), in un’annata – il ’56 – in cui si concesse il “ben vengano” alle storie di produzione italiana, mentre il grosso del lavoro per l’intero anno era ancora in mano a Martina.
Topolino (allora bimestrale) traeva evidente giovamento da episodi complessi e strutturati su più puntate, quindi perché non dare una possibilità al giovane disegnatore veneziano di sviluppare il suo peculiare
thriller citazionista? Non c’è ancora il titolo-MacGuffin, i Nipotini sono più pungenti verso l’incoerenza di Paperino (molto godibile la
gag di contorno del cappello di Paperino servito come pasto), i connotati dei sogni di gloria di Paperino sono diversi: Paperino immagina sì di intervistare una stupenda stella del cinema (ed esserne titillato), ma anche di interpellare un sosia di Winston Churchill sulla scena politica mondiale e soprattutto un’intera tavola è quasi per intero dedicata a omaggiare le ultime battute del del film
L’asso nella manica (
Ace in the Hole, 1951), capolavoro sferzante e tragico di Billy Wilder, riproducendole con Paperino al posto di Kirk Douglas (il film è qui intitolato «Lazo nella manica»). In Paperino e i gamberi in salmì questo non c’è: è sicuramente forte vedere Paperino con una mano sulla ferita mortale accasciarsi esanime di fronte al pubblico (Charles Tatum veniva pugnalato con un paio di forbici), ma l’inconveniente principale è che i piccoli lettori per godersela avrebbero dovuto avere una conoscenza non troppo generica del classico filmico, valeva rischiare? In fondo, poi, risulta un po’ incongrua con le fantasie precedenti improntate piuttosto alla gloria, poiché già decostruttiva del mito giornalistico, sebbene lecita se si tien conto del temporaneo caos mentale di Paperino, il quale tocca così anche la velleità di dominazione del pubblico (la sua allocuzione dall’alto «Andate a casa! Il Carnevale è finito!»). A esser pignoli, non rendeva forse abbastanza giustizia al film, essendo la durezza dispiegata negli ultimi fotogrammi solo uno dei tratti del personaggio di Tatum, a lungo sbrigativamente etichettato come cinico, mentre nella stessa pellicola i suoi colleghi (e concorrenti) lo sono di più. Alla sua uscita,
L’asso nella manica per ragioni intuibili piacque poco in patria e molto in Italia, tanto che il regista fu premiato a Venezia (forse Scarpa lo vide in quest’occasione): da allora si insinua in più di un copione italiano (vedi la citazione in
Un americano a Roma di Steno). A Scarpa, è evidente, piacque immensamente e filtrò per lui quella visione dell’America che andò a sedimentarsi nel suo bagaglio culturale, costantemente animata da antinomie che – come osservato – emergono già da questo primo abbozzo dei
Gamberi in salmì: pur eliminandone i riferimenti diretti, Scarpa non ne farà a meno e lo omaggerà più sottilmente con l’arrivo di Paperino alla sede del «Grillo Parlante» nella 313 trainata da un carro-attrezzi (scena assente nell’abbozzo qui trattato e specchio del caratteristico ingresso in scena di Tatum, in un auto rimorchiata, prima di presentarsi nel palazzo del quotidiano in cui sarà costretto a lavorare per un anno). Sono solo 6 le pagine che Scarpa realizzò da questo soggetto e che, da lui conservate per 50 anni, si sono poi sparse in mano a vari collezionisti? L’ultima consta solo di 4 delle 6 vignette che formano le altre tavole, infatti manca il numerino identificativo (il 6, in questo caso) che dovrebbe trovarsi incastonato nell’ultimo
panel, ma l’ampio spazio bianco che segue il tetrastico suggerisce l’assenza di una prosecuzione. Ancor più nel dettaglio, le tavole sono una testimonianza a più livelli: le note a margine di vignetta comunicano l’attività di elaborazione e correzione ancora costante nell’autore, che appunta lo spostamento da farsi di Gedeone dal grado di «amico» (tale è nei
balloons parlati) a quello di «zio» (allora nacque probabilmente l’idea di farlo fratello di Paperone, il quale ultimo – per quanto lo riguarda – è mostrato in chiusura di bozza solo nelle proprie mani). La tavola-parodia del film di Wilder fu pubblicata, in piccolo formato, su
I Maestri Disney #7 (1/1998), poi tutte e 6 le pagine hanno finalmente visto la luce, come
bonus, sull’ultimo volume, il 51, della raccolta dedicata dalla Rizzoli al Romano Scarpa completo (ma non ha avuto una diffusione capillare quanto i numeri precedenti).