In filosofia lo scetticismo è una corrente classica che nega l'esistenza di una vera conoscenza oggettiva del reale. Ciò comporta un atteggiamento di sfiducia nei confronti di individui o generalmente concetti astratti/ideologie.
Non vedo perche' uno scetticismo gnoseologico (che certamente comporta, nelle tue parole, un atteggiamento di sfiducia verso concetti astratti ed ideologie) debba essere necessariamente accompagnato da sfiducia verso gli altri individui (un tratto, credo, dipendente molto piu' dalla personalita' e dal carattere del singolo che non dalle sue convinzioni teoretiche).
Il Paperone di Barks è sovente caratterizzato con questi lineamenti, cosa che si può intuire molto spesso da battute frequenti come "nipote disutile" o "maggiordomo buono a nulla" o anche nelle forti invettive alla società moderna (i giovani smidollati).
Invettive contro la smidollata societa' moderna in Barks me le ricordo (la prima che mi viene in mente, "Quant'e' diventato molle questo paese!" sulla possibilita' di raggiungere
Dawson in aereo; ed e' nello stesso spirito il voler mettere alla prova il
coraggio di Paperino); ma, se posso fidarmi della mia memoria, espressioni come "nipote disutile" o "maggiordomo buono a nulla" non sono molto usate da Barks (le vedrei meglio in Martina, o nel Cimino pre-anni '80).
Per intenderci è il modello di Scrooge dei Disney Italiani (l'in questi giorni discusso Martina in primis), che ha come conseguenza una personalità iperattiva e tuttofare nella maggiore.
Lasciando da parte il complesso discorso di come gli italiani abbiano seguito, sviluppato e/o tradito Barks, sembrerebbe che nel rispondere alla mia perplessita' tu voglia indicare lo "scetticismo" (inteso, mi par di capire, come " diffidenza verso le capacita' altrui e conseguente tendenza a fare tutto da se' ") come il tratto fondamentale (o almeno, uno dei tratti piu' importanti) del Paperone barksiano, con particolare riferimento alla
Disfida dei dollari. Spero di aver esposto decentemente la tua posizione, visto che mi trovo alquanto in disaccordo.
Tempo qualcuno sul forum (forse Monkey Feyerabend) aveva osservato che la caratteristica fondamentale del Paperino barksiano e' la sua splendida, esuberante vitalita'. Lo stesso, mi sembra, si puo' dire del suo Paperone. L'iperattivita' di entrambi (nel caso del nipote, evidente soprattutto nelle brevi, ma anche in varie lunghe precedenti alla
Disfida) e', imho, innanzittutto espressione di questo
elan vitale, indissolubilmente legato alla loro passionalita': i paperi tendono a buttarsi anima e corpo, con attenzione ossessiva, nelle cause cui si dedicano. Per Paperino, questi interessi tendono ad essere di breve durata (d'altra parte, non va dimenticato che il temperamento "caldo" di Paperino e' strettamente legato anche alla sua iracondia, alla facilita' con cui finisce in guerra con chi gli e' vicino, attivita' che probabilmente prende buona parte delle sue energie emotive); nel caso dello zio, tutta o quasi la sua capacita' passionale e' diretta, monomaniacalmente, al denaro.
La
Disfida dei dollari e' certo la storia che meglio definisce il Paperone barksiano. Ai miei occhi, la caratterizzazione piu' importante che ne esce fuori e' quella dell'appassionato "amante" dei dollari, che vi ci si tuffa e ci gioca con gioia incontenibile (per inciso, trovo che la
Disfida dei dollari sia molto piu' importante che non la
Stella del polo per definire la vita emotiva-sentimentale paperoniana). Certo, vediamo anche il sopravvissuto a mille avventure, sempre capace di trovare stratagemmi a risolvere in proprio favore la situazione, "piu' duro dei piu' duri e piu' astuto dei piu' astuti"; ma (se posso fidarmi della mia memoria visiva) le vignette in cui il protagonista e' rappresentato come un forte combattente sono assai meno numerose di quelle che lo mostrano o in condizioni di disperazione e/o debolezza, o nell'esultante felicita' di chi nuota "come un pesce baleno". (Tanto per dire: ricordo male, o nei ricordi del nostro, mentre i nipotini tentano di rincuorarlo, vediamo si' il tetragono Paperone che incede severemente per le fangose strade di Dawson, incurante degli insulti altrui, ma anche un Paperone che bacia amorosamente il rame appena scoperto nel Montana?)
A mio avviso questi atteggiamenti si riscontrano anche nella Disfida e, appunto, nel primo tempo di King McDuck I.
Come spiegato, mi sembra che una simile lettura della
Disfida dei dollari sia decisamente poco fondata sull'opera cui si riferisce. Lo "scetticismo", come l'hai chiamato, non e' assente; ma non e' il tratto fondamentale di Paperone in quella storia, e non e' la causa primaria della sua personalità iperattiva, che vedo derivare piuttosto dalll'energia vitale e dal carattere appassionato del personaggio.
Non ho un ricordo sufficientemente preciso del Paperone di
Re Paperone I per poterne discutere senza la storia sottomano. Supporrei che anche in questo caso lo "scetticismo" non sia il tratto predominante, ma e' un'ipotesi basata sopattutto su quanto ho scritto in precedenza circa la
Disfida.
Ricordo invece piuttosto bene la figura di Khan Khan, certo uno dei personaggi piu' memorabili e affascinanti mai apparsi nel fumetto Disney.
Il sagace indovino Khan Khan infatti incarna pari pari le fattezze dell’autore, che giunto al termine di una vita apparentemente immortale e anche un po’ noiosa decide quasi per sua scelta di cedere e abbandonare così il dono più grande per un comune mortale, ricordandoci sensibilmente quell’eroico Gilgamesh della tradizione letterale sumera dei tempi andati. Da sottolineare anche l’umanità e la grazia con cui tale tematica viene affrontata, non solo da un punto di vista materiale, ma anche proprio come sentimento ultimo di Barks, desideroso di pace e conforto tipiche del dolce trapasso
Interpretazione molto interessante. Mi chiedo pero' quanto questa lettura risenta del fatto che noi sappiamo quale sia stata la scelta finale di Barks: il mio dubbio e' che questa identificazione tra personaggio ed autore sia qualcosa che noi aggiungiamo alla storia sulla base non del testo, ma solo di eventi verificatisi oltre trent'anni dopo che la storia fu scritta.
(Circa il parallelo con Gilgamesh: crederei che quest'ultimo non avesse rinunciato sua sponte all'immortalita', bensi' l'avesse persa per cause di forza maggiore.)
Un'ultima osservazione. Conosco questa storia soltanto nella versione di Strobl. Mi chiedo quante delle differenze tra le nostre impressioni ed interpretazioni dipendano soprattutto dal disegnatore.