Una storia meravigliosa questa, e concordo anch'io nel ritenerla la migliore di Carlo Gentina. Paperino viene presentato in una versione estremamente malinconica, impressione rafforzata dalla pioggia che continua a battere incessante su Paperopoli, delineando così un'atmosfera plumbea e pesante che crea un parallelismo con l'animo del papero in blusa da marinaio. Le gag di stile fantozziano che si susseguono nella prima parte non hanno lo scopo di risultare comiche, bensì di mostrare come, se reiterate ogni giorno della sua misera esistenza, possano portare Paperino all'esasperazione, e alla volontà di rifugiarsi in una dimensione onirica, di fuggire dalla nera realtà quotidiana, in cui viene sfruttato e umiliato, per trovare realizzate nel sogno le aspirazioni, le speranze perdute in una vita di fallimenti. Così ha inizio l'esistenza ideale di Paperino, fatta di successo, fama, ricchezza. Lo scenario inizialmente idilliaco viene però ben presto corrotto: sete di ricchezza, lusso, snobismo ... finché non rimane altro che la noia, l'insoddisfazione di avere tutto e non desiderare nulla, di non avere più speranze, sogni, tutto naufragato nell'apatia più totale. Ormai Paperino e Paperina appaiono come caricature di loro stessi, ingioiellati e dediti ai divertimenti dell'altra società, senza accorgersi che la loro ricchezza, di cui si credevano padroni, li ha resi suoi schiavi, in un rapporto di dipendenza assoluta: Paperino ormai la rifugge, ne è nauseato, ma sa di non poterne più fare a meno.
Ecco quindi che il sogno diventa incubo, l'idillio si tinge di insostenibile angoscia, ma finalmente giunge, liberatorio, il risveglio, che coincide metaforicamente con la rinascita di Paperino a una nuova vita. Egli accetta la sua sfortuna come costituente imprescindibile di sé, ed è perciò libero di cercare nuovi orizzonti, di nutrire speranze e illusioni, sempre circondato dall'affetto della sua famiglia.