Nella nostra vita di intenditori disneyani ci capita molto spesso di imbatterci in storie esilaranti, che illuminano di colpo la nostra giornata e ci rimangono in mente per un buon periodo di tempo. Altre volte invece siamo rapiti da grandi avventure epiche che ci fanno sognare ad occhi aperti e pensiamo: "Accidenti, ma come può questo giovane papero intimorire un selvaggio leone sudafricano e addomesticarlo in così poco tempo? Ci vuole proprio un bel fegato!". Altre ancora il nostro ego fumettistico ci spinge verso la lettura di veri e propri romanzi a nuvolette. Essi ci comunicano un messaggio molto profondo che contribuisce, anche a 90 anni, alla formazione della nostra persona e rinfranca il nostro spirito, rendendoci tutti un po’ migliori.
In questi ultimi tempi si è verificata la rivoluzione fumettistica che, permettendo l’entrata delle tanto venerate strisce nella società moderna, ha contribuito alla nascita di molti più romanzi a fumetti di quanti ne fossero stati pubblicati nel secolo scorso, e ciò ha messo le basi per la creazione di un nuovo genere letterario: il romanzo satirico. Il fumetto è stato da sempre un valido alleato della politica, sia utilizzato come mezzo propagandistico sia come strumento di canzonatura. Era destino quindi che romanzo satirico e fumetto si incontrassero prima o poi, fondendosi in un’unica storia simbolo della modernità guidata (forse un po’maldestramente) dalla politica. Quella storia nasce da un monologo teatrale che lo scrittore contemporaneo Alessandro Baricco compone per una compagnia milanese. Sarà per il successo dello spettacolo, sarà per la fama dell’autore, alla fine il soggetto piace e ne nascono: un libro, un film, e, naturalmente, una storia a fumetti, anzi no, LA storia a fumetti.
Il “Novecento” di Baricco non è semplicemente un’opera di satira. Come tutti i testi del letterato torinese è un romanzo ermetico, che comunica concetti enormi per la mente umana (come la religione, l’amicizia, l’esistenza del male) servendosi del simbolismo, ovverosia di poche, pesantissime parole cariche di significato. La parodia che ne nasce non può essere di diverso stile, ed effettivamente “La Vera Storia di Novecento” è il primo fumetto ermetico della storia della nona arte. Quantomeno il più famoso.
Ogni volta che ho il piacere di rileggere personalmente questo romanzo a fumetti mi convinco che il fattore chiave del suo successo sia stata la collaborazione costante tra lo sceneggiatore Tito Faraci, uno dei più grandi fumettisti italiani di ironia letteraria, il disegnatore Giorgio Cavazzano, il Maestro contemporaneo per eccellenza, e lo stesso Baricco che non ha esitato a scrivere una pagina di storia della sua storia.
Ogni ruolo è indovinato a cominciare dal protagonista, Danny Boodman PP Pippo Novecento. Lui e il suo omonimo hanno davvero molte cose in comune che risaltano curiosamente solo nelle differenze col romanzo, per creare equilibrio con la parodia. Topolino è un magistrale Tim Tooney, perché incarna alla perfezione il personaggio legato ai principi della società in cui vive, oggi diremmo “schiavo del suo tempo”. Come nell’opera, nasce un’imprescindibile rapporto di amicizia tra la massa (Topolino) e il diverso (Pippo) che sembrano unirsi in una strana danza a ritmo di Jazz. Sullo sfondo l’equipaggio del Virginian è il simbolo della vita quotidiana, composto da marinai, camerieri, musicisti, turisti e ... ufficiali, come il capitano Basettoni (per una volta non in polizia), individuo un po’ nevrotico che ha sbagliato mestiere. Macchia Nera veste i panni del virtuoso gangster di New Orleans Jelly Roll Morton, confermandosi così il cattivo della situazione. Come nel testo è un personaggio torvo e senza scrupoli che nasconde un passato burrascoso. Il finale è benevolo con Pippo che, incapace di scendere a terra, riesce a trasferirsi in tempo su un’altra nave mentre il Virginian viene demolito. Al contrario, nel romanzo, il giovane pianista capisce di non essere in grado di vivere una vita normale e, con la sua morte, incarna la parte dell’artista maledetto che si sacrifica per il suo bene.
Forse non sapremo mai se la scelta di Novecento sia stata corretta, dato che gli autori non ce l’hanno rivelato. Questa informazione la dobbiamo tirar fuori dai nostri cuori, perché solo così potremo veramente entrare nella psicologia di Pippo, che tutto sommato tanto lontano da Novecento non lo è mai stato.
Topolino08