non so se sia la sezione adatta, credo ci possa stare...
Da appassionata Disney, e fanatica tolkeniana (purista al limite del talebano, aggiungerei
), mi è capitato spesso di leggere le critiche che il Maestro poneva all'opera di Walt Disney.
E ultimamente mi è capitato per le mani un saggio che ho riletto, sulla questione...
Certo per me è dura, amando entrambi i "mondi", prendere una posizione netta sulla questione. Ma capisco, in qualche modo Tolkien, in certe sue critiche. Un filologo, creatore di mondi, di linguaggi, studioso e appassionato di storia, di letteratura, di epica, di Fiabe (nel senso più "alto" del termine), non poteva forse accettare, che un filone millenario che lui stava tentando di proseguire ed aggiornare, finisse in qualche modo "svilito". Non tanto nella qualità in sè dell'opera. Quanto nelle ripercussioni e negli "ideali" che si sarebbero riverberati nell'immaginario collettivo.
E a proposito di quanto Tolkien considerasse "Arte", e giustamente, le opere di fantasia, le Fiabe, quindi ben oltre la mera "ghettizzazione" infantile cui allora, ma anche oggi, son purtroppo relegate, consiglio di leggere "Albero e Foglia", librettino meraviglio, autentico gioiellino di Tolkien, proceduto appunto da questa splendida riflessione sulla Fiaba e sulle sue implicazioni.
Riporto solo alcune citazioni del saggio cui accennavo prima, (di Terri Windling) tra quelle che più mi son rimaste impresse, tanto per provare a capire come la pensate, se a qualcuno la cosa interessa.
Io faccio fatica a prendere una posizione netta. Amo troppo entrambi. Ma effettivamente, qualche spunto mi fa parecchio riflettere.
Così capirò pure se, e quanti, "tolkeniani" si annidano qui dentro in incognito
"...
Come Tolkien sottolinea, "la connessione istituita tra bambini e fiabe non è che un accidente della nostra storia. Le fiabe, nel moderno mondo alfabetizzato, sono state relegate alla stanza dei bambini, così come mobili sciupati o fuori moda vengono relegati nella stanza dei giochi, soprattutto perché gli adulti non vogliono più vederseli d’attorno e non si preoccupano se vengono maltrattati." Ci ricorda che le fiabe non sono necessariamente storie di fate, bensì "vicende in cui si narra del mondo fatato, cioè Feeria, il reame o stato in cui le fate conducono la loro esistenza. E’ un reame che contiene molte altre cose accanto a elfi e fate, oltre a gnomi, streghe, trolls, giganti e draghi: racchiude i mari, il sole, la luna, il cielo, e la terra e tutte le cose che sono in essa, alberi e uccelli, acque e sassi, pane e vino, e noi stessi, uomini mortali, quando siamo vittime di un incantesimo." Egli paragona le fiabe ad un calderone pieno di minestra nel quale mitologia, storiografia, romance, agiografia, racconti popolari e creazioni letterarie sono state gettate assieme e quindi lasciate ribollire nei secoli. Ogni narratore attinge a questa pietanza quando scrive o racconta storie fantastiche — le migliori delle quali finiscono per riversarsi in questa risorsa collettiva. Shakespeare ha contribuito alla minestra con La Tempesta e con Sogno Di Una Notte di Mezza Estate, così come Chaucer, Mallory, Spenser, Pope, Milton, Blake, Keats, Yeats, e altri numerosi scrittori le cui opere non sono mai state destinate ai bambini. (.....)
Fu solo nel diciannovesimo secolo che letteratura e arte fantastica furono confinate all’infanzia — ironicamente, poiché ciò avvenne in un momento in cui l’interesse del pubblico adulto per queste arti non avrebbe potuto essere maggiore. Prima di allora, i racconti epici ed i miti antichi occupavano un posto centrale nella letteratura, mentre i loro cugini, i racconti popolari e le fiabe, venivano raccontati indifferentemente a giovani ed anziani. Quando passarono dalla tradizione orale alla letteratura, le fiabe lo fecero in qualità di storie per adulti.
(.....)
Nella sua lezione su Andrew Lang (dedicata quindi ad uno di questi editori vittoriani, anche se certamente non al peggiore), Tolkien denigrò questa epurazione dell’antica tradizione fiabesca. "Le fiabe, in tal modo bandite, tagliate fuori da un’arte pienamente adulta, finirebbero per guastarsi; e in effetti, nella misura in cui bandite sono state, si sono anche guastate." Tolkien sarebbe stato ancora più deluso, se solo avesse saputo che il peggio doveva ancora venire; In seguito infatti Walt Disney avrebbe fatto più danni di quelli causati da tutti gli editori vittoriani messi assieme. Solo l’anno prima Disney aveva pubblicato Biancaneve, il suo primo lungometraggio a cartoni — introducendo modifiche radicali a questo racconto di una relazione velenosa tra madre e figlia. Disney espanse il ruolo del principe, rendendo questo giovanotto dalla mascella squadrata fondamentale per lo svolgimento della trama; trasformò i nani in creature adorabilmente comiche (e perfettamente asessuate). Nella sua versione cantata, danzata e fischiettata, solo la regina mantiene una parte del suo potere originale. E’ una figura genuinamente spaventosa, molto più convincente della sorridente Biancaneve disneyana — che viene introdotta come una Cenerentola vestita di stracci, oppressa e al contempo audace. Tutto questo da alla versione disneyana del racconto un peculiare sapore americano, e ciò implica che stiamo guardando una tipica storia alla Horatio Alger, "dalle stalle alle stelle" (mentre in effetti si tratta di "dalle stelle alle stalle, e di nuovo alle stelle"). Anche se il film fu un trionfo commerciale, amato da generazioni di bambini, in tutti questi anni i critici hanno contestato le generalizzazioni che la Walt Disney Studios ha apportato e continua ad apportare ogni volta che riproduce delle favole. Lo stesso Walt rispose così alle critiche: "Semplicemente, ai nostri giorni la gente non vuole ascoltare le fiabe nella versione originale. Queste infatti erano troppo violente. In ogni caso, alla fine, si ricorderanno la storia nel modo in cui noi la filmiamo." Sfortunatamente il tempo gli ha dato ragione. Attraverso film, libri, giocattoli e oggettistica varia famosa in tutto mondo Disney, e non Tolkien, è il nome che oggi più di tutti viene associato alle fiabe.
Disney e i suoi emuli hanno una grande responsabilità circa le nostre idee moderne sulla adeguatezza delle fiabe alla prima infanzia. E non a tutta l’infanzia, come Tolkien sostiene con accanimento nel suo "Sulle Fiabe." I bambini, egli dice, non possono essere considerati una singola classe di esseri umani, con gusti simili. Alcuni bambini, come alcuni adulti, nascono dotati di un appetito naturale per la meraviglia, mentre altri bimbi, anche quelli cresciuti assieme ai primi, semplicemente non ne sono dotati. Normalmente quelli di noi che nascono con questo appetito trovano che questo non diminuisce con l’età, a meno che la società non ci insegni a reprimerlo e a sublimarlo. Tolkien, naturalmente, era il tipo di bambino affamato di avventure magiche e meravigliose. "Desideravo draghi, con tutto il mio cuore," ci dice eloquentemente.[/i]
...e a parte il saggio, di cui ho citato qualche passo.....di Tolkien stesso, su “Lo Hobbit annotato” viene citata una lettera, in cui egli scrisse che avrebbe posto il veto (cito le testuali parole di Tolkien)
<<a qualsiasi cosa fosse influenzata dagli atelier della Disney (per queste opere sento una profonda ripugnanza)>>. Nel 1937, stesso anno di pubblicazione de “Lo Hobbit” di Tolkien, Disney aveva prodotto “Biancaneve e i Sette Nani”, dove i nani – figure amate da Tolkien – vengono rappresentati da Walt Disney come creature comiche (e asessuate).
In una lettera del 1964, ossia circa 30 anni dopo, Tolkien scrisse:
<<Riconosco il suo talento, ma mi è sempre sembrato corrotto senza speranza. Nonostante nella maggioranza delle “figure” prodotte dai suoi atelier vi siano passaggi ammirevoli e affascinanti, il loro effetto per me è disgustoso. Alcune mi hanno dato la nausea>>.Ho scritto decisamente troppo. E forse è un post dannatamente troppo "nerd", anche per un forum come questo..
va beh, vediamo, magari qualcuno risponde e mi dice che ne pensa...oppure no, e sarà chiaro che queste son turbe mentali tutte mie..