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Post - Nigel_de_Zoster

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Testate Regolari / Almanacco Topolino 15
« il: Mercoledì 4 Ott 2023, 12:15:25 »
Recensione Almanacco Topolino 15


Copertina inedita di Baccinelli

 Il mito assume diverse forme: può essere un racconto fantastico che descrive una vicenda, anche con risvolti morali o insegnamenti. Oppure si può definire “mito” una persona che, per le proprie caratteristiche, è amata da tutti e considerata irraggiungibile. Oppure il mito può anche essere il racconto fatto o rivissuto dagli stessi personaggi conosciuti. Questo numero agostano (uscito il primo di agosto invece che a fine mese per combaciare con i flussi vacanzieri italiani) di Almanacco Topolino idealmente può avere come filo rosso il raccontare le diverse funzioni e trasposizioni del mito, nella sua molteplice chiave disneyana.

 E questo numero si presenta con altre novità, che ci permettono di capire come la varietà di contenuti possa stimolare la conoscenza e la lettura contemporaneamente. Ad esempio, dedicando un’intervista a fine albo al realizzatore delle copertine remake di questa testata, Emanuele Baccinelli, e cercando di capire anche come si sviluppa il processo creativo dello stesso.

 Ma le novità più gustose si trovano ovviamente all’interno. Si parte con un ideale seguito di Paperino e l’oro del pirata, una delle prime storie lunghe che lanciò Carl Barks verso il mito, appunto. Bacicin riprende il mare (Abramo e Giampaolo Barosso/Giovan Battista Carpi) cerca di riprendere proprio lo spirito di quelle storie tanto amate: avventura, situazioni assurde, capovolgimenti, equivoci; il tutto condito dalla presenza di un personaggio, però, che appare essere solo l’input iniziale per far partire la storia, ma che successivamente viene messo sullo sfondo a favore del subentrante Paperone. Storia che però si nota proprio per le caratteristiche sopra evidenziate, oltre ad un Carpi che si sente a suo agio nelle rappresentazioni marittime.

 Un mito che si trasforma in racconto moraleggiante e favolistico in due storie, legate dall’ambientazione di una città svuotata per puri intenti criminali. La prima, che apre la sezione delle storie inedite, proviene dalla Francia e vede alle matite Luciano Gatto. Topolino e la città fantasma prova a riecheggiare le trame delle storie scritte da Del Connel e Paul Murry; trama che qui, però, viene esasperata nella penultima parte, per poi terminare in un finale monco. I disegni di Gatto non rendono appieno l’aura inquietante che si poteva dare alla storia, ma è interessante il suo approccio grafico al personaggio di Macchia Nera.

 Nella seconda storia, ultima della presente selezione, troviamo invece Massimo De Vita autore completo (benché solo adattatore di un soggetto S Code). Topolino e i Pirati di Castelnuvola si muove, come ambientazione, tra quel Jack e la pianta di fagioli e la prima storia di Vespa Vermiglia; storia che risalta soprattutto sul versante delle interazioni tra i personaggi, spesso frenetiche, ma con un buon ritmo complessivo. Qui i disegni di De Vita cominciavano ad assumere la fisionomia loro propria, ma si vedono anche tracce di ispirazione a Gottfredson (in particolare in alcune pose di Minni, come nella vignetta in alto nella terzultima tavola).

 
Anche nelle storie Disney…

La sezione delle inedite, aperta dalla storia di Gatto testé menzionata, comprende anche una buona selezione ampiamente ispirata ai miti creati da e al mito di Carl Barks.

 Paperino e i problemi televisivi (Kai Vainiomäki/Arild Midthun) rievoca le atmosfere e le dinamiche delle storie paperinesche tipiche dell’autore dell’Oregon. I disegni di Midthun, ancora forse poco dettagliati, mostrano comunque una certa padronanza delle scene (conferendo profondità alle stesse) e dei personaggi, che qui appaiono in pose tipicamente barksiane. Una buona storia rievocativa per gli appassionati.

 Sempre per parlare del “mito” di Carl Barks, troviamo una metastoria, Paperino in: una vita, mille avventure (testi e disegni di Kari Korhonen), che, quasi sulla spinta ispirativa delle storie celebrative (un esempio nostrano è Topolino 2000, di Bruno Sarda e Giorgio Cavazzano), pone l’attenzione sul personaggio come fautore delle proprie storie e rievoca le stesse in una meravigliosa doppia splash page, dove vengono menzionate alcune delle “mitiche” storie barksiane più belle di sempre. I disegni di Korhonen, sempre molto naif, sono però migliorati proprio nella scena indicata, accentuando l’amore per i dettagli dei personaggi.

 Dal “mito di Barks” ai “miti di Barks”, su cui gli autori ritornano. Nella prima storia, Paperino in: Ritorno a Shangri-lala (François Corteggiani/Santiago Barreira), viene rievocata Paperino e il sentiero dell’unicorno, una delle più vivaci e anche una delle più curiose storie di Barks; in questo caso, il ritorno è dettato dalle esigenze di dover lasciar andare libero l’unicorno che alla fine della precedente storia era stato catturato e nascosto da Paperone lontano da sguardi indiscreti. Il titolo menziona un luogo forse a metà strada tra la Tralla-la di Barks e la Shan-Grillà di Romano Scarpa, omaggiando entrambi gli autori.

 
Chi si rivede!

 Nella seconda storia, Zio Paperone in: Ritorno in Colchide (Maya Ǻstrup/Carlos Mota), si ritorna su una delle storie più mitologiche e immaginifiche di Barks stesso, Zio Paperone e il vello d’oro. Un ritorno in Colchide che avviene casualmente e che pone nuovamente Paperone di fronte ad alcune delle sfide più belle che abbia affrontato. Trama molto semplice, ma non per questo meno bella; i disegni di Mota, ricchi di dettagli, assumono un tratto particolarmente realistico nella rappresentazione del Roc, ma sono anche rispettose della storia originale, soprattutto nella raffigurazione delle rovine dell’antica Colchide (da Barks stesso immaginata più ellenizzata) e nel dare forma alle famigerate Arpie. Complessivamente, un piccolo capolavoro di sequel.

 Prosegue anche la riproposizione di storie dal volume Barks’ Friends del 2002. Le grandi ammiratrici (Pat e Carol MacGreal/Ignasi Calvet Estéban) vede come protagoniste (sulle pagine di Almanacco molto spesso viste in one pages) Emy, Ely ed Evy, questa volta alle prese con una tipica moda ossessiva giovanile, ovvero “mitizzare” personaggi famosi. Mentre poteva sembrare che la storia avesse uno svolgimento quasi scontato, è bello invece constatare che procede con un ritmo incalzante, dove la seconda parte è piena di gag e di rivolgimenti repentini. Una piccola storia morale che ben soddisfa anche qui il gusto letterario del lettore barksiano. I disegni di Calvet Estéban sono certo più moderni, si scorge poco l’ispirazione all’Uomo dei Paperi, ma l’autore spagnolo riesce comunque a conferire agli stessi un tratto classicheggiante: notevole anche lo sguardo di Paperina, che pare molto in linea proprio con la produzione classica di Taliaferro o ispirato a quello di Donald’s Dilemma (1947) di Roy Williams.

 
Il famoso “giorno da leoni”

Chiude virtualmente questa nostra recensione (mentre l’albo è chiuso dalla storia di De Vita di cui abbiamo dato conto sopra) Zirlino, pecora leonina (Frank Reilly/Floyd Gottfredson), adattamento a fumetti del celebre corto animato del 1952. Una storia favolistica molto carina, con una profonda morale che ricorda Il Brutto Anatroccolo di Hans Christian Andersen (e che riecheggia anche il simbolismo cristiano descritto nell’Apocalisse di San Giovanni). Gottfredson particolarmente agile e a suo agio nei disegni, con un ottimo grado di trasposizione e di dinamismo delle scene (come si vede nelle sequenze con il lupo). Forse non particolarmente fresca, ma di sicuro un altro piccolo capolavoro da riscoprire.

 La presente selezione conferma, ancora una volta, la recente tendenza di Almanacco Topolino. Una tendenza che ora vede la testata rinnovata nei contenuti, con numerose proposte e anche un filo conduttore comune che permette di apprezzare la selezione. Il comparto editoriale continua ad essere utile per farla diventare una piccola “testata enciclopedica” del fumetto (e dell’animazione) Disney classica e contemporanea.



Voto del recensore: 4.5/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2023/10/04/almanacco-topolino-15/

2
Topolino / Topolino 3538
« il: Mercoledì 20 Set 2023, 11:50:04 »
Recensione Topolino 3538


Topolino 3538 è un numero altamente variegato, sempre attento ai differenti gusti dei lettori e che si arricchisce di storie diverse nello spirito, ma accomunate dalla passione degli autori.

 Un albo che ospita il ritorno della serie più discussa e forse amata di quest’anno, Gli Evaporati. Avevamo lasciato Topolino una volta ritornato dalla dimensione quantica dove le diverse persone scomparse finivano una volta entrate a contatto con la nebbia. In questo primo episodio (di cinque) della seconda stagione, Il vero potere (Bruno Enna/Davide Cesarello), si parte proprio dall’evento scatenante, ovvero l’esperimento del Dottor Enigm.

 E già si nota una particolarità: la nebbia evaporante non è solo un prodotto che ha colpito Topolinia, ma tutto il mondo (leggendo le differenti lingue parlate dalle prime persone piombate nella dimensione quantica).

 Di più: l’evento generatosi ora può essere perfettamente controllabile attraverso la tecnologia del bis-bis di Pippo, che quindi non è più solo un artificio tornato utile, ma forse anche una chiave di lettura di tutta la vicenda.

 Notiamo però un rovesciamento di ruoli tra Gambadilegno e Macchia Nera, che riprendono le rispettive caratterizzazioni degli ultimi anni. C’è, però, anche un Manetta che non viene smentito rispetto alla prima stagione, ma ancor più rilevante sapere che il Dottor Enigm sembra sapere già cosa lo attenderà.

 
Ehm…

 Enna, quindi, riesce proprio a riportarci con tutti i piedi in quell’atmosfera caliginosa e di tensione continua, e prova a rendere ardua anche la trama, per renderla più avvincente.

 Cesarello ai disegni rimane la giusta garanzia per le ambientazioni di questa storia. Ci aspettiamo, quindi, una seconda stagione al pari, se non migliore, della prima.

 Meno interessante, benché scientificamente possa avere anche un suo valore, la seguente Sogni d’Oro, Zio Paperone (Marco Bosco/Giampaolo Soldati).

 Una storia che viene ampiamente sacrificata alla spiegazione scientifica e non riesce a tenere il lettore concentrato, tant’è che nell’ultima parte si è costretti a rileggere due volte le varie sequenze per non perdere il filo del ragionamento.

 Anche in questo caso, la risoluzione della vicenda appare essere “avversa” a Paperone, ma contemporaneamente il finale non fa altro che dargli una seconda opportunità per non dover del tutto sentirsi avvilito. Soldati ai disegni mantiene un buon tratto.

 Particolare, ma non eccezionale, la storia straniera di questo albo, Paperina e le risoluzioni risolutive (Maya Åstrup/Cynthia Campanario Pineda). Paperina si ritrova a dover sostituire Paperino nelle sue più diverse mansioni, non solo con il lavoro presso Zio Paperone, ma anche nella vita di tutti i giorni.

 Insolito inserimento di un personaggio in un contesto differente, e le difficoltà di mantenere l’attenzione viva sono immediatamente tradite. La storia non si sviluppa in maniera interessante, rimane poco credibile in alcune situazioni (come nel caso dei genitori costretti in auto per due ore di allenamento dei propri figli).

 
Problemi ne abbiamo? Sì.

 Buoni i disegni e le prospettive di Pineda, con un tratto anche marcato, ma classicheggiante e gradevole.

 Torna la serie di storie con Pippo alle prese col parentado. Pippo, Posidippo e la questione cantina (Giorgio Fontana/Lucio Leoni) pare essere forse una storia risolutiva, quasi di chiusura di questa serie che aveva spunti interessanti. E qui si mette uno di fronte all’altro i due estremi della stramberia pippide.

 Molto arzigogolata nella prima parte, la storia però finisce per perdere d’intensità quando la questione del titolo viene risolta e si passa altrove. Ancora una volta, però, ottimi i disegni di Lucio Leoni, con una bella raffigurazione grafica di Pippo.

 È, invece, una storia assurda, pazza se si vuole, quella di Corrado Mastantuono, Il “ricomincio” dell’Imbianchino Mascherato.

 Il ritorno delle storie di BumBum Ghigno nella sua veste supereroistica, che ha un sapore molto ratmaniano, ma dove si vede un personaggio che cambia completamente, uscendo dalla goffaggine e divenendo meglio anche di Batman.

 Storia che, come suo solito, l’autore romano dedica alle truffe e alle insidie della concorrenza, ma dove emerge un buon ritmo, con disegni esplicativi e un uso della gabbia notevole in alcune situazioni.  

 
Un fantastico uso della gabbia[/size][/i]

 Si segnala, infine, la presenza di un buon editoriale a cura di Blasco Pisapia sulle Topoguide 2.0, rubrica che accompagnerà i lettori anche nei prossimi numeri.

 Spesso considerate importanti per dare fisicità (metaforica) e coerenza ai luoghi e alle ambientazioni delle storie disneyane, qui vengono ora introdotti i nuovi luoghi che le recenti storie hanno individuato e considerato rilevanti per dare maggiore sostanza all’universo disneyano. Molto utile per l’appassionato dei luoghi narrativi.

 Possiamo sostenere che l’albo odierno dia un ulteriore segnale di ripresa, dopo un livello medio estivo molto basso. Potremmo anche decidere di dare un voto alto per la presenza di almeno due storie che da sole sono più che sufficienti a motivare l’acquisto.

 Ma per mantenere un equilibrio, su cui Topolino si è ormai basato da alcuni anni, preferiamo dare una valutazione mediana tra i gusti di chi pensa che non valga più la pena di acquistare gli albi e leggere le storie e quelli di chi pensa che l’attuale corso di Topolino sia migliore di altri precedenti. Assicuriamo, quindi, un neutro “3 stelle” per la soddisfazione di tutti.



Voto del recensore: 3/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2023/09/20/topolino-3538/


Ora è possibile votare anche le singole storie del fascicolo, non fate mancare il vostro contributo!


3
Recensione Le Grandi Saghe 28 e 29 - Le avventure della Gemma Pippolina


Le due copertine inedite di Alessandro Perina per i volumi dedicati alla Gemma Pippolina

Negli anni Novanta abbiamo assistito (e in parte Grandi Saghe ce lo ha illustrato) ad una profusione di storie lunghe e articolate, che hanno fatto la fortuna del settimanale.

 Già alla fine degli anni Ottanta, con il passaggio da Mondadori a Disney Italia quale licenziatario per la produzione delle storie, la produzione di quelle che abbiamo definito “saghe” è cominciata sotto ottimi auspici. Dopo un “periodo d’oro”, che arriva fino agli inizi del 1994, vi sono state forse poche occasioni di vedere simili storie fare capolino su Topolino.

 Ma quelle poche che arrivavano ridavano spazio a quella tendenza fortunata degli anni precedenti. Non fa eccezione Le avventure della Gemma Pippolina, uscita in sei episodi alternati nel 1995, durante la gestione di Paolo Cavaglione.

 La Gemma Pippolina, come molte altre saghe, riesce ad evidenziare una caratteristica fondamentale: riuscire a calare i personaggi tradizionali in dinamiche e trame più complesse, più sfaccettate e con risvolti che possono essere ulteriori rispetto alle normali storie pubblicate su Topolino.

 Anche in questo caso, da un topos narrativo secondario delle storie del fumetto Disney italiano, ovvero la soffitta di Pippo, si possono ricavare spunti narrativi ulteriori e imbastire una storia lunga, articolata e che ci tenga col fiato sospeso. E tendenzialmente questi spunti ci possono arrivare dagli oggetti che in essa sono contenuti. Ognuno di questi ha una storia, una provenienza e, perché no, può avere anche poteri magici che servono a dare il via alle interazioni dei personaggi, ai loro viaggi, rimanendo comunque al centro del focus originario.

 
Quando la caratterizzazione (grafica) di Pippo è dominante ai fini della saga

Non è un caso, quindi, che Pierpaolo Pelò e Sergio Asteriti imbastirono questa saga itinerante partendo da quella palla di vetro, che è la gemma del titolo, per la quale il primo episodio è interamente speso nello spiegare come arrivò in mano pippide.

 Come sottolineato anche nell’editoriale del primo volume (ad opera di Alessandro Sisti), Pippo in questo caso rimane a casa sua (complice un infortunio), ma lo ritroviamo, almeno nello spirito, nei suoi parenti sparsi in giro per il mondo. Non i pro-prozii di cui molto spesso si è parlato nelle storie italiane (definiti, nella famosa saga sistiana, semplicemente bis-bis), ma bis-bis cugini (“laterali”, per usare una reference colta), ognuno con un problema da risolvere, ognuno legato agli altri parenti proprio per mezzo della gemma.

 È, peraltro, una caratterizzazione di Pippo in linea con la produzione di storie di quel periodo: non il solito citrullo suonato delle storie di Martina, né il soggetto dal grande pensiero laterale che si è visto in molte altre storie, ma un Pippo “candido”, sincero, abbastanza schietto, nonché una persona di fine intuito.

 Tutte qualità che vengono sottolineate nell’editoriale di Sisti, che giustamente ricorda anche come questa sia la miglior saga del decennio con protagonista Pippo (o meglio, i suoi parenti), nonché la prima saga avente come protagonista proprio questo personaggio, e dove Topolino svolge un ruolo di traino del filo conduttore.

 Saga che, pur nella sua brevità (appena sei episodi), riesce comunque a tenere il lettore incollato. Degne di nota (benché tutte possano esserlo, per vari motivi) possiamo segnalare le storie Mistero nel deserto, Il pestifero Pipplin e Finale a Mosca, dove si sente sempre una certa tensione, si percepisce un’anima umoristica particolarmente sagace e si vedono risvolti anche insoliti.

 
Un apprezzabile scorcio di Mosca

 In definitiva, la Gemma Pippolina, allora come oggi, merita di essere scoperta o riscoperta. Benché i disegni siano un tantino statici (che sembrano fare il paio con il periodo “vaporoso” di Asteriti, nome che potremmo dare per il tipo di disegni che offriva), si notano parecchi dettagli ricercati dal disegnatore veneziano, come nel caso (ben illustrato sempre da Sisti) del castello di O’Pippy, o addirittura nell’illustrazione della foresta delle fate.

 Al contempo, la sua struttura ad autoconclusive, che si collegano sempre e solo per il finale “luminoso” della gemma che dà il là ogni volta alla ripartenza di Topolino, la rende perfetta e godibile anche recuperando una storia alla volta, senza fretta e senza necessità di ricordarsi i particolari dalle storie precedenti.

 Alcune curiosità:

 In sei storie, Topolino compie viaggi attorno al mondo, ma vengono toccati solo i continenti nordamericano (dove si trovano inizialmente i nostri protagonisti e ne Il grande Cimento, ambientata nell’arcipelago hawaiano), europeo (nell’ambientazione del racconto iniziale, I Cavalieri della Zangola rotonda, ne Il pestifero Pipplin e in Finale a Mosca) e asiatico (Mistero nel deserto e i Draghi di Kobbodo); La prima storia in realtà viene raccontata da Pippo e descrive come la gemma entrò in possesso della sua famiglia. È anche l’unica storia delle sei ambientata nel passato; Il personaggio di Sport Goofy (di creazione francese, ma reso celebre in Italia dalla storia Il segreto di Sport Goofy, scritta da Massimo Marconi e disegnata da Giorgio Cavazzano) farà la sua ultima apparizione sulle pagine di Topolino proprio in Finale a Mosca. Ventidue anni dopo sarà utilizzato da Massimo Marconi per una storia, Pippo e il carburante dello sportivo, inserita in un volume edito da Giunti in collaborazione con Conad a fini educativi; Le tematiche affrontate dalla saga sono diverse, ma sicuramente quella ambientale è la tematica tipica del periodo, su cui la direzione di Cavaglione aveva puntato molto (anche con la testata parallela delle Giovani Marmotte).

Voto del recensore: 4/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2023/08/17/le-grandi-saghe-28-e-29-le-avventure-della-gemma-pippolina/

4
Testate Regolari / Il Club dei Supereroi 13
« il: Martedì 15 Ago 2023, 09:53:06 »
Recensione Il Club dei Supereroi 13


L’ultima copertina di Donald Soffritti, con un fiero Super Pippo

 E siamo così arrivati alla fine. Dopo due anni di onorato servizio si chiude anche Club dei Supereroi, una testata con una sua identità precisa, una selezione varia ma efficace nel mettere a confronto diverse realtà fumettistiche e nel rendere il tutto non solo meramente riempitivo attraverso la ristampa delle storie, ma anche con indicazioni editoriali utili, raffinate e che davano finalmente un senso filologico ad un tipo di storie (quello dei supereroi disneyani) forse troppo messo nell’angolo e angustiato da un altro gigante (quale Paperinik).

 In questa (breve) cavalcata, avviata sotto i migliori auspici dal caro Francesco Gerbaldo (doverosamente ricordato anche nell’editoriale di congedo di Serena Colombo), si è anche fatti la conoscenza di un supereroe, quale Darkwing Duck, molto spesso limitato alla sola apparizione televisiva, ma che la presenza sui fumetti è altrettanto cospicua e piena di interessanti spunti.

 L’ultimo albo di questa testata si apre con l’ultima copertina, interamente curata da Donald Soffritti, e che ci mostra un fiero, disinvolto e rassicurante Super Pippo, la vera star di questa testata. Proprio perché superstar, ecco ritrovate (e da qualche numero messe in disparte) le storie del “ritorno” di Super Pippo su Topolino, dopo la breve scarrozzata tra le storie anni Settanta e quelle apparse su altre testate.

 Apre, quindi, questa selezione Super Pippo e l’agenzia del Bala Boom (Stefano Ambrosio/Andrea Ferraris). Storia che, come le coeve già pubblicate sul Club, mostra un lato ironico molto marcato e che si affianca molto spesso a quello di disegni iperbolici e dettagliati. Il finale totalmente non sense non rovina completamente la storia, che risulta essere un buon divertissement e dove il ruolo da protagonista di Super Pippo viene mantenuto costante.

 
Tra le nuove super-identità introdotte in quest’albo abbiamo: 1) una Paperina inconsapevolmente protagonista…

 Meno trascinante dal punto di vista narrativo, ma ugualmente ironica, è la seguente Super Pippo paziente complicato (Stefano Ambrosio/Lorenzo Chiavini). Anche in questo caso, l’iperbole è assicurata da una situazione grottesca e che viene esagerata all’inverosimile, per poi essere drammaticamente risolta dalla banalità del finale. Meno marcati della precedente, i disegni rimangono comunque funzionali alla storia e alla sua ironia.

 Non è testata supereroistica Disney senza coinvolgere Paper Bat, l’identità segreta di Paperoga di marca brasiliana. Come visto nei precedenti albi, la qualità di queste storie forse non è esaltante, ma di sicuro quelle del duo Ivan Saidenberg e Carlos Edgar Herrero risultano essere più gradevoli, con una migliore intuizione ironica e con una buona esposizione.

 Apre, quindi, questa selezione un’altra one gag page relativa al micromondo di Paper Bat: Il nascondiglio di Paper Bat sicuramente tiene in considerazione la piccola lore del personaggio e sfrutta la facile ironia che la brevità della tavola le permette di avere.

 Con una diversa impostazione, Paper Bat paladino della giustizia – il rivale riprende l’arco narrativo delle origini e introduce qui la difficoltà di relazione tra Paperoga e Gloria. Come detto, qui più che altrove si nota una buona struttura della storia, a tratti con una trama confusionaria, ma ugualmente intrattenente e gradevole. Si evidenziano, poi, alcune differenze stilistiche dei personaggi (come un Basettoni baffuto), che non rovinano più di tanto l’atmosfera.

 Chiudono anche qui (e sarebbe stato strano altrimenti) le storie del Clube dos Herois, la serie che dà nome alla testata e che cerca di replicare fenomeni fumettistici di gathering (raccolta) supereroistici come gli Avengers Marvel o la Justice League DC. La storia qui proposta, Eroi… di casa – il veterano (Luiz Aguiar/Carlos Edgar Herrero), rimane comunque in linea con le ultime della serie lette sul Club.

 
2) un goffissimo Pietro Gambadilegno…[/size][/i]

 I nostri supereroi sono ora impegnati a vedersela non solo col cattivo di turno, ma anche con un sedicente supereroe in pensione che si sente ancora in grado di fornire il proprio aiuto. Storia, come dicevamo, simile alle precedenti e che pertanto non risulta pienamente godibile, se non per un tipo di ironia molto contestualizzato, territorialmente e temporalmente.

 Nella trama generale, il Clube dos Herois nasce per mano di Vespa Vermiglia, ma nel contesto delle storie Disney questo personaggio (un po’ come Super Pippo) trova le sue origini più a nord, negli USA.

 Topolino e il mistero di Vespa Rossa (Cecil Beard/Paul Murry) vede la prima apparizione in assoluto del personaggio, che successivamente troverà riscontro solo in Brasile. Ma questa statunitense risulta essere una storia molto più godibile, con particolare tensione e con un buon ritmo narrativo, al di là di alcune logiche vacue o di soluzioni di comodo. A completare il quadro sono i disegni di un ispirato Murry che mette al servizio della caratterizzazione dei personaggi tutta la sua abilità.

 Una ricca sezione di storie inedite in questo ultimo numero del Club cela alcuni spunti che non ci aspettavamo, soprattutto perché vengono introdotte nuove identità segrete.

 
3) un Topolino-Batman che incute timore con la sola presenza…

 Si parte con una breve, che rivede Paperina protagonista. Super Paperina in azione (Gorm Transgaard/Wanda Gattino) non è, come invece già fatto in Italia e Brasile, una storia su Paperinika, bensì un equivoco ben orchestrato che porta Paperina ad essere inconsapevole protagonista. Una trama semplice ed efficace, con buone trovate narrative e i disegni di un valido Gattino che finalmente danno una sensazione differente su un personaggio forse troppo spesso frainteso.

 Meno efficace narrativamente, la seguente Gambadilegno e Sgrinfia in: Super Gamba (Drai/Cèsar Ferioli Pelaez) si concentra soprattutto sulla goffaggine di un personaggio turbolento e sbrigativo, come Gambadilegno, affiancato da un eccezionalmente acuto Sgrinfia, in una storia dove sono i disegni di Ferioli a essere più attraenti.

 Ancora Francia con la seguente Topolino in: Topman contro Macchia Nera (François Corteggiani/José Ramon Bernardo), storia del maestro nizzardo che si contraddistingue soprattutto per i bellissimi disegni di Bernardo e per dare un ruolo di protagonista a Macchia Nera, come poche volte si è visto.

 Corteggiani si ritrova anche nelle successive due one gag pages con protagonista Gancio (disegni, rispettivamente, di Isabel Penalva e José Ramòn Bernardo e di Maximino Tortajada Aguilar). Non ci si aspettava che anche il chiacchierone merlo indiano potesse ricoprire un ruolo simile; e infatti veste quei panni come Bat Carioca. In entrambe le situazioni, è la chiacchiera volenterosa ad essere al centro dell’ironia, che cozza con la fine ingloriosa della gag e produce l’effetto ironico decisivo. Forse troppo poco per intrattenere, ma efficaci nello strappare un sorriso.

 Le ultime due storie inedite con protagonista il nume tutelare della testata (come sottolineato nell’editoriale di Davide Del Gusto).

 
4) un Orazio che ci crede tantissimo

 La prima, Super Pippo e il supereroe per sbaglio (Don Markstein/José Ramon Bernardo) si regge sull’equivoco pensato, dato soprattutto da una convinzione (quella di Orazio) che regge poco il gioco della storia, pur essendo il motivo di essa; i disegni di Bernardo sono efficaci per descrivere le azioni, benché vi sia una dimenticanza di fondo (il cappello di Super Pippo) che faccia quasi pensare all’ispirazione del modello dell’Ultra Pippo di Murry.

 La seconda storia, Super Pippo e il venerdì tredici (Paul Halas/Françisco Rodriguez Peinado), palesa invece la classica storia delle casualties, delle conseguenze delle azioni non ragionate di chi ha superpoteri, ed è estremamente convincente; i disegni di Peinado lo sono altrettanto, imprimendo dinamicità alla tavola e rendendo il tutto visivamente perfetto.

 La chiusura dell’albo non poteva che citare, ancora una volta, il lavoro di lancio e preparazione metodologica del compianto Francesco Gerbaldo, che ha saputo dare lo stimolo iniziale per costruire una cornice dignitosa alle storie di Darkwing Duck. Testata che termina molto prematuramente, ma che lascia un buon ricordo a chi l’ha seguita (come il sottoscritto) dal principio e l’ha vista crescere rapidamente.



Voto del recensore: 4.5/5
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https://www.papersera.net/wp/2023/08/15/il-club-dei-supereroi-13/

5
Testate Regolari / Almanacco Topolino 14
« il: Lunedì 14 Ago 2023, 09:06:39 »
Recensione Almanacco Topolino 14


Copertina inedita sempre di Emmanuele Baccinelli

 Non si rimane mai delusi dalla lettura di questa nuova serie di Almanacco Topolino. Il numero 14, come i precedenti da un anno a questa parte, conferma la tendenza a voler sempre impressionare in positivo con le proposte e le selezioni che puntualmente trovano il lettore entusiasta. Anche in questo bimestre, l’ottima commistione tra il classico e il contemporaneo inedito in Italia si dimostra bilanciata e con prospettive di valorizzazione del fumetto notevoli.

 Partendo da un’altra bella copertina di Emmanuele Baccinelli (con i colori di Mario Perrotta), con una rielaborazione e non mera riproposizione di una copertina classica, la selezione non poteva non aprirsi con una storia di Paperino, il cui mese dedicato, giugno, segna le 89 estati dalla sua prima apparizione in assoluto.

 Paperino e la perfetta letizia, storia creata da due mostri sacri italiani quali Cimino e Scarpa, è senz’altro un classico che il lettore appassionato disneyano non può mancare di conoscere. Perfetta nei ritmi narrativi, esilarante dal punto di vista grafico e da quello satirico (le perenni crisi che il capitalismo affronta), nonché notevole per assegnare un finale decoroso a Paperino, la vicenda riesce a catturare già da subito l’attenzione. Quale miglior letizia per iniziare.

 Essendo il mese “papero” per eccellenza, viene riproposta una storia che ripercorre un altro pattern dei fumetti, quello del rapporto burrascoso tra Topolino e Paperino. Paperino – Un compleanno da dimenticare (Pat e Carol McGreal/Cèsar Ferioli Pelaez) ripropone il dissidio narrativo tra i due main characters disneyani.

 Storia forse non esaltante, benché si sia già visto ampiamente in precedenza questo contrasto (su Almanacco Topolino 5 con Una macchia sull’amicizia, ma anche ne L’isola del mito) e dove si sottolinea sempre la rimostranza del Papero verso il più famoso Topo, riprendendo anche una tematica espressa più volte nei corti animati degli anni Trenta e Quaranta. Sicuramente i disegni di Ferioli sono molto in linea con gli spunti classici che si offrono con queste storie e mantengono una buona freschezza dopo anni.

 
Invece i guai cominciano ora…

La sezione delle inedite si apre con un’altra storia con protagonista Topolino. Topolino e il guaio multiplo (Jakko Seppälä/Cèsar Ferioli Pelaez) si connota soprattutto per il comparto grafico, che pesca e si ispira ampiamente a Gottfredson (ivi compreso un Dottor Enigm che sembra direttamente provenire da Island in the Sky del 1936 unito alla rappresentazione dello stesso da parte del Comicup Studio, di cui Ferioli fu esponente negli anni Ottanta).

 La trama, invece, appare essere monca, dato un finale improvviso che sembra “accompagnare il lettore all’uscita”, nonostante sia condizionata dall’effetto slapstick delle scene.

 Una sezione inedita particolarmente interessante, visto l’approdo (in linea con i precedenti numeri) di storie inedite relative a personaggi dell’animazione classica Disney. È il turno, questa volta, di Basil l’investigatopo, il celebre topo parodia del più noto Sherlock Holmes, creato da Eve Titus e trasposto sul grande schermo da Burny Mattison, David Michener, Ron Clements e John Musker nel 1986.

 Nella prima delle due storie qui proposte, Basil l’investigatopo e la città sotto il Tamigi (François Corteggiani/Giorgio Cavazzano) ritroviamo le atmosfere e le dinamiche tipiche del film, con una classica ricerca degli indizi e l’inseguimento di Rattigan. Storia molto gradevole, dove Cavazzano imprime un tocco personale alla raffigurazione dei personaggi, senza stravolgerli.

 
Del resto si ispira al ben più famoso, ma non pretende di esserlo

 Nella seconda delle due, Basil L’Investigatopo e il segreto della signora Placidia (Frank Jonker/José Ramón Bernardo), i disegni assumono una veste differente, sembrando quasi riprendere uno stile molto più antico, simile a quello di Al Hubbard. La storia in sé, invece, ruota tutta attorno ad un pretesto forse di poco conto, ma che diventa coinvolgente alquanto nella parte centrale.

 Chiude questa sezione l’ultima (per ora) delle storie tratte dai Diari di Paperone. Grosso guaio nel Mar della Cina (testo e disegni di Kari Korhonen) riecheggia dal titolo un’altra ambientazione non presente nella celebre Saga di Don Rosa, arricchendo ulteriormente quella timeline che viene solo abbozzata nelle storie italiane e danesi.

 Come per il finale della seconda stagione, anche in questo caso le vere protagoniste sono le sorelle, Ortensia e Matilda, che graficamente si distinguono e non poco da quelle di Rosa. In questo caso, più che una storia, abbiamo un riassunto delle loro peripezie alla ricerca del fratello. Di più, si notano i due caratteri contrapposti delle due, oltre al fatto che Matilda sembra acquisire qualcosa in più rispetto alla caratterizzazione nella Saga.

 Rispetto però alle avventure del fratello, qui abbiamo forse meno caratterizzazione dell’ambientazione in cui si svolge la narrazione, apparendo meno marcata e solo di timido contorno. Il comparto grafico appare essere alquanto approssimativo, denotando comunque come l’interesse dell’autore sia quello forse di spiegare in maniera immediata la vicenda.

 L’esperienza di questi Diari porta comunque a considerare come il mito di Paperone possa vedere continui arricchimenti, laddove si disponga dei giusti spunti e non di mere references.

 
Non si smentisce mai

 La novità di questo Almanacco risiede anche nella nuova sezione inaugurata, dove si propone uno sguardo sugli artisti disneyani americani classici.

 Si parte da Bill Wright, prolifico disegnatore di oltre 2000 lavori tra il 1938 e il 1984. La prima delle sue due storie qui proposte, Topolino e il mago Carigù, mostra comunque un disegno che si rifà a due altri grandi artisti disneyani dell’epoca, Gottfredson e Murry. Sicuramente un disegno abbastanza pulito, ed efficace anche nel raccontare visivamente la storia. Si può notare, benché con alcuni distinguo, una rassomiglianza tra lo stregone di questa storia e quello dell’Apprendista stregone di Fantasia (1940).

 Al di là del comparto grafico, la storia in sé mostra evidenti limiti che il corso del tempo evidenzia inesorabilmente. Di tenore diverso la gag page Pippo direttore d’orchestra, che si muove tra le gag pages di Barks e i corti di animazione con Pippo protagonista; manca però del necessario mordente umoristico come i due estremi evidenziati, ma costituisce comunque un buon esempio di posa artistica e di accelerato dinamismo che rievoca agilmente l’animazione di quei tempi.

 Viene qui riproposta un’altra delle storie dal volume Barks’ Friends. L’uomo delle medaglie (testi e disegni di Kari Korhonen) si connota per avere diversi spunti ispiratori utilizzati dall’artista finlandese e tratti da alcune delle storie di Barks.

 
Non è così difficile scorgere un certo stregone

 Trama molto avvincente, che tiene anche il lettore incollato e lo intrattiene bene, benché vi sia un enorme buco di trama (il liquido infiammabile vicino al falò acceso dall’artista non ha davvero provocato nessun danno?), ma dove si nota sia una preziosa cura nella realizzazione, sia nel riprendere le stesse satire sociali dell’Uomo dei paperi e ridicolizzarle ulteriormente (come nel caso dei pluridecorati generali delle Giovani Marmotte, il vero spunto di questa storia); si notano anche disegni con un gusto classico misto ad una modernità che sembrava tipica per l’epoca (pensando anche ai disegni di Branca e Ferioli).

 Chiude questa selezione bimestrale Paperino e il senso del denaro (testi e disegni di Giorgio Rebuffi). Storia che apparirebbe quasi come una sorta di didaskalia agli occhi degli appassionati, mentre è anche un tentativo di indagare sulle caratterizzazioni di Paperino e Paperone, ovvero la sfortuna del primo e la superstizione monetaria del secondo.

 Storia non particolarmente avvincente, e forse fotocopia di altre del periodo, ma interessante il recupero di un grande artista italiano (famoso più per i lavori extra Disney, come Pugaciòff), il cui tratto e disegni appaiono assolutamente puliti e privi di fronzoli, quindi perfettamente godibili.

 Anche questo numero di Almanacco Topolino sorprende in positivo. Se, da un lato, la struttura antologica è consolidata e mantiene un certo grado di interesse per il lettore esigente, dall’altro le innovazioni sono costituite senz’altro dalle nuove proposte e dalle continue elaborazioni.

 L’aver qui cominciato a proporre autori classici americani dà alla testata l’ulteriore valore di “piccola lezione di storia del fumetto Disney”, che quindi è utile anche per quei nuovi lettori curiosi e desiderosi di apprendere dal longevo passato delle pubblicazioni Disney. Un ulteriore valore aggiunto ad una testata che già vale tanto.



Voto del recensore: 4/5
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6
Topolino / Topolino 3532
« il: Martedì 8 Ago 2023, 13:55:53 »
Recensione Topolino 3532


 Un proverbio latino recita “Misera fortuna, qui caret inimico”, che si può tradure con “è sfortunato chi non è invidiato”. Il concetto di fors, la fortuna come sorte, trae origine proprio dalla cultura latina: la sorte è benevola, quando capita in un momento favorevole, e può essere avversa, quando se ne abusa troppo.

 La fortuna, inoltre, è sempre precaria, momentanea, mai perenne; nel Medioevo, questa caratteristica era rappresentata da una ruota, in cui quattro fasi del ciclo si avvicendavano continuamente: dalla sfortuna alla fortuna e ritorno.

 Gastone forse conosce questa situazione della fortuna, benché siano ormai 75 anni che continua ad averne perennemente (e quasi mai è avversa); ha cercato di evidenziarlo anche Marco Nucci, che già con La solitudine del quadrifoglio nel 2021 aveva illustrato come il nostro Mida disneyano probabilmente vive una vita dove il perfetto equilibrio si raggiunge tra la fortuna per sé e l’invidia di Paperino e altri.

 Con queste premesse si apre Topolino 3532. I cieli di Farmtown (Marco Nucci/Stefano Zanchi) presenta, anzitutto, un titolo che gioca molto sull’assonanza con opere precedenti (I cieli di Escaflowne, anime di Shoji Kawamori del 1996, ma anche Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders del 1987, o il più recente I cieli di Alice di Chloé Mazlo del 2020).

 Già qui sembra che si voglia sottolineare la difficoltà di avere una vita ideale sognata, agognata; una vita che Gastone ha identificato in un luogo ben preciso (Farmtown, appunto) in cui riesce ad essere apprezzato per quello che è e non per quello che appare.

 
Le inquietudini di Gastone perfettamente riassunte in questa tavola

 Ciò, difatti, è anche lo spunto per la storia medesima, quando il mondo ideale di Farmtown rischia di svanirgli dalle mani perché potrebbe incontrarsi con quello “invidioso” di Paperopoli. Nucci, quindi, prova a mettere in crisi quello stesso universo creato nella precedente storia e a rimettere il tutto sui binari che la sorte (gioco di parole) ha riservato a Gastone già dal 1948.

 Essendo comunque la prima puntata di due, qui si vede (al di là di una serie di tavole usate per riassumere i fatti in nuce della precedente storia) un’impostazione di apertura, dove appare evidente la prima vera inquietudine di Gastone per la notizia datagli da Priscilla (il suo arrivo permanente a Paperopoli) e dalla necessità di “mascherare” la sua attuale condizione.

 Non si parte male, e gli spunti per raccontare un buon seguito ci sono, ma il rischio è quello di doversi muovere forse troppo tra le situazioni equivoche che si genereranno e la necessità di fissare uno status quo ormai imprescindibile.

 La regia narrativa è anche aiutata da Zanchi, che non indugia più di tanto nell’impostazione della gabbia quando si devono esporre le inquietudini di un papero fortunato e sapientemente riesce a mescolare le varie scene e addirittura a combinarle in un’unica tavola.

 Continuano le cronache delle origini del Papersera. Blue Peaks Valley: Un commerciante (Corrado Mastantuono) mette in scena un’altra componente delle vicende classiche di Paperone, ovvero la concorrenza con il rivale di turno.

 Anche in questo caso, come nelle precedenti storie, a emergere è l’uso del Papersera quasi come un pretesto di fondo; tuttavia, si deve sottolineare che in tutte le storie finora il Papersera è emerso come contesto generale delle storie, un contesto cronistico come originariamente si concepivano i quotidiani.

 La cronaca, quindi, diviene essa stessa il racconto della storia. E qui, forse più che nelle precedenti, si assiste ad un’impostazione di worldbuilding attorno a Paperone che non ci si aspettava o, meglio, che coglie il lettore di sorpresa nel finale di storia. Va anche detto che una soluzione simile venne adottata da Don Rosa ne Il re di Copper Hill e forse è l’ennesimo tentativo di dare una lore credibile e coerente ai personaggi disneyani.

 
Non sarebbe la prima volta

 Dal serio al faceto, anche letteralmente nella stessa storia. Pippo e una piccola sorpresa (Tito Faraci/Lucio Leoni) è una breve che… stupisce.

 Non ci si aspettava un Pippo così profondo (magari poteva essere caratteristica di un Indiana Pipps, come ne All’inseguimento della stella verde), che qui diventa filosofo dello stupore per le piccole cose del mondo; atteggiamento che colpisce anche per la semplicità che viene palesata nell’illustrare questa filosofia spicciola.

 Faraci prova a innescare una riflessione minimale a tutto tondo, cercando di far immedesimare il lettore con lo stupore e la consapevolezza dello gnomo ivi presente. Tuttavia, è un esempio di filosofia morale che sembra molto arrangiato, quasi sacrificato rispetto alla volontà di dare alla storia una prospettiva inusuale; eppure, nonostante ciò, risulta credibile nella sua impostazione e apprezzabile in fin dei conti.

 Lucio Leoni ai disegni, con un tratto pulito e perfetto, completa questa piccola parabola di vita con le sue scelte grafiche, rendendo ancora più morbida la stessa.

 Una strana coppia si delinea nella successiva Miss Paperett e Battista e il tesoro dei tropici (Carlo Panaro/Valerio Held). Dopo una pregevole storia di Francesco Vacca del 2021, questa volta lo spirito investigativo dei due dipendenti di Paperone non si applica nei confronti del principale, ma alla ricerca di un fantomatico tesoro, sepolto da un fantomatico antenato di Miss Paperett e da cercare ai tropici, mentre i due sono in ferie forzose.

 Storiella riempitiva molto innocua, sia per mettere al centro due personaggi secondari che poco hanno da dire, sia per collocarli nel medesimo contesto in cui il loro principale opera, ovvero la competizione con Rockerduck, rendendo così la storia molto meno credibile di quello che si poteva pensare.

 
No comment

Più convincente la prova di esordio di Giulia Lomurno quale autrice completa con Topolino e la malefatta malfatta.

 Storia che parte subito in medias res, mette i personaggi in una situazione completamente opposta alla solita caratterizzazione cui siamo abituati (e le vibes possono addirittura portare all’esordio di Mickey Mouse Mistery Magazine), per vedere come si comportano di fronte a situazioni inusuali con cui si trovano ad avere a che fare.

 Anche in questo caso, una breve molto movimentata, dinamica anche graficamente, benché forse un po’ povera dal punto di vista del contenuto. Un buon esordio, che però si spera possa dare seguito a miglioramenti futuri.

 Non una selezione malvagia per questo albo. La giusta commistione tra storie lunghe e storie brevi fornisce al lettore una tranquilla lettura. D’altra parte, ci sono forse alcune cose da verificare, che in un contesto simile rendono la lettura meno agevole: per esempio, accenni di un worldbuilding “personalizzato”, che forse avrebbe avuto maggiore risalto e miglior collocazione in un altro tipo di albo; oppure l’innocenza di alcune storie, che forse cozza un poco con la serietà di altre.

 Siamo comunque stati abituati a selezioni disomogenee, e questa non è da meno, reputandosi comunque una buona lettura vacanziera. In definitiva, il Topolino odierno rimane nella scia dei precedenti, ma, come sempre, offre spunti differenti ogni volta e per sensibilità plurime.



Voto del recensore: 3/5
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7
Testate Regolari / Re:Le Grandi Saghe - Discussione Generale
« il: Giovedì 20 Lug 2023, 23:46:02 »
Peccato. C'erano ancora moltissime saghe da recuperare molto valide. Anzi sarebbe stato bello fare una lista qui, anche per dare idee. Si è chiusa veramente troppo presto, avrei preferito quantomeno si concludesse a fine anno...
A giudicare dalla quantità e qualità dei commenti che leggo, la gente stava fremendo per assistere al fallimento della collana, pur quando la stessa stava cominciando a prendere buona quota e c'erano saghe interessanti, rivolte soprattutto a coloro che non le avevano mai lette (perché non è che c'è solo il lettore esperto o classico che le ha già lette o le conosce tutte o ha tutte le versioni della storia ristampata). E alla fine, quel rigore al 90° non realizzato li ha fatti esplodere di gioia.
Tra questi, ci sono anche quelli che regolarmente ogni due mesi si chiedono "ma Almanacco Topolino non doveva chiudere tempo fa?".

8
Testate Regolari / Il Club dei Supereroi 12
« il: Giovedì 29 Giu 2023, 14:23:34 »
Recensione Il Club dei Supereroi 12


Copertina inedita di Donald Soffritti.



Voto del recensore: 3.5/5
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9
Topolino / Topolino 3526
« il: Lunedì 26 Giu 2023, 09:12:28 »
Recensione Topolino 3526


 Estate. La stagione che molti amano (meno il sottoscritto). La stagione in cui recentemente Topolino ha assunto una diversa fisionomia nelle storie, passando da grandi saghe a una più sobria veste. In questo albo troviamo proprio una maggiore sobrietà stilistica, senza acuti ma nemmeno senza troppi bassi.

 La copertina di Corrado Mastantuono (con i colori di Andrea Cagol) introduce la prima storia di questo albo, Paperino e il campione arboreo (Francesco Artibani/Giampaolo Soldati), nuovo episodio della serie promozionale sul territorio e il paesaggio della Basilicata.

 Storia che si distingue per due particolari: la presenza di nuovi Bassotti (componenti la propaggine italiana degli stessi) e il ruolo praticamente di “indirizzatrice” di Paperina (che qui si presenta più spigliata, meno pretenziosa e con un maggiore acume, in linea con una tendenza generale recentemente vista).

 Comunque, interessante nello sviluppo, meno in un finale molto macchinoso (un ravvedimento dei Bassotti forse un po’ troppo moralizzato) ma ugualmente godevole. I disegni di Soldati mantengono un certo equilibrio, cercando di proporre una mediazione tra un modello classico e alcuni elementi che sono palesemente innovativi (come nel caso dell’uso degli smartphone, qui forse meno pacchiani di altre storie).

 Più particolare, anche perché prova a riflettere da una differente prospettiva su un personaggio consolidato, è la seguente Pianeta Paperone: Il re dei taccagni (Alex Bertani e Vito Stabile/Marco e Stefano Rota). Sicuramente, mettere Paperone di fronte al suo estremo in fatto di tirchieria o di taccagneria è un esperimento non del tutto nuovo, ma interessante come questo raffronto porti all’evidenza di un particolare che in realtà era ben evidente dai tempi di Barks.

 
Ahia…

I disegni di Rota padre e figlio propongono ancora modelli stilistici ancor più risalenti (come nel caso del Paperone con becco allungato, rimando chiaro al Barks originario), oltre ad un design del deposito che non si vedeva da tempo (quanto meno dagli inizi degli anni Sessanta, quando ancora veniva disegnato senza cupola), ma che mantiene la colorazione in giallo-blu-rosso tipicamente italiana. Tutto sommato, forse una storia da intermezzo non esaltante, ma che scorre bene e rende il giusto rispetto ad altre più raffazzonate e più di movimento.

 Anche la seguente Pippospot: Noblesse oblige (Alessio Coppola) non sembra in un primo momento spiccare per la sua dinamica (che sembra rifarsi quasi ad una narrativa anni Novanta), ma continua ad incuriosire per il ruolo che ormai in questa serie ricopre Pippo, ispirato dal suo essere un ideatore e un pensatore inconsueto.

 La soluzione finale non è molto interessante, ma sorprende in positivo. Da notare, una colorazione a tonalità tenui, in voga per un certo periodo durante gli anni Novanta (su tutte, si vedano Indiana Pipps all’inseguimento della stella verde e Qui Quo Qua in “Le avventure di Pinocchio”), e che conferisce un ulteriore senso di gradevolezza.

 Meno interessante, forse, la seguente Le pensatone di Fiuto Joe: Piovuti dal cielo (Tito Faraci/Federico Franzò). Banalotta nella trama (di certo, non originale) e dove l’essere protagonista passa da quello che dà nome alla serie (messo progressivamente in disparte, come dovrebbe essere il suo naturale ruolo) a Dinamite Bla quasi subito. Interessanti, come sempre, i disegni di Franzò, che riesce a coniugare gli aspetti ironici con il dinamismo delle scene.

 
Chi non va in giro con un ombrello per contenere i getti di minestrone? Bene, allora si faccia di necessità virtù[/size][/i]

 Enrico Faccini torna a sorprendere con il suo nonsense e la sua ricorsività ironica. Archimede e il cronorisolutore porta il lettore in un loop apparentemente senza fine, fatto di situazioni tragicomiche consequenziali, dove anche in questo caso si gioca molto sia con la logica che con il determinismo necessario. I disegni ricordano, anche qui, uno stile molto scarpiano, ma che in generale sono totalmente al servizio dell’ironia voluta dall’autore. Un altro piccolo guadagno per l’artista genovese.

 Chiude questo albo il secondo episodio di Fast Track Mickey: Full Circle (Claudio Sciarrone). Benché la storia scorra abbastanza bene, vi sono soprattutto delle ambientazioni e delle vedute più cinematografiche che stilistiche. Diviene interessante l’idea di un’alternanza, nella parte centrale, tra le scene in pista con Topolino e gli altri (compresa la parodia di Colin McRae, compianto campione di rally) e quelle in cui Thunder e Gambadilegno ordiscono un piano di fuga (in stile Fuga da Alcatraz).

 
Sempre modesto il nostro Pietro[/size][/i]

 Le prospettive delle scene comunque esaltano la narrazione, piuttosto scarna in alcuni punti. Sebbene si sia solo alla seconda puntata di quattro, la storia stenta ancora a decollare, ma si è perfettamente consapevoli che le prossime puntate determineranno un climax generale fino al finale.

 In definitiva, l’albo risulta comunque essere in linea con le recenti tendenze: nessuna reale punta, ma si evidenziano comunque storie da sufficienza piena. In sé, sicuramente costituisce una buona alternativa per il lettore occasionale, che pedantemente si sente bistrattato da alcuni anni a questa parte. Il clima estivo comincia a farsi sentire anche qui, e sicuramente proporre più storie autoconclusive e di facile ironia è la ricetta migliore per affrontare la stagione.



Voto del recensore: 3/5
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10
Testate Regolari / Almanacco Topolino 13
« il: Martedì 13 Giu 2023, 12:38:04 »
Recensione Almanacco Topolino 13

Comincia il terzo anno di questa nuova serie di Almanacco Topolino e porta ancora novità e storie da scoprire e riscoprire. Un albo che si muove su un filo conduttore che va dal Medioevo al mito fino al fiabesco, come esposto anche nell’editoriale di apertura dell’albo a cura di Davide Del Gusto, e che vuole anche prendere in considerazione due celebrazioni in chiave disneyana.

 
Incubi più che reali per Topolino.

 Senza indugio alcuno, cominciamo dalla copertina di Emanuele Baccinelli e Mario Perrotta, ancora una volta un omaggio alle classiche copertine della prima serie di Almanacco Topolino, e che a sua volta è un rifacimento a quella realizzata da Barks per Uncle Scrooge n. 37 del 1961.

 Si apre questa selezione con una storia della coppia prolifica dei fratelli Barosso (disegni di Massimo De Vita), Messer Paperone e il Serpentone, che anticipa nei temi di alcuni anni la fortunata storia del Messer Papero. Tuttavia, cambia l’ambientazione, non cambia la dinamica: anche qui Paperino svolge il ruolo di inconsapevole marionetta del destino ed è al centro delle dinamiche ladresche e delle interazioni tra i vari personaggi, uscendone comunque vittorioso. Una storia che si apprezza soprattutto per il dinamismo e per una certa consequenzialità delle scene. I disegni di un De Vita jr. assumono qui sempre più la fisionomia classica che verrà proposta in quegli anni, affiancandosi a quelle di Scarpa e Cavazzano, e ponendosi in continuità grafica con essi.

 Apre la sezione delle storie inedite un altro lavoro di Noel Van Horn come autore completo, Topolino e il mistero da incubo. Non è inusuale trovare Topolino, nelle produzioni straniere, al centro di situazioni perigliose che sembrano più grandi di lui. Van Horn, qui, non è da meno e replica un meccanismo forse un po’ troppo meccanizzato e che stride lungo tutto il percorso, ma che rileva anche e soprattutto per due aspetti grafici: il recupero di elementi classici del fumetto disneyano (e soprattutto la presenza di tre arci-nemici di Topolino, rappresentati dai dottori Acca, Kappa e Zeta) e le ambientazioni notturne, colme di un senso di inquietudine nelle tavole centrali, dove le vignette si susseguono e la gabbia vede confondersi la zona scura con quella bianca in diversi punti. Un piccolo esperimento che si fa apprezzare per il suo risultato.

 Gli elementi classici si ritrovano anche nelle due successive storie a firma di Daan Jippes. Nella prima, Topolino e un corvo per amico, i disegni del maestro olandese sembrano un fiero rifacimento delle linee e delle forme di un Gottfredson maturo (era in quegli anni che il maestro di Kaysville si avviava a cessare la propria attività di cartoonist e disegnatore). Molta interazione accompagnata da gag buffe e slapstick: gli ingredienti di questo piccolo capolavoro, che non sembra essere erroneo accostare sia alle storie di Gottfredson, sia a un certo senso per l’animazione disneyana degli anni ’30-’40. Davvero un piccolo spettacolo per gli occhi. Meno improntata ai modelli classici appare invece la seconda storia, I tre porcellini e la sfida all’ultimo soffio (qui inseriti in occasione dei novant’anni dalla loro prima apparizione animata), che invece mette in mostra tutta l’iperbole umoristica del maestro olandese e che si nota per la forte dinamicità delle scene, ancora una volta assumendo una prospettiva quasi cinematografica.

 
Una scena estremamente gottfredsoniana.

 Meno entusiasmante, forse, la storia successiva, Paperi… mitici! (Seppälä/Rodriguez Peinado), che rimane molto ancorata ad un senso di banalità di alcune storie della produzione nordeuropea. Al di là della caratterizzazione quale storia in costume (qui da noi a lungo percorsa e forse fin troppo abusata), è forse l’aspetto grafico che la rende un po’ più gradevole, ma non di certo entusiasmante come le precedenti.

 Di ben altro tenore, il nuovo capitolo dai Diari di Paperone di Korhonen. La stagione dei fiori di ciliegio non solo cerca di aggiungere ulteriori tasselli alla continuity paperoniana, ma questa volta ci porta in un’ambientazione inusuale e che probabilmente Don Rosa aveva potuto solo immaginare. Paperone approda nel Giappone dell’epoca Meiji (1868-1912), dove si vede anche il senso di ostilità locale verso le influenze straniere, qui personificate dai vari Bassotti e dai costumi europei che questi indossano. Una storia molto delicata in più parti, forse più ispirata al Kwaidan di Lafcadio Hearn che non all’Ultimo samurai di Edward Zwick, ma dove sempre il fascino e il mistero della cultura nipponica si manifestano e colpiscono anche un Paperone in crescita e che ha alte ambizioni per sé. Molto posati e “normalizzati” i colori e i disegni della prima parte della storia, mentre nella seconda parte ritroviamo il tratto naif dello sceneggiatore finlandese. Ancora una volta, però, bisogna dire che il bersaglio narrativo di queste storie è centrato e offre una buona alternativa ai soliti riferimenti alla Saga.

 
Estrema sobrietà in questo nuovo capitolo dei Diari di Paperone.

 Se i Tre Porcellini compiono novanta anni, anche un altro traguardo tondo è raggiunto da due personaggi del mondo disneyano, che sono stati protagonisti anche con una propria serie negli anni ’90 e di recente ritornati al cinema in una veste tutta nuova. Stiamo parlando di Cip e Ciop, i due scoiattoli esuberanti creati dall’animatore Bill Justice nel 1943 e che qui vengono proposti in due storie (una one page story e una breve), con i disegni di Harvey Eisenberg. Se nella prima (Cip e Ciop esperti di golf) prevale l’umorismo immediato tipico delle gag pages di quegli anni (ci riferiamo a quelle di Barks), nella seconda (Paperino campione di golf) vi è una maggiore costruzione delle situazioni umoristiche, ma il meccanismo narrativo appare forse poco rodato e salta alcuni punti logici qua e là; diversamente, il comparto grafico è sicuramente apprezzabile, garantendo l’effetto slapstick e con un andamento che ricorda molto l’animazione classica.

 
Parenti serpenti?

 In continuità con i numeri precedenti, viene qui proposta un’altra storia dal prezioso volumetto Bark’s Friends. È il turno questa volta di Zio Paperone e lo sport di famiglia (Lustig/Vicar). Una storia divertente, con un piccolo appunto parentale non da poco, dove Paperone e Cuordipietra… sono imparentati (anche se alla lontana, per tranquillizzare gli ortodossi fan della continuity donrosiana). Lustig, comunque, confeziona una storia molto gradevole, dove non vi è (come in Zio Paperone e il torneo monetario) una sfida che non si risolve se non per un “cavillo”, bensì è Paperino a smascherare gli imbrogli di Cuordipietra. I disegni di Vicar sono forse quelli che più si avvicinano ai disegni di Barks, benché riescano a mescolare perfettamente gli elementi classici con alcuni guizzi personali.

 Chiude questo albo una storia forse un po’ scialba e meno interessante. Topolino e la Principessa in pericolo (Dester/Asteriti) si ricorda, come indicato anche dall’editoriale di riferimento di Davide Del Gusto, per la sua forte ispirazione al leggendario corto (e alla sua trasposizione a fumetti) Topolino Ammazzasette. Nonostante la preziosa reference, la storia convince poco e risulta essere per lo più un racconto dissonante nel suo tentativo di mettere insieme molti (forse troppi) elementi di ispirazione medievale.

 In definitiva, anche questo albo risulta ben riuscito, seppur si rilevano molte piccole “macchie” rispetto ai precedenti. Tuttavia, come già ampiamente ribadito, la giusta commistione tra storie di interesse, storie celebrative, storie riempitive viene perfettamente gestita anche dal sapiente uso degli editoriali esplicativi e dalla presenza di disegni di pregio. Insomma, la tendenza registrata sul finire dello scorso anno può dirsi definitivamente consolidata e duratura.



Voto del recensore: 4/5
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11
Topolino / Topolino 3521
« il: Martedì 23 Mag 2023, 16:14:13 »
Recensione Topolino 3521


 Può sempre capitare che in ogni nostra attività ci sia qualcosa che dimentichiamo di fare, o riflettendoci possiamo riprenderla, o abbiamo intenzione di completarla perché non finita. Una sensazione che è quasi una conferma anche su questo nuovo albo di Topolino, dove sembra si abbia a che fare con “strascichi” o “ritorni d fiamma” e “ricordi” di alcune storie che negli anni passati sono state avviate, prodotte e forse mai realmente chiuse.

 Introdotta da una luminosa copertina di Paolo Mottura (e i colori di Andrea Cagol), la storia di apertura di questo albo celebra i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni.

 Zio Paperone e il troppo vero storico (Sisti/Mottura) riprende il ciclo di storie avviato con Paperino, Qui Quo Qua e il grande gioco geniale. Anche in questo caso, la storia vede come protagonisti i Paperi in Italia, si riprende il rapporto con lo storico dell’arte Adalbecco Quagliaroli e si pone al centro l’ipotetica ricerca di un tesoro nascosto dal personaggio storico di riferimento.

 La particolarità qui, o forse la difficoltà, è quella di non avere immediatamente un simile oggetto, ma ciò non impedisce (e sarebbe stato altrimenti) i nostri dall’avviare delle ricerche. Come per la trama di Zio Paperone e il centounesimo canto, anche in questo caso a rendere le ricerche e l’immersione temporale più agevoli sono i retrocchiali, questa volta dotati non solo di auricolari, ma anche della possibilità di apparire nella vicenda storica che si sta seguendo.

 Pur tuttavia, la storia mette al centro due elementi fondamentali che permettono di identificare il personaggio storico di Manzoni: la sua vita quotidiana e la sua filosofia poetica, quella ricerca del vero storico che l’ha portato a scrivere La storia della colonna infame e I promessi sposi. In questo caso, però, Sisti gioca al suo gioco preferito, ovvero i paradossi temporali, che portano alla realizzazione di quell’ipotetico tesoro inedito che Paperone cercava dall’inizio. Storia di mera celebrazione, senza ulteriori pigli, ma gradevole nella lettura. Mottura a suo agio nelle vedute urbane e domestiche.

 
Un uso sapiente della gabbia, che introduce atmosfere degne del racconto

Chiude questo albo non un vero e proprio “strascico”, ma dal titolo, L’ombra di Ducktopia (Troisi e Artibani/D’Ippolito), si può evincere che si tratti di una “ombra lunga”, un ricordo che si riattiva, una conseguenza solo marginalizzata in origine.

 E in questo contesto sembra davvero di avere a che fare con l’isekai che già descrivemmo nell’approfondimento al termine della serie. Non vi è una vera e propria storia, dove abbondano i personaggi le situazioni di interazione: questa risulta essere quasi una “prolessi analettica”, un racconto del futuro rimanendo nel periodo passato.

 Ed effettivamente, Topolino e Pippo ritornano sulle scene dell’ultima battaglia di Ducktopia per ritrovare l’oggetto la cui ombra tiene ancora collegati i due mondi. Sono quindi gli unici due personaggi e gli unici due protagonisti. Bella e interessante l’idea, ben riflessa anche dai disegni di un D’Ippolito in forma, che usa una gabbia libera e di continua confluenza delle scene.

 Questo albo forse riporta la qualità generale ad un buon livello, dopo alcuni numeri che apparivano avere idee stanche e forse solo parzialmente salvati da alcune storie al loro interno. Ci si aspetterebbe di vedere meno momenti così lunghi di stanca, ma in un contesto come quello di un settimanale è abbastanza fisiologico.

 Tuttavia, qui troviamo buoni e vari spunti di lettura: non solo le tradizionali impostazioni delle storie “alla Topolino”, ma anche alcune innovazioni che rendono la testata sempre più aperta a soluzioni nuove, a ritorni e strascichi che interagiscono diversamente e rendono il prodotto non unidirezionalmente orientato.



Voto del recensore: 3.5/5
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Testate Regolari / Le Grandi Saghe 21 - Topolinia 20802 1
« il: Mercoledì 17 Mag 2023, 13:49:40 »
Recensione Le Grandi Saghe 21 - Topolinia 20802 1


Copertina inedita di Alessandro Perina.

 Se dovessimo considerare quante vite abbia vissuto finora Topolino, potremmo senz’altro asserire che sono almeno tre: al periodo iniziale, connotato dall’esordio in animazione e dalle strisce quotidiane di Floyd Gottfredson, dovremmo aggiungere il primo periodo italiano (dagli esordi di Topolino libretto fino alla metà degli anni ’50), il periodo del consolidamento quale “personaggio borghese” (che arriva fino all’inizio degli anni ’80) e il Topolino avventuroso e serio a partire dagli anni ’80. A queste dovremmo aggiungere due contesti, peraltro brevi, ma eccezionali dell’ultimo periodo descritto: lo sperimentalismo di Mickey Mouse Mistery Magazine (1999-2001) e il classicismo ritrovato di Topolinia 20802 (2009-2010 e 2014-2018).

 È su quest’ultimo che la proposta de Le Grandi Saghe si basa con i volumi 21, 23 (e presumibilmente il 25), e che costituisce la prima vera ristampa integrale italiana dopo l’uscita sui numeri di Topolino di quegli anni. Ma andiamo per gradi.

 
Nessuna corsa per salvare un amico in difficoltà, o una storia di vecchi ricordi: Topolinia 20802 comincia con un inserto pubblicitario…

 La saga, come ci riporta l’editoriale di Davide Del Gusto, nacque dall’intuizione felice di Fausto Vitaliano di voler riprendere il mood narrativo delle storie di Gottfredson (ed in particolare Editor-in-Grief del 1935), calarle nel contesto degli anni Duemila e operare un confronto dove le differenze si evidenziavano nettamente. Il risultato è quello di una felice storia, dove si notano numerosi particolari che la distinguono dalle usuali storie di Topolino di quel periodo.

 Vi è anzitutto un ritrovato sperimentalismo, già visto con MMMM e che costituisce il primo metro di paragone. Topolino abbandona la sua comfort zone e si trasferisce in centro città (indicato dal numero di CAP nel titolo) per cercare lavoro come giornalista presso il Topolinia Daily e acquisire quel patentino che tanto desidera, proprio dai tempi di Gottfredson. Come per Anderville, anche in questo caso il quartiere dove ci si trova si caratterizza per elementi che si muovono tra un’architettura di inizio Novecento (ben illustrata dalla doppia splash page di Marco Ghiglione) e una frenesia accelerazionista (è proprio l’aggettivo da utilizzare in questo caso) intravista dalla fine del primo decennio del ventunesimo secolo. Vi è soprattutto il contrasto tra l’ambiente classico e l’innovazione tecnologica, tra un modo di concepire la realtà in maniera più tradizionale e pacifica e la continua spinta a fare di più e in quantità elevate. Insomma, è una serie di contrasti che risultano ben riusciti e che questa serie sembra voler mettere in primo piano.

 
Il nuovo che avanza, il vecchio che comprende.

 Inoltre ci sono diverse particolarità che riescono a tenere il confronto con la serie hard-boiled di Tito Faraci. Anzitutto, lo sviluppo di una trama in cui sempre più appaiono elementi di intrigo e azione, che emergono preponderanti nella terza puntata di questa prima serie. Detto dell’architettura, è ulteriormente evidente anche la presenza di un villain, ancora una volta identificato in un ricco uomo d’affari che non tollera voci dissonanti (e qui il parallelismo con Quarto Potere di Orson Wells è ben rimarcato anche nell’editoriale d’apertura del volume). A differenza della saga poliziesca, il quartiere del Topolinia Daily risulta essere molto vicino alla periferia dove abita Topolino, benché sia necessario trasferirsi per non essere sempre in ritardo a lavoro.

 
I problemi del Quarto Potere.

 Sono poi diversi i nomi di artisti che hanno affiancato Vitaliano, Alberto Savini e Giorgio Salati: detto di Ghiglione, troviamo qui Giuseppe Dalla Santa, Lorenzo Pastrovicchio e un mai domo Casty. Un mix di matite che si muove tra l’esuberanza, il prospettivismo e il classicismo scarpiano, conferendo ulteriore vivacità alla serie.

 La fortunata riproposizione di questa saga, in maniera completa, soddisfa appieno diversi palati dei lettori: da chi la ritrova dopo vari anni, a chi la legge per la prima volta, fino a chi apprezza il trasformismo che Topolino assume ogni volta che torna al centro dei progetti redazionali. Non è un caso, poi, che questa serie abbia dato il via a progetti ulteriori che hanno saputo valorizzare il giornale e rimettere in pista un eroe troppo spesso relegato ad un ruolo di “perfetto borghese di periferia”.

 Curiosità sulla serie: Il CAP 20802 non è riscontrabile in Italia (a cercarlo bene, Google rimanda a un codice postale di San Juan in Costa Rica). Tuttavia, le prime tre cifre si ritrovano nei CAP della provincia Monza e Brianza, confermando una moda italiana di avere sempre riferimenti (anche grafici) al contesto regionale in cui lavora la redazione di Topolino; I titoli delle storie di Topolinia 20802 sono rimandi alla cinematografia e alla letteratura della prima metà Novecento. In questa prima serie, si riconosce Mr. Smith va a Washington (film di Frank Capra del 1939 con protagonista James Stewart), che connota anche il finto ruolo di “sempliciotto” che dovrebbe essere cucito addosso a Topolino. Nella seconda, invece, si riconosce Per chi suona la campana, fortunato romanzo di Ernest Hemingway del 1940. Anche i nomi dei personaggi presentano vari rimandi. Si va da riferimenti ad opere precedenti: è il caso del sig. Goldstein, probabilmente ispirato al personaggio di Emmanuel Goldstein, l’oppositore del regime nel romanzo 1984 di George Orwell; oppure a personaggi storici, come nel caso del tipografo Gutenberg; oppure connotano la natura del personaggio stesso: è il caso di Loot (bottino) Lafox (la volpe), ad indicare la scaltrezza e l’avidità del personaggio che vuole far fuori ogni voce dissonante e perciò tenta di acquisire il Topolinia Daily, oppure Charles Faster Bone (l’osso più duro), integerrimo proprietario del giornale e ispirato al protagonista di Quarto Potere. Troviamo anche un piccolo cameo di Giuseppe Tubi (Joe Piper), già ripreso in Italia da vari autori negli anni ’60 (come Bottaro, i Barosso e Missaglia) e poi di nuovo protagonista delle storie di Tito Faraci tra il 2013 e il 2018.

Voto del recensore: 4/5
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Testate Regolari / Il Club dei Supereroi 11
« il: Giovedì 11 Mag 2023, 14:28:47 »
Recensione Il Club dei Supereroi 11


Copertina inedita di Donald Soffritti.

 Dopo una serie di numeri “antologici”, il Club dei Supereroi si presenta nell’odierna veste di numero celebrativo e monotematico. Si celebrano infatti i 50 anni dall’esordio di uno dei personaggi meno conosciuti, ma più intriganti, del parterre supereroistico Disney: Paperinika, l’alias di Paperina, creata da Guido Martina nel 1973. Proprio con la storia di esordio del personaggio vuole aprirsi anche l’albo, che quindi idealmente cerca di ripercorrere la vita editoriale di Paperinika, dagli esordi fino al ritorno in pianta (quasi) stabile sulle pagine del settimanale. Idealmente, anche questa recensione seguirà quel percorso.

 Si parte quindi con Paperinika e il filo di Arianna (Martina/Cavazzano), nona storia del c.d. “ciclo del Diabolico Vendicatore”, avviato nel 1969 e portato avanti quasi esclusivamente dallo stesso autore di Carmagnola fino al 1973. La storia, ora come allora, si caratterizza per una certa vivacità dei personaggi, e al contempo per trattare in maniera sarcastica alcuni argomenti molto caldi all’epoca, come le lotte per l’uguaglianza di genere. Storia che si connota anche per una serie di gag abbastanza spassose, ma dove l’interazione tra i personaggi alle volte pare molto meccanica. Sicuramente c’è da sottolineare come il primo costume di Paperinika (in blu) ricorda molto il passaggio di colorazione di quello di Super Pippo. Si nota comunque anche la differente genealogia del personaggio rispetto alla controparte maschile: non una fortunosa (e a tratti eletta) nascita, ma quasi una frivolezza, con una motivazione non dissimile dal desiderio di rivalsa di Paperino. La storia in sé gode comunque di ottimi disegni di un Cavazzano sperimentatore dell’epoca che, pur costretto dalla gabbia fumettistica, riusciva a fornire sequenze degne di nota. Forse un classico intramontabile.

 
La genealogia del personaggio, molto semplicemente raffigurata.

 Dopo gli esordi, Paperinika apparirà in altre due storie italiane (più la frame story del Classici di Dalmasso del 1977), per poi sparire dai radar italiani, ma non rimarrà a lungo dimenticata. Approda, difatti, in Brasile e riscuote un piccolo successo che le conferisce una certa popolarità. Le sue storie, pubblicate sulla testata Margarida (che anticipava di qualche anno il modello di testata quasi prettamente al femminile, come fu Minni and company), erano estremamente apprezzate, benché lì, più che nelle storie italiane, si percepisse forse una maggiore aderenza agli stereotipi femminili. La proposizione di storie di questo tipo su questo albo era inevitabile, visto che il personaggio era intanto cresciuto. Nella prima, Paperinik e Paper Bat in “dov’è finita Paperinika”? (Faria jr./Herrero), ritroviamo proprio quegli stereotipi di cui sopra, che si accompagnano alla ricerca da parte dei due supereroi maschili in luoghi ritenuti comuni per una donzella. Storia non esaltante, e che di certo presenta solo pochissime caratteristiche supereroistiche, dove solo alcune delle sequenze rendono giustizia al personaggio. La seconda storia, Supereroissimi! Paperinika e la magia computerizzata (disegni di Atila de Carvalho), è quasi totalmente al femminile e che, se non altro, si connota per delle buone idee, forse frettolosamente esplicate, ma divertenti. I disegni sono molto stantii e risentono del tempo passato, ma il risultato non è così tragico come si potrebbe pensare.

 Dopo alcuni anni (e una piccola apparizione in un’altra storia “one shot”, ovvero Paperinik e il mistero di “Tuba Mascherata”, già vista sulle pagine di questa testata), Paperinika torna sulle pagine del settimanale italiano, con una storia dal titolo centrato: Il ritorno di Paperinika (Secchi/Mangiatordi). Una storia che non solo prova a rimettere al centro la narrazione del personaggio, ma è ricca di riferimenti proprio alla storia delle origini (come l’uso della cipria paralizzante e l’amicizia con Genialina Edison) e dove la trama svolta ha un suo buon andamento. I disegni di Mangiatordi sicuramente si apprezzano per una certa modernità, per l’uso prospettico delle sequenze nelle varie vignette e per conferire al personaggio una certa dinamicità che solo con Cavazzano era possibile vedere.

 
Sono passati 34 anni, ma le cose non sembrano essere cambiate.

 Dalla celebrazione di Paperinika si passa alla sezione delle inedite straniere, con una storia a firma di William Van Horn quale autore completo. Paperino in Pugno della Notte (il cui titolo originale è Nightmuscle, e che viene menzionato, forse per errore, in una vignetta centrale) pone le basi per una nuova identità segreta (o supereroistica, fate voi) a Paperino, quasi come accadde in Paperino aspirante supereroe, pubblicata sul primo numero del Club, e con Paperino e il Super Dinamo di Barks (benché in quella storia Paperino non assumesse un’identità differente, ma solo superpoteri). Storia che arriva da uno dei più importanti epigoni di Barks e che si caratterizza, più che per le assurde imprese, per la fortunosa e ironica conclusione delle vicende, in pieno “stile barksiano”. I disegni, comunque apprezzabili, paiono molto più morbidi e forse troppo manieristici nel loro voler emulare lo stile barksiano. È comunque una piccola storia apprezzabile per lo svolgimento e le sequenze classiche, dove l’effetto slapstick rimane comunque centrale.

 Termina su questo albo anche la seconda storia del ritorno di Darkwing Duck sulle pagine dei comics di Boom! Un finale concitato, con alcune sorprese e diverse citazioni, non solo al mondo Disney ma anche a quello pop fumettistico e cinematografico in generale. Viene qui anche annunciata la sospensione della pubblicazione delle storie di Darkwing Duck, probabilmente (azzardiamo noi) per permettere di rivedere la proposta anche alla luce delle nuove storie che stanno per uscire negli States. È anche da ricordare, qui, che le nuove storie di Doppia D verranno progressivamente riproposte per intero in volume: alla fine del mese di aprile sarà la volta di The Duck Knight Returns, la storia di esordio del ritorno già apprezzata nei numeri del Club da 4 a 7. Si deve comunque sottolineare che la proposizione di queste storie avvincenti sicuramente può fornire nuovi spunti di lettura, accanto alle tradizionali storie dei supereroi “nostrani”, per la varietà di situazioni, per i temi trattati e per dare una certa varietà di proposte. Laddove si decidesse anche di riproporre la serie fumettistica originaria di Doppia D, si avrebbe il recupero anche di prodromi necessari a questa serie e che erano parte del grande universo di Disney Adventures.

 
Parla in terza persona, proprio come nei fumetti anni 30 dei supereroi.

 L’albo propone una piccola divergenza rispetto all’ordinarietà. Le sorprese vanno sicuramente dalla destinazione monotematica (comunque apprezzabile nella sua complessità), fino alla riscoperta di piccoli tesori fumettistici, dove si rinvengono diversi riferimenti ai vari mondi. Sorprese anche inaspettate (detto della “pausa” di Darkwing Duck) e che aprono nuovi scenari sul futuro della testata. Insomma, un albo che comunque riesce a tenere un buon passo, benché un filo al di sotto dei precedenti. Va comunque sottolineato lo sforzo di voler sempre consegnare ai lettori un albo tutto sommato unico nel suo genere, e che garantisce la riscoperta di storie (soprattutto per chi vi scrive, ndr) che altrimenti non troverebbero altra collocazione.



Voto del recensore: 3/5
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Testate Regolari / Le Grandi Saghe 20 - L’Isola del Mito
« il: Martedì 9 Mag 2023, 13:02:00 »
Recensione Le Grandi Saghe 20 - L’Isola del Mito


Copertina inedita di Alessandro Perina.

 La “quarta stagione” di Zio Paperone (2000-2008, per maggiori informazioni consigliamo questo articolo), la fortunata testata Disney Italia che riproponeva storie sui Paperi a cavallo degli anni ’80 e ‘00, era stata caratterizzata dalla presenza di alcune storie a puntate di importazione estera (prevalentemente danese), che hanno destato vario interesse tra i lettori. Oltre ad alcune sparute puntate della serie Time Machine, ritroviamo la saga tedesca Abenteuer aus Onkel Dagoberts Schatzruhe (di cui furono pubblicati solo i primi cinque episodi), la serie Dragonlords (già pubblicata di recente in queste Grandi Saghe), About Donald, e L’Isola del Mito. In tutti questi casi, la proposta editoriale su una testata così prestigiosa è stata azzeccata, soprattutto per permettere un accostamento tra le nuove storie e quelle classiche o autorevoli di Barks, quale autore principale delle storie dei paperi, e quelle di Don Rosa, che solo qualche anno prima aveva visto la sua comparizione con la Saga famigerata.

 Questo accostamento, poi, non solo permetteva di evidenziare come alcuni autori o disegnatori potessero avere stili e narrative simili all’Uomo dei paperi o a chi aveva razionalizzato la vita di Paperone, ma anche permetteva di cogliere immediatamente come il personaggio si mostrasse in diverse fattezze e prospettive se calato in differenti contesti, di ambientazione e editoriali. Un esempio è dato proprio dalla saga riproposta qui per intero in unico volume, L’isola del Mito.

 Concepita dai coniugi MacGreal con il soggetto di Per Hedman e i disegni di un ormai maturo Cesar Ferioli-Pelaez, la storia narra di un’isola misteriosa, che appare all’improvviso in mezzo al mare di nebbia e sulla quale vivono (e non poteva essere diversamente) vari personaggi della mitologia. E qui la prima intuizione: l’isola ospita personaggi di diversi miti (classici, celtici, britannici, asiatici in generale) che, pur in lotta per mantenere la propria parte di isola, riescono poi a convivere pacificamente; progressivamente, la stessa isola comincia sempre più a ridursi e scomparire, connotando il principale problema della storia. Saranno proprio i nostri eroi, tra mille difficoltà, battibecchi e incomprensioni che risolveranno il problema e salveranno l’isola.

 
Piccole differenze nella storia: l’approccio immediato alle meraviglie e alla presenza di personaggi dei miti sull’isola..

 La storia in sé è ovviamente una metafora, e qui sta la seconda intuizione: la lettura dei miti, la tradizione della conoscenza e la comprensione degli stessi permettono la loro sopravvivenza; l’importante messaggio è comprensibile già dalle prime tavole, e viene completamente esternato alla fine della saga. Complessivamente parlando, la storia prova a introdurre una trama didascalica (che intende insegnare, appunto) e lo fa anche in maniera piuttosto accelerata verso il finale, quando cioè tutti i personaggi Disney sono presenti sull’Isola e la situazione comincia a precipitare notevolmente.

 Inoltre, un’ultima intuizione è data dal fatto che si tratta di una storia che potremmo definire corale per la presenza almeno dei principali personaggi delle due “famiglie” Disney, ma dove quello che avrebbe dovuto essere il protagonista iniziale, Paperone, ha finito per essere progressivamente messo sullo sfondo e considerato meramente nella sua accezione tradizionale di papero attaccato agli affari e ai beni materiali. Emergono, invece, i classici protagonisti (Topolino e Paperino), che recuperano addirittura gli alterchi originali da animazione classica e che di recente anche Paul Rudish ha riproposto nelle sue serie.

 
Uno dei primi alterchi tra Topolino e Paperino, che torneranno frequenti nella storia.

 I disegni di Ferioli-Pelaez, maestro catalano ben conosciuto anche da noi, si connotano di un certo manierismo, muovendosi tra Barks e i modelli classici dell’animazione disneyana, senza però mai strafare e soprattutto rendendo perfettamente la scena, il dinamismo della stessa e il pathos (cioè la sofferenza) che i protagonisti provano nel cercare di risolvere il problema generale.

 Il volume è infine connotato da un apparato editoriale essenziale di Davide Del Gusto, dove si ripropongono sia una ricostruzione della pubblicazione della saga, sia un interessante prospetto finale sulle diverse edizioni straniere, denotando sempre come tali saghe non solo hanno avuto diffusione e apprezzamento qui da noi, ma anche all’estero.

 In definitiva, la storia e il volume ben si prestano a questa collana. Da un lato abbiamo chiaramente un esempio di saga di recente fattura che svolge dignitosamente il suo compito di intrattenere e di descrivere la trama; dall’altro, il volume (unico, come pochi in questa collana) riesce a interessare il lettore, sia quello che aveva già letto sulla mitica serie bianca di Zio Paperone, sia chi ha deciso di recuperare ora la storia per la prima volta. Come ogni volume di questa collana, l’apparato editoriale è comunque essenziale per avere un minimo di background della produzione e della pubblicazione della saga proposta. Un buon risultato, tutto sommato.



Voto del recensore: 3.5/5
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Le altre discussioni / Re:Troppe Storie a Puntate?
« il: Lunedì 1 Mag 2023, 20:38:55 »
Beh, allora abbi anche tu un minimo di rispetto per il lavoro e le opinioni altrui, perché anche io ho sentito molto spesso critiche ingiuste quando non era necessario.

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