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Topolino / Topolino 3600
« il: Martedì 3 Dic 2024, 10:26:47 »
Recensione Topolino 3600
La copertina celebrativa del numero.
Tremilaseicento, un traguardo non d’impatto come i numeri millenari ma comunque di una certa rilevanza: 3600 non è un numero come tanti altri, è un riferimento importante nella cosmologia e numerologia babilonese, è un quadrato perfetto ed è il numero di secondi che compongono un’ora: molto più del tempo che si impiega a leggere Topolino 3600, ma molto meno del tempo necessario a scrivere questa recensione, perché non è semplice riuscire ad interpretare correttamente tutti gli spunti che vengono fuori dalla lettura di questo numero tondo, tanto sono contrastanti tra loro.
Tra gli elementi di difficile definizione di giudizio, iniziamo proprio da L’Asso di Picche, storia che presenta il ritorno di Fantomius, ma che non spicca all’interno della saga.
Il nuovo episodio del ladro gentiluomo riesce di certo ad appassionare grazie alla trama movimentata, a dialoghi chiari e un susseguirsi di eventi e di ambientazioni coinvolgenti, come ad esempio le scene nel teatro abbandonato; ma allo stesso tempo mi sembra che la trama non brilli per scorrevolezza, a causa ad esempio del frequente ripetere nel testo del fumetto quello che già si vede dal disegno.
Sì, Fantomius, lo vediamo che stai saltellando…
Resta comunque una piacevole lettura, condita dal lodevole omaggio di Marco Gervasio ad una serie classica e per certi versi fondante del fumetto italiano come Asso di Picche, serie a fumetti ideata da Mario Faustinelli e Hugo Pratt e pubblicata in Italia tra il 1945 al 1949, comunemente indicata come quella in cui il protagonista è stato il primo eroe mascherato del fumetto italiano.
La storia seguente, invece, Operazione tamarindo, del ciclo Don’t worry Bum Happy, sembrerebbe essere destinata ad un target di lettori più “maturi” per la sua struttura di storia muta con gag slapstick e riferimenti più o meno espliciti a topos caratteristici della cinematografia dei film d’azione, evidente ispirazione per la parodia in questione. Ma anche questa sembra non decollare, frenata dal tipo di narrazione impostata dall’autore (Corrado Mastantuono, ovviamente) che sembra più un esercizio di bravura (riuscito!) che il frutto della volontà di raccontare qualcosa.
Questa gag mi ha divertito parecchio!
Più tradizionale, a rischio di sembrare scontata, Zio Paperone e l’onestà pruriginosa di Giovanni Eccher e Francesco Guerrini. I momenti più interessanti della storia sono rappresentati dalla vignette in cui il disegnatore bolognese si diverte a raffigurare zio Paperone in una miriade di espressioni originali e sorprendenti, con alcune trovate e dialoghi che ci riportano il Paperone esagerato e folle che si rifà a quello di Rodolfo Cimino: imperdibile quando arriva al deposito indossando un elmo medioevale! Nulla di nuovo sotto il sole, ma una piacevole storia “classica” che soddisfa il lettore.
Favoloso!
In chiusura troviamo la storia lunga di Bruno Enna e Davide Cesarello, arrivata al quarto episodio, dove il ritmo del susseguirsi degli eventi tira un po’ il fiato con un necessario punto della situazione: le emozioni dell’episodio precedente vengono lasciate decantare in quella che è una fase di chiarimenti al lettore, forse sin troppo rivelatrice di quella che sarà la spiegazione finale della vicenda.
500 piedi passa da toni vicini alle serie televisive come X-Files e The Twilight Zone ai B-Movies anni Sessanta, mantenendo al contempo trovate e toni narrativi molto affascinanti, tra tutti quella che può essere interpretata come una vera e propria seduta di auto-analisi psicologica di Orazio, in una lunga sequenza (quasi 20 pagine) di presa di coscienza di cosa sia reale e cosa no, che lo porta a scavare nei suoi ricordi di infanzia, e a scoprire che vi sono più cose in cielo e in terra di quante non ne sogni la sua filosofia (vabbè, questa era scontata…), una trovata davvero interessante per riuscire ad inserire lo “spiegone” della trama, in una maniera che comunque non permette al lettore di staccarsi dal racconto. Questo, sommato alle puntate precedenti, stanno facendo di 500 piedi una delle storie migliori dell’anno, e che rendono i sei fascicoli che la contengono qualcosa da acquistare senza pentimenti.
Gli zii di Orazio, silenziosi, sospesi nel vuoto e con un’aura di mistero e irrealtà sono un elemento di stile eccellente all’interno della tavola.
Va poi citata la storia di chiusura-apertura del fascicolo – dipende da che verso lo si apre – che a distanza di quattro anni dalla sua prima pubblicazione in Francia e della stessa serie che esordì da noi 14 anni or sono su Topolino 2870, ripropone anche in Italia la storia di Peter David con i disegni di Claudio Sciarrone. La coppa dei fanfaroni riprende le ambientazioni del videogioco Epic Mickey, senza particolari ambizioni e con un livello di interesse appena sufficiente limitato ai disegni di Sciarrone.
E per chiudere il discorso celebrativo, un plauso alla copertina di Andrea Freccero, che riesce a rendere ottimamente Topolino in una posa non semplice con le gambe incrociate, il peso spostato sul braccio con il bastone da passeggio e la canonica tuba. Certo non scopro io Freccero, ma la spontaneità e la semplicità della postura assunte da Topolino in questo disegno non sono così scontate da ottenere, ed è giusto sottolineare quanto lo splendido risultato sia dovuto alla sua bravura!
Voto del recensore: 3.5/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2024/12/03/topolino-3600/
Ora è possibile votare anche le singole storie del fascicolo, non fate mancare il vostro contributo!
La copertina celebrativa del numero.
Tremilaseicento, un traguardo non d’impatto come i numeri millenari ma comunque di una certa rilevanza: 3600 non è un numero come tanti altri, è un riferimento importante nella cosmologia e numerologia babilonese, è un quadrato perfetto ed è il numero di secondi che compongono un’ora: molto più del tempo che si impiega a leggere Topolino 3600, ma molto meno del tempo necessario a scrivere questa recensione, perché non è semplice riuscire ad interpretare correttamente tutti gli spunti che vengono fuori dalla lettura di questo numero tondo, tanto sono contrastanti tra loro.
Tra gli elementi di difficile definizione di giudizio, iniziamo proprio da L’Asso di Picche, storia che presenta il ritorno di Fantomius, ma che non spicca all’interno della saga.
Il nuovo episodio del ladro gentiluomo riesce di certo ad appassionare grazie alla trama movimentata, a dialoghi chiari e un susseguirsi di eventi e di ambientazioni coinvolgenti, come ad esempio le scene nel teatro abbandonato; ma allo stesso tempo mi sembra che la trama non brilli per scorrevolezza, a causa ad esempio del frequente ripetere nel testo del fumetto quello che già si vede dal disegno.
Sì, Fantomius, lo vediamo che stai saltellando…
Resta comunque una piacevole lettura, condita dal lodevole omaggio di Marco Gervasio ad una serie classica e per certi versi fondante del fumetto italiano come Asso di Picche, serie a fumetti ideata da Mario Faustinelli e Hugo Pratt e pubblicata in Italia tra il 1945 al 1949, comunemente indicata come quella in cui il protagonista è stato il primo eroe mascherato del fumetto italiano.
La storia seguente, invece, Operazione tamarindo, del ciclo Don’t worry Bum Happy, sembrerebbe essere destinata ad un target di lettori più “maturi” per la sua struttura di storia muta con gag slapstick e riferimenti più o meno espliciti a topos caratteristici della cinematografia dei film d’azione, evidente ispirazione per la parodia in questione. Ma anche questa sembra non decollare, frenata dal tipo di narrazione impostata dall’autore (Corrado Mastantuono, ovviamente) che sembra più un esercizio di bravura (riuscito!) che il frutto della volontà di raccontare qualcosa.
Questa gag mi ha divertito parecchio!
Più tradizionale, a rischio di sembrare scontata, Zio Paperone e l’onestà pruriginosa di Giovanni Eccher e Francesco Guerrini. I momenti più interessanti della storia sono rappresentati dalla vignette in cui il disegnatore bolognese si diverte a raffigurare zio Paperone in una miriade di espressioni originali e sorprendenti, con alcune trovate e dialoghi che ci riportano il Paperone esagerato e folle che si rifà a quello di Rodolfo Cimino: imperdibile quando arriva al deposito indossando un elmo medioevale! Nulla di nuovo sotto il sole, ma una piacevole storia “classica” che soddisfa il lettore.
Favoloso!
In chiusura troviamo la storia lunga di Bruno Enna e Davide Cesarello, arrivata al quarto episodio, dove il ritmo del susseguirsi degli eventi tira un po’ il fiato con un necessario punto della situazione: le emozioni dell’episodio precedente vengono lasciate decantare in quella che è una fase di chiarimenti al lettore, forse sin troppo rivelatrice di quella che sarà la spiegazione finale della vicenda.
500 piedi passa da toni vicini alle serie televisive come X-Files e The Twilight Zone ai B-Movies anni Sessanta, mantenendo al contempo trovate e toni narrativi molto affascinanti, tra tutti quella che può essere interpretata come una vera e propria seduta di auto-analisi psicologica di Orazio, in una lunga sequenza (quasi 20 pagine) di presa di coscienza di cosa sia reale e cosa no, che lo porta a scavare nei suoi ricordi di infanzia, e a scoprire che vi sono più cose in cielo e in terra di quante non ne sogni la sua filosofia (vabbè, questa era scontata…), una trovata davvero interessante per riuscire ad inserire lo “spiegone” della trama, in una maniera che comunque non permette al lettore di staccarsi dal racconto. Questo, sommato alle puntate precedenti, stanno facendo di 500 piedi una delle storie migliori dell’anno, e che rendono i sei fascicoli che la contengono qualcosa da acquistare senza pentimenti.
Gli zii di Orazio, silenziosi, sospesi nel vuoto e con un’aura di mistero e irrealtà sono un elemento di stile eccellente all’interno della tavola.
Va poi citata la storia di chiusura-apertura del fascicolo – dipende da che verso lo si apre – che a distanza di quattro anni dalla sua prima pubblicazione in Francia e della stessa serie che esordì da noi 14 anni or sono su Topolino 2870, ripropone anche in Italia la storia di Peter David con i disegni di Claudio Sciarrone. La coppa dei fanfaroni riprende le ambientazioni del videogioco Epic Mickey, senza particolari ambizioni e con un livello di interesse appena sufficiente limitato ai disegni di Sciarrone.
E per chiudere il discorso celebrativo, un plauso alla copertina di Andrea Freccero, che riesce a rendere ottimamente Topolino in una posa non semplice con le gambe incrociate, il peso spostato sul braccio con il bastone da passeggio e la canonica tuba. Certo non scopro io Freccero, ma la spontaneità e la semplicità della postura assunte da Topolino in questo disegno non sono così scontate da ottenere, ed è giusto sottolineare quanto lo splendido risultato sia dovuto alla sua bravura!
Voto del recensore: 3.5/5
Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
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