Nell'82 mi coinvolse tantissimo "La storia di Marco Polo detta Il Milione", scritta assieme a Guido Martina. Due anni dopo a mandarmi in estasi fu "Pippo e i parastinchi di Olympia", proposta in versione aggiornata sul Classico dedicato all'evento a cinque cerchi, che mi fece compagnia nella consueta vacanza estiva di famiglia in camper per l'Europa. Quando, dodici mesi dopo, visitammo la Grecia e mi trovai fra i resti dell'antico stadio di Olimpia, il mio primo pensiero andò a... Pipponte! E poi le "Paperolimpiadi", le strip stories, il graduale recupero di storie più o meno vecchie e la gioia nel trovarne di nuove sul libretto... | (https://www.papersera.net/immagini/RSc10/03_01.jpg) |
(https://www.papersera.net/immagini/RSc10/03_02.jpg) | Comunque, anche con trenta primavere già sulle spalle si può provare la stessa meraviglia di un bambino posto dinanzi a qualcosa di inatteso, bellissimo ed emozionante. Sono in grado di affermarlo con certezza, perché è quello che è successo a me. Per un appassionato dei fumetti Disney e dell'opera di Alfred Hitchcock scoprire l'esistenza di una storia del genere rappresenta qualcosa di eccitante: una rivelazione così sconvolgente da avere... le vertigini!Ed è proprio con Topolino in preda ai capogiri, su una passerella ad appena mezzo metro da terra in un cantiere edile, che si apre la vicenda. Un avvio shock, fin dalle primissime tavole: non siamo abituati a vedere Mickey così vulnerabile, tanto da svenire e dover essere sorretto dall'amico Atomino Bip Bip, qui alla sua terza apparizione. Inevitabile che il pensiero corra a "La donna che visse due volte" (o meglio, in originale, "Vertigo"), uno dei film che più amo, uscito nelle sale cinematografiche nel 1958, ossia due anni prima rispetto alla pubblicazione dell'avventura. Qui il poliziotto John "Scottie" Ferguson (interpretato da James Stewart) comincia a soffrire di vertigini in seguito al trauma subito per aver visto precipitare dal tetto di un grattacielo un collega che stava cercando di salvarlo mentre, nel corso di un inseguimento, era rimasto sospeso nel vuoto, aggrappato a una grondaia. In una scena, nel tentativo di guarire dall'acrofobia che gli è stata diagnosticata, Scottie sale prima su uno sgabello e poi tre gradini di una piccola scala, ma, colto da una crisi, perde l'equilibrio, venendo sostenuto dall'amica e spasimante Midge (Barbara Bel Geddes). |
Evidente il rimando al metodo psicanalitico applicato nei confronti di Ballantyne dall'innamorata dottoressa Constance Petersen (Ingrid Bergman) insieme con il suo acuto e stravagante mentore, il dottor Brulov (Michael Chekhov). Man mano, così, essi ricostruiscono il significato dell'inquietante sogno ricorrente di John (la cui rappresentazione grafica fu affidata niente meno che a Salvador Dalì). Da notare che Hitchcock avrebbe riproposto temi freudiani nel 1964 in "Marnie", con Tippi Hedren e Sean Connery. Sia nella pellicola sia nella storia i flashback vengono mostrati in soggettiva e Scarpa, al riguardo, concepisce un'idea a dir poco geniale. Dato che l'evento traumatico è accaduto a Topolino quando non era che un pupetto di pochi mesi, lo vediamo ricostruito attraverso i suoi occhi dell'epoca, dunque con disegni infantili, dallo stile volutamente distorto e rudimentale. Seguiamo attoniti l'ingresso dalla finestra di un Gambadilegno fanciullo, il rapimento del bebè, la fuga sulla traballante due-posti a pedali guidata da una giovanissima Trudy (anche lei al debutto assoluto), il risveglio con i monelli già in possesso della collana richiesta come riscatto, l'abbandono del lattante in una casetta isolata con il biberon che finisce nel cemento fresco. Questa trovata, sviluppata lungo le quattro tavole iniziali del secondo tempo, mi ha subito entusiasmato. Ha una potenza evocativa dirompente e dona suggestioni che a ogni rilettura fanno quasi venire la pelle d'oca: alla faccia di chi sostiene che il mondo disneyano sia solo roba per bambini! | (https://www.papersera.net/immagini/RSc10/03_05.jpg) |
(https://www.papersera.net/immagini/RSc10/03_06.jpg) | Insomma, è vero che ho letto "La collana Chirikawa" solo a distanza di quarantacinque anni(!) dalla sua prima pubblicazione (e undici dopo il "sequel", "Topolino e il diario segreto di zia Topolinda" del marzo 1994), ma da allora sto cercando di recuperare e, a intervalli irregolari, mi tuffo ancora tra le sue pagine. Ogni volta assaporo nuove emozioni, mi diverto, tremo per la suspense e magari riesco a cogliere qualche prezioso dettaglio che non aveva colpito la mia attenzione. è accaduto anche prima di scrivere queste righe, e lo stesso si ripete per tante altre perle indimenticabili prodotte dalla stessa mano. Concludo manifestando la gioia di partecipare con un piccolo contributo alla rassegna paperseriana di commenti in onore di Romano Scarpa. Sono felice di constatare come il ricordo di lui e della sua opera sia vivo più che mai: anzi, nell'ultimo decennio la fama e il prestigio legati al suo nome si sono persino accresciuti. Da parte mia, non potrò mai ringraziarlo abbastanza per le tante ore liete e profonde che mi ha regalato e continua a regalarmi. |