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« Ultimo post da Claudia8 il Oggi alle 18:00:30 »
"Topolino e l'uomo di Altacraz" è una delle mie storie preferite in assoluto. Una di quelle che mi ha fatta appassionare al genere giallo e poliziesco, non solo in ambito fumettistico. Nel topic ho letto pareri contrastanti, qualcuno (magari a ragione) sosteneva che non sia una delle migliori scarpiane; per me invece è uno dei più grandi capolavori di Scarpa.
La costruzione della trama è arzigogolata, le scene si sovrappongono e gli eventi si incastrano, anche più di quanto succeda in "Topolino e la collana Chiricawa". Un meccanismo imperniato intorno alla caratterizzazione di Topolino, che a seconda di come agisce determina il ritmo di una storia poliziesca.
Premetto che quanto segue non è per dare un giudizio su quale sia il Topolino migliore, se il martiniano o lo scarpiano; faccio il paragone solo per evidenziare la maniera scarpiana di gestire i personaggi.
Topolino, lungi dall'essere infallibile nelle sue deduzioni, ha bisogno di trovare un apparecchio dentro all'imbutofono per capire il trucco della lettura delle menti. Il Topolino di Martina avrebbe dedotto tutto spontaneamente: io ho solo pensato di ordinare il cotechino, non ho telefonato, perciò qualcuno in qualche modo mi ha letto nel pensiero. E si sarebbe messo a cercare qualche strano congegno in giro per casa. Il Topolino di Scarpa invece in questa storia si mette in discussione, non fa caso inizialmente a dettagli cruciali per la soluzione del mistero. Questa debolezza, che può anche essere una pecca per il personaggio-detective, è un punto a favore del personaggio-umano, nel senso che manifesta un senso di umanità unico, accogliendo generosamente Geronimo. Eppure cade vittima del pregiudizio quando le apparenze ingannano, quando Geronimo sembra davvero colpevole e su di lui incombe lo spettro dei precedenti penali. Topolino vive un'angosciante lotta tra il pregiudizio e la bontà d'animo, intanto che il suo percorso verso casa è costellato di tanti incidenti -apparentemente casuali- mirati a distruggere l'imbutofono. Poi sul finale torna tutta la capacità di "cavarsela" tipica del personaggio-detective: la ricostruzione di ciò che è successo, la deduzione che il vero criminale tra poco si presenterà alla porta, e il trucco per strappargli una confessione. Ciò segna il recupero di doti investigative che sembrano disorientate in un caso che è piombato addosso a Topolino senza che egli se ne renda conto: un ospite di cui non sa nulla, una visita improvvisa del commissario, un furto a cui indaga perché si trova in mezzo alla faccenda, non perché abbia cercato lui l'avventura.
Geronimo è un personaggio ambiguo, diviso tra ingenuo candore e precedenti penali, tra gioia di vivere e passato pesante e buio. Una joie de vivre che trova la sua ragion d'essere nella passione per la musica e in una volontà di rendersi utile - anche se magari con effetti disastrosi. Un'ingenuità ambigua, un furto d'auto dettato solo da ignoranza (ignora cosa sia una patente) e impulsività, un'aggressività sublimata che erompe dopo la cocente delusione e che quasi costa la testa al pappagallo di Magus.
Magus non è meno ambiguo: prigioniero della sua stessa fama, schivo fino all'ossessione, maniacale collezionista e snob a livelli insopportabili. Eppure è la vittima, vittima di un furto. Ma forse Scarpa vuole suggerirci che la vera vittima, nonostante tutto, sia Geronimo.
Raramente in un fumetto Disney ho visto tanta ambiguità nel trattare i personaggi; e già solo questo fa salire questa storia nell'olimpo fumettistico, a mio parere. L'ambiguità viene anche sottolineata dall'ampio impiego di scene notturne e silhouettes nere, che impediscono fino alla fine di svelare bene l'identità di tutti i personaggi in scena, o visioni dal binocolo e scene su più piani. Come la vignetta in cui Topolino e Geronimo parlano in secondo piano, mentre in primo piano vediamo il misterioso affittuario della casa accanto che prende accordi con il padrone di casa.
Un giallo i cui pezzi si incastrano alla perfezione, condito da due elementi che ne aumentano il fascino: l'umorismo e il linguaggio. L'umorismo percorre gran parte delle scene di distensione, che servono ad inserire la vicenda nella quotidianità e a rallentare il ritmo seguendo anche i tempi logici di Topolino (che appunto qua è, quasi hitchcockianamente, l'uomo comune). L'effetto è un insieme di battute memorabili che danno linfa vitale alla narrazione a sfondo poliziesco. Il linguaggio invece impreziosce la storia con termini oggi desueti o già allora rari.
Alle scene comiche fanno da contraltare scene maggiormente movimentate, come quella spezzata a metà dalla divisione in due tempi della storia, che è una scena di inseguimento d'auto frenetico, resa molto bene dal tratto dinamico dello Scarpa del 1963.
Una storia che davvero merita di essere letta; una storia ricca d'ispirazione, con un meccanismo armonico e un messaggio molto profondo.