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Post - Nigel_de_Zoster

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Le altre discussioni / Re:Troppe Storie a Puntate?
« il: Lunedì 1 Mag 2023, 20:04:14 »
"Sulla prima parte: hai dimostrato che le storie a puntate nell'era Bertani sono di più, perché 58 in 5 anni (circa) contro 78 in 10 (sempre circa), come a dire che tra 5 anni se si mantengono su questo livello arriveremo a più di 100 storie a puntate con questo direttore (e torno a ripetere che il problema principale, almeno per me, non è la quantità, quanto se effettivamente quella determinata storia avesse bisogno oppure no di quel determinato numero di pagine, perché la stragrande maggioranza delle storie che ho avvertito durante la lettura come allungate "tanto per", sono dell'era bertaniana)."
Non ho mai voluto sottolineare che ce ne fossero di meno, perché la tendenza la sto vedendo anche io. Ma nemmeno dire che nelle gestioni precedenti non ce ne fossero, visto che è dal 1988 che sono aumentate. E per quanto riguarda la frequenza: Cavaglione in 5 anni ha avuto una frequenza pari a quella dell'epoca di Capelli (14 storie a puntate in 5 anni, e 39 storie a untate in 14 anni rispettivamente; sono circa 2,8 storie all'anno). Sul numero di pagine puoi avvertire la tendenza qui, ma anche altrove era così: storie che potevano essere scritte in appena due puntate e invece erano di 4. E la percezione è sempre soggettiva.

"Sulle vendite, si, aiuta a vendere, pare di si, che piaccia o no, ma se a me non piace non è che devo dire altrimenti, e non è che devo farmelo andare bene per forza."
E' un dato oggettivo, che difatti non puoi misurare con "a me non sta bene". Se non ti sta bene, puoi anche smettere di leggere il Topo.

"E poi dopo hai detto bene, gusti personalissimi, e qui continuare a discutere non serve, perché ognuno hai suoi. Io dell'era bertaniana non dico nemmeno che salvo poco (semmai salvo poche delle storie lunghe, e più che per le storie in se, spesso solo per l'eccessiva lunghezza, come già dissi), ma, ripeto, per gusti miei, durante l'era De Poli trovo molte più storie di mio gusto (a pagina 3 di questo topic ne ho nominate alcune, davvero poche rispetto a quante ce ne sono, senza che sto qui a fare altri esempi, tanto di miei gusti si tratta, non servirebbe a molto). Dopotutto tu mi citi Nucci che si è ripreso con Macchia Nera e la spada di ghiaccio quando io invece non sono per nulla d'accordo (buono il Bianco e il Nero, molto meno le altre), sopratutto sulla spada di ghiaccio: noiosa, incongruente, con eventi che accadevano come una "lista della spesa", senza la minima suspanse e dove tutto accade come doveva accadere senza sorprese (e io ero il primo curioso, con o senza De Vita). Per come lo scrivi pare che chi l'ha criticata è solo un nostalgico e non possa non averla apprezzata semplicemente perché non è piaciuta."
Come del resto tu: fai passare i tuoi gusti personali per opinioni oggettive, da accettare. "Questa storia non mi è piaciuta" non vuol dire "Questa storia non piace in assoluto". Oltre al fatto che sì, sono gusti personali, ma al contempo ci sono anche valutazioni obbiettive che si fanno. Se proprio dobbiamo dirla tutta, Leggenda della Spada di ghiaccio può venire dopo la prima storia e dopo il Torneo dell'Argaar. E sì, la maggior parte delle critiche lette è "non è di De Vita, è per forza brutta".

"Alla fine parli addirittura di "monnezza", denotando di non rispettare più di tanto né gli autori né i fan a cui storie di quegli anni sono piaciute, quasi a dire che invece di "monnezza" come la chiami tu oggi non viene pubblicata, quando si tratta appunto solo di gusti.
Davvero, il modo in cui scrivi fa sembrare quasi che pensi che tu abbia ragione a dire che il topo di oggi sia migliore e gli altri sbagliano nel pensare di no (quasi ti sentissi attaccato dal fatto che molti critichino le storie a puntate).
"
Vuoi che usi un'altra espressione? "Buchi nell'acqua", e sono tanti. Oltre al fatto che anche tu, come altri, ti esprimi non in termini di non apprezzare (e di nuovo i gusti personalissimi), ma di dire che quello che si fa ora è qualcosa che non deve esistere, che non può piacere, che forzatamente lo si accetta, e invece no: ci sono eccome cose valide che sono state fatte, che si apprezzano liberamente, che almeno ti portano a pensare che ci sia un netto miglioramento rispetto alle gestioni precedenti (e confronto anche io Capelli, Cavaglione, Muci e De Poli, perché le ho lette e le leggo). Quindi, ci sono cose che ora hanno un senso, e ci sono persone che le apprezzano (e non sono il solo, credimi), a prescindere dal fatto che la tua opinione soggettiva venga assurta a verità universale. Se del resto io ho la pretesa di avere ragione, tu cosa stai cercando di fare?

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Anche io fatico a trovare un'altra chiave di lettura per l'ultima storia, c'è qualcuno che l'ha trovata?

Ho letto il Classici su Doppioscherzo come un "novel", un romanzo. Del resto, non abbiamo più una frame story, ma tavole di raccordo.
A parte quel riferimento a "Doppioscherzo, che abbiamo già incontrato", non mi pare una lettura così difficile, né è da considerarsi come qualcosa che rovina la narrativa di Casty e tutto quello che si può tirare fuori come segno di fastidio personale, visto anche e considerato che finora i Classici non hanno mai avuto pretese di essere parte di continuity o altro, salvo quelli di Gervasio che ci credeva fortissimo.
La tendenza, poi, a fare questo tipo di Classici "romanzati" è partita con quello della Ziche di ottobre scorso, è passata per il Classici di Artibani (dove addirittura sono state utilizzate storie non sul personaggio) ed è arrivata a questo (e presumo sarà anche quella del Classici di Faccini di luglio). Esperimento che può far discutere, ma di certo meglio del classico (pun) "contenitore" di storie sul personaggio

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Le altre discussioni / Re:Troppe Storie a Puntate?
« il: Lunedì 1 Mag 2023, 13:25:46 »
Forse che le storie a puntate vadano affidate a chi sa maneggiare periodi narrativi così espansi, e sono d'accordo che non sono per tutti. Ma dire che sono soporifere, e basta, è quanto di più superficiale si possa dire.
Ecco, credo tu abbia centrato un punto importante della questione. Le storie a puntate ora vengono affidate a chiunque, e poco dovrebbe importare se è il direttore a chiederlo o l'autore di turno, perché il direttore avrebbe comunque la colpa di aver approvato storie soporifere come Nelle terre del nuovo mondo di Cabella delle scorse settimane, dopo aver dimostrato con il Pippon-Tiki e il viaggio nel micromondo che le storie a puntate non fanno per lui. Nucci ha sempre scritto belle autoconclusive (anche facenti parte di saghe, come Newton o l'ora del terrore), ma tra la deludente Vertigo, la banale ripresa della spada di ghiaccio e la semplicemente "ok" saga calcistica delle cento porte, quelle lunghe secondo me è meglio se le lascia perdere. Vacca ha scritto la soporifera Principe delle sabbie e l'inutilmente allungata Pianeta Ramingo, quando si è dimostrato molto più capace nelle autoconclusive come Gambadilegno e la rapina ippica o Le orripilanti bomboniere di Pico.
Sono invece stati autori "rodati" come Artibani (la saga di Nemo) o Enna (Gli evaporati) ad aver scritto le migliori storie a puntate recenti, che avevano già in passato scritto ottime storie quando non capolavori, ed è lì che si vede la bravura di un direttore che magari dovrebbe scegliere meglio a chi affidare lunghe saghe (quando non è stesso lui a coscriverla, come nella sopracitata Principe delle sabbie) o a sapere quando c'è veramente bisogno che la storia abbia un determinato numero di pagine.

Andy392 ha scritto che nel decennio DePoli ci sono state 21 storie a puntate e in nemmeno 4 anni con Bertani 18, quindi decisamente di più oggi. E vorrei anche aggiungere che molte delle storie a puntate dell'era DePoli sono facenti parte dei cicli di DoubleDuck, PK o Wizards of Mickey, come a dire che sono effettivamente le storie ad aver effettivamente bisogno di più pagine per essere raccontate ad averne di più (poi sulla qualità di WoM se ne potrebbe discutere, ma a quanto pare vende), al contrario di oggi dove persino una storia dove non succede niente come Gli Urbani Paperi va oltre le 4 puntate.

Le storie a puntate negli undici anni di gestione De Poli sono state 78 (calcoli alla mano fatti anche con INDUCKS), e in quella di Bertani finora ne abbiamo 58. Criterio di calcolo: minimo 3 puntate, minimo 40 pagine di foliazione. E come detto sopra: la politica delle storie a puntate, pur se non gradita, ha aiutato il Topo a tornare in positivo, come detto due volte da Bertani nel 2020 e nel 2021, salvo un calo nel 2022, presumo per vari vari fattori incidenti. Quindi, primo punto a favore.
Inoltre: gusti personalissimi, dove la gente è stata "drogata" con storie come quelle di PK e Doubleduck, ma ha dimenticato storie a puntate come "Molti personaggi in: la scatola misteriosa nel luogo misteriosissimo", o le storie calcistiche del 2010, 2014, 2018. Qualcosa di buono da quel periodo è uscito fuori (vedi le storie di Casty), non lo metto in dubbio, ma in 11 anni la cortina di fumo delle belle (poche) storie ha rivelato una qualità del Topo pressoché scadente. Senza parlare del periodo Muci, che è stato l'abisso.
Secondo: sono convinto anche io che non tutti siano portati per scrivere storie a puntate, ma anche vero che non puoi mettere SOLO i rodati, visto che 1) non sono dipendenti, ma autonomi, e quindi lavorano anche su altro e per/con altri; 2) anche se gli si chiede di scrivere qualcosa, hanno i loro tempi, e il settimanale va avanti nel frattempo.
E sui non rodati: Vacca comunque si è ben distinto nella Minaccia dallo spazio, dato che alla fine molti l'hanno apprezzata; Nucci magari avrà sbagliato con Vertigo, ma ha recuperato con le storie (a puntate) su Macchia Nera, e la Leggenda della Spada di Ghiaccio ovviamente non è piaciuta a quelli che "GNOOO SOLO DE VITA DEVE SCRIVERLA GNOOO", perché in realtà è una storia celebrativa della saga stessa (e il messaggio appare chiaro anche attraverso la figura del bardo), oltre al fatto che è scritta in maniera lineare, senza sfrizzi sfrazzi pazzi che praticamente ti fanno ridere una volta, ma alla seconda ti prende male.
Hai avuto anche Celoni, che ha lavorato parecchio sulla sua saga del Destino di Paperone, premiata come miglior storia lunga del 2022. Cabella si era ben distinto con Pippleton nel 2020, anche se è andato molto soft con le altre due; Enna aveva comunque tirato fuori la saga di Amelia e le sette streghe vulcaniche che offre buoni spunti anche su un personaggio molto spesso ridotto al lumicino dell'antagonismo con Paperone.
Per converso, autori rodati come Sisti non sempre hanno tenuto il passo (vedi il Centunesimo Canto, I segreti del deposito o la 24 h di Paperopoli), ma hanno ben figurato su altro (non propriamente storia a puntate, ma le due di Van Coot già danno un senso diverso, e le gradisco, nella misura in cui costruiscono pezzi di continuity e non fanno solo ammiccamenti alla Saga). Lo stesso Enna non era riuscito ad entusiasmare più di tanto con le storie su Leonardo e Raffaello, ma si sta riscoprendo proprio in quest'ultimo anno. Quindi, molto spesso non è un discorso di nome, ma di tematica, di capacità rodata o meno e di saper raccontare qualcosa. Lascio perdere Gagnor o Di Gregorio, perché non li ho digeriti manco io. Badino ha tirato fuori due stagioni di Siamo serie che si avvicinano tantissimo alle (lunghissime) storie della Ziche degli esordi.
La mia non è una difesa assoluta delle storie a puntate, ma su un settimanale come Topolino, che ha visto monnezza passare nei 18 anni precedenti di gestione, queste storie hanno già un sapore decisamente diverso. E francamente se c'è già un 75% di albi all'anno che sono validi, c'è da ben sperare.
Io poi vorrei spulciarmi il forum per capire se anche in quegli anni (e soprattutto nel 2017) la gente si lamentava delle storie a puntate, perché altrimenti possiamo bollare circa l'80% delle opinioni avverse come "irrilevanti" o "fuori luogo".

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Le altre discussioni / Re:Troppe Storie a Puntate?
« il: Domenica 30 Apr 2023, 23:38:58 »
Secondo me quello delle storie a puntate è una discussione sterile. Cioè capisco che cominciano forse a essere un pò troppe e alcune meno meritevoli (vedi la storia toscana di cabella) però la qualità generale delle storie si è indubbiamente alzata e non c'è confronto.
Oltre al fatto che non è la gestione a decidere che ci debbano essere "solo" storie a puntate (che complessivamente non superano nemmeno il 50% di ogni albo, quindi definitivamente si ha un Topo che va bene anche per quelli che vogliono solo autoconclusive), ma che molto spesso sono gli autori stessi a presentare le sceneggiature e i soggetti in puntate (e qui bisognerebbe vedere se sono state concepite 2, 3, ventordici puntate, o se siano state allungate o accorciate).
E sono d'accordo sull'aver alzato l'asticella della qualità: facendo un raffronto anche con la gestione De Poli, ho trovato alcuni anni (tipo il periodo 2009-2011) dove la maggior parte delle storie a puntate lanciate avevano comunque un'ottima qualità, ma progressivamente sono calate, arrivando al 2017 con 11 storie e appena 3-4 che potrebbero essere definite "di qualità". I cali di qualità sono inevitabili, ma almeno vedo che c'è meno concentrazione in pochi periodi dell'anno e più estensione.
E parliamo comunque di storie che vengono comunque commentate, in cui ci si immedesima e ci si chiede come va a finire: quanti si sono soffermati sulla storia di Sarda del museo di Paperopoli? Quanti sulla storia di Nucci sui doppioni di Paperoga?

Non credo si sia detto che la direzione decida per solo storie a puntate ma mi pare ovvio che venga dalla direzione il 'suggerimento' a far storie a N puntate e che ce ne debbano essere in ogni albo (o quasi...ci sarà stato un albo solo di autoconclusive credo) ...oltretutto abbiamo visto come la direzione sia spesso nei titoli di testa della storia...più input di così. MI pare assurdo pensare che a un certo punto, coincidente col cambio di direzione, gli autori si sian casualmente messi ad aumentare le tavole delle proprie sceneggiature

Che poi il motivo sia quello di vender più copie credo sia sacrosanto se ci sono problemi di vendite, ma il risultato è sotto gli occhio di tutti, comprare un topolino 'singolo' è diventato quasi inutile. Il problema di questa gestione , per me, è che ormai a puntate ci finisce 'la qualunque', storie buone, storie soporifere, avvincenti , allungate a dismisura etc etc.
Mi pare che una volta la storia a puntate fosse una storia che doveva raccontare qualcosa di più di una singola, ora spesso mi pare che la storia a puntate sia una singola allungata.

Beffardamente quello che mi manca di più è proprio una storia a 'tante' puntate................... di Casty  :rolleye:

Bertani lo disse nella live di Fisbio, penso già nel 2020: è un clima generale di sopravvivenza, ma si cerca di farlo dignitosamente. Le storie a puntate servono, e probabilmente servono a tanti, dai lettori agli autori (che magari vogliono qualcosa di più ampio respiro e con un piccolo worldbuilding... uno dei motivi per cui qui si parla e si criticano le storie a puntate, ma le autoconclusive non vengono menzionate) alla redazione (e qui è chiaro che serve per vendere, ma se è sacrosanto allora va rispettato il loro lavoro, mica si devono solo sbattere i pugni sulla tastiera dicendo "quand'ero bambino, Topolino non era così".
E il Topo ha assunto la fisionomia attuale perché si indirizza agli abbonati e ai lettori frequenti, che sanno aspettare una settimana tra una puntata e l'altra, più che ai lettori occasionali o che raramente li vedi in edicola prendere simili cose (e che in ogni caso hanno una vasta gamma di scelte nei vari vatt e testate di raccolta). Poi, c'è gente che legge i vari Marvel/DC o anche i manga, dove ci sono puntate o comunque hai archi narrativi più o meno lunghi e suddivisi in capitoli. Perché loro non si lamentano? Poi capisco la lamentela dell'ultima storia di Artibani, che ha spiazzato anche me, ma non penso sia una cosa "imposta dall'alto".
E no: la tendenza a fare storie a puntate non è partita dagli autori sotto Bertani, ma ben prima, perché progressivamente (a partire almeno dal 2000) sono sempre aumentate le storie a puntate e ci si è fatto affidamento proprio per poter vendere un giornale che altrimenti potrebbe tranquillamente fare la fine dei vari Geppo, Braccio di ferro, Prezzemolo e compagnia cantando.
Anche sulla questione soporifera non sono d'accordo: primo, perché si generalizza; secondo, perché molte storie a puntate di questa gestione (ed in particolare quelle degli ultimi 2 anni) hanno ritmi comunque sostenuti (e solo per citare le ultime, vedasi Le avventure del capitano nemo e Evaporati). Ho trovato soporifere molte autoconclusive, molte di queste sono storie che non vanno da nessuna parte, si capisce da subito tutto (anche perché per alcuni i meccanismi narrativi non sono cambiati dagli anni '90 almeno). Io seguo i GCD, e trovo molto spesso che seguire le storie di Martina (sì, lui), Pavese, Gazzarri e altri non sempre sia facile, diventi anche lì "soporifero" e non sempre ci siano quegli elementi che ti permettono di apprezzare le loro storie facilmente.
Forse che le storie a puntate vadano affidate a chi sa maneggiare periodi narrativi così espansi, e sono d'accordo che non sono per tutti. Ma dire che sono soporifere, e basta, è quanto di più superficiale si possa dire.

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Le altre discussioni / Re:Troppe Storie a Puntate?
« il: Domenica 30 Apr 2023, 20:35:20 »
Secondo me quello delle storie a puntate è una discussione sterile. Cioè capisco che cominciano forse a essere un pò troppe e alcune meno meritevoli (vedi la storia toscana di cabella) però la qualità generale delle storie si è indubbiamente alzata e non c'è confronto.
Oltre al fatto che non è la gestione a decidere che ci debbano essere "solo" storie a puntate (che complessivamente non superano nemmeno il 50% di ogni albo, quindi definitivamente si ha un Topo che va bene anche per quelli che vogliono solo autoconclusive), ma che molto spesso sono gli autori stessi a presentare le sceneggiature e i soggetti in puntate (e qui bisognerebbe vedere se sono state concepite 2, 3, ventordici puntate, o se siano state allungate o accorciate).
E sono d'accordo sull'aver alzato l'asticella della qualità: facendo un raffronto anche con la gestione De Poli, ho trovato alcuni anni (tipo il periodo 2009-2011) dove la maggior parte delle storie a puntate lanciate avevano comunque un'ottima qualità, ma progressivamente sono calate, arrivando al 2017 con 11 storie e appena 3-4 che potrebbero essere definite "di qualità". I cali di qualità sono inevitabili, ma almeno vedo che c'è meno concentrazione in pochi periodi dell'anno e più estensione.
E parliamo comunque di storie che vengono comunque commentate, in cui ci si immedesima e ci si chiede come va a finire: quanti si sono soffermati sulla storia di Sarda del museo di Paperopoli? Quanti sulla storia di Nucci sui doppioni di Paperoga?

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Topolino / Topolino 3516
« il: Giovedì 20 Apr 2023, 15:43:31 »
Recensione Topolino 3516


 La recente tendenza degli albi di Topolino vede una qualità misurata molto spesso non nella complessità delle storie, ma nel fatto che vengono rilevate piccole cose che destano attenzione. Questo numero odierno si colloca idealmente in quella scia, perché prova a sorprendere il lettore che sappia identificare quei piccoli dettagli che sorprendono e che la lettura dell’albo mette in evidenza in qualche maniera.

 
Cambia l’ambientazione, non cambia la dinamica.

 Si inizia con il primo episodio (virtualmente introdotto dalla bella copertina di Andrea Freccero con i colori di Andrea Cagol) di questa nuova storia a sfondo storico, Nelle Terre del Nuovo Mondo – Alla ricerca del pernambuco (Cabella e Raina/Picone, colore di Bonacini), storia a puntate che, come le precedenti di Sergio Cabella, mette al centro una vicenda proveniente dalle narrazioni dei viaggi e delle esplorazioni che hanno fatto la Storia. In questo caso, si ritorna alle origini delle esplorazioni europee oltreoceano e si racconta un curioso fatto che riguarda il Granducato di Toscana di inizio XVII secolo. Pur con i consueti piccoli cambi di nome (opportunamente paperizzati), l’autore genovese, coadiuvato dal docente di lettere Luca Raina (già ad alcuni noto, non solo per le sue avventure televisive, ma anche per le “pillole” sul contesto storico e sociale delle storie di Asterix e Obelix), pone le basi per una storia molto semplice, senza troppe vette e dove le dinamiche tra i personaggi si collocano al di sopra della narrazione dell’episodio storico. È comunque da apprezzare lo sforzo di voler raccontare (assieme all’editoriale successivo dello stesso Raina) tale episodio, che di per sé non ha cambiato la storia dell’umanità, ma desta comunque interesse culturale. I disegni di Picone difettano in qualche punto (si sono visti fin troppi occhi chiusi, neanche si fosse in un manga), ma conservano una giusta plasticità e mantengono una fisionomia classica. Da apprezzare anche la colorazione di Chiara Bonacini, che impreziosisce le scene con alcune macchie d’ombra, perfettamente prospettiche.

 
Pensieri intrusivi che puoi sentire.

 Si arriva al clou anche per quanto riguarda questo gradito ritorno di Siamo Serie! Stagione 2 (Badino/Ziche, colore di D’Aprile). Il parrocchetto smaltato è una buona commistione di ironia semplice e ricercata, come la trovata di usare pannelli per esprimere il pensiero del protagonista e che al contempo sono anche oggetti di scena e mezzi per raggiungere lo scopo. È un umorismo tipicamente topolinesco, ma che riesce comunque a convincere nella sua ingenuità (molte volte) e nella sua semplicità. Anche i disegni della Ziche riescono a garantire la gradevolezza delle scene, dove si inseriscono anche sequenze che rendono la suggestione televisiva. Una serie nella serie che per la seconda volta convince.

 
A chi lo dici…

 Discorso diverso, invece, per la nuova storia sulla valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale della Basilicata. Zio Paperone e la Corona Universale (Artibani/L. Pastrovicchio, chine di Frare, colore di Fornari) stupisce (e non poteva essere diversamente) sotto diversi aspetti. Anzitutto, il fatto che i protagonisti non siano più Topolino e Pippo coadiuvati dal “materano” Rock Sassi, oltre al fatto che l’ambientazione qui serve più che altro per raccontare una storia… che ha dell’incredibile. Ed ecco il secondo elemento di stupore: una storia che sembrava essere molto lineare e semplice si trasforma in un fantasy (quasi alla Lady Hawke) dove viene addirittura scomodato l’imperatore Federico II, quale originario proprietario della corona universale. Ma la sorpresa viene seguita dallo stupore nel vedere lo stesso monarca fare un discorso che potremmo definire quasi lapidario e che connota anche la fine della breve fuga del villain di turno. Si rimane abbastanza spiazzati da questa storia e forse bisogna ragionarci un po’ sopra per capire quale sia veramente il senso e il messaggio che porta, ma rimane comunque una storia gradevole e che scorre bene. Pastrovicchio connota comunque i disegni di una certa forza ed energia e, per l’occasione, recupera e adatta la celeberrima raffigurazione di Federico II all’interno del suo trattato sull’arte venatoria col falcone, e curiosamente la mantiene come se si fosse appena staccata dalla pergamena su cui si trova.

 
Un po’ troppo per un piano che poteva essere più semplice…

 Si ritorna alla “classicità” con la storia (inedita qui in Italia) Paperino e il tesoro del deposito (McGreal/Rota, colore di Egmont), ultimo lavoro prodotto dalla coppia statunitense di sceneggiatori assieme al maestro milanese, emulo di Barks. Storia che sembra scorrere linearmente, ma dove sono due gli aspetti che forse possono disturbare la lettura: da un lato, i disegni di Rota non sembrano essere andati oltre il 1967, forse volendo insistere sul concetto di “eterno presente” delle storie disneyane ma, in un albo dove si vedono comunque le innovazioni tecnologiche, certe raffigurazioni possono forse stonare; dall’altro, la trovata di Paperone di voler tornare indietro nel tempo e il conseguente artificio pianificato sembrano avere una loro vita, incastrati quasi per caso nel quadro complessivo. Nonostante tutto, la storia è gradevole e scorre bene, quasi intriga e la soluzione appare forse più in linea con alcuni autori italiani (si potrebbe citare Chendi come esempio) che non con lo stesso Barks, cui i tre si sono costantemente ispirati.

 
W. Shakespeare, Tanto rumore per nulla, 1598.

 Chiude questo albo una leggera storia di Giorgio Fontana disegnata da Lucio Leoni (colore di Martina Andonova), Pippo e il puzzle più difficile del mondo. Storia che gioca molto con una delle caratteristiche del personaggio compagno di mille avventure di Topolino, ovvero il pensiero laterale, cui si aggiunge anche un pizzico di stravaganza del parentado (e dove il meno stravagante forse è il bis-bis cugino Posidippo, ormai da considerarsi personaggio ricorrente dalla storia Pippo e il parente pedante). Storia che, come le precedenti dove compaiono i parenti pippidi, è fondata totalmente sul particolare stravagante attorno cui ruotano le varie peripezie. Leggera, senza alcuna reale pretesa e per questo un’ottima chiusura dell’albo.

 In definitiva, questo numero vede una gradevole commistione tra la leggerezza e la sorpresa delle sue storie. Di certo, non è a livello della precedente uscita, che pure portava elementi di interesse notevole, ma in questo caso si scava nella lettura e ci si confronta con quelle che sono le firme d’autore. Fondamentale, poi, il comparto grafico, che si connota sia per i tratti di alcuni autori consolidati e che ormai sono una garanzia per il Topo medesimo, sia per la colorazione e per certe sfumature che danno un notevole contributo nel renderlo molto gradevole nella lettura.



Voto del recensore: 3.5/5
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Testate Regolari / Almanacco Topolino 12
« il: Martedì 18 Apr 2023, 12:40:34 »
Recensione Almanacco Topolino 12


Siamo giunti alla fine anche di questo secondo anno di pubblicazioni di questa nuova serie di Almanacco Topolino. Lo scorso anno abbiamo visto il metaforico passaggio di consegne dal compianto Luca Boschi a Davide Del Gusto. Passaggio, certo, non facile inizialmente, ma che ha saputo trovare una dimensione ottimale già con il numero 9.

 Questo nuovo numero della testata conferma l’ottima tendenza registrata con la nuova curatela e permette anche di capire perché Almanacco Topolino è stata votata come miglior testata regolare Disney nei recenti TopoOscar del Papersera.

 Numero che stupisce già dall’inizio, con una buona serie di curiose inedite. Ma per cominciare (e senza dimenticare la copertina di Emanuele Baccinelli con i colori di Mario Perrotta, con ancora una bella ispirazione dalle copertine classiche), la storia di apertura non deriva dalle classiche di Almanacco prima serie, ma è un’inedita della (all’epoca) rinnovata testata Paperino Mese.

 Pippo e il Carnevale di Topolinia (Salvatori/Pujol) stupisce per essere anzitutto una storia con protagonisti i Topi… sul mensile dei paperi! La storia si caratterizza per una buona interazione tra i personaggi, ed in particolare tra Pippo e Nocciola, che qui recuperano il classico tormentone di pippide scetticismo circa i poteri stregoneschi di quest’ultima. Una buona interpretazione anche da parte del maestro catalano, che prova a portare espressioni degne di un film d’animazione Disney e rende vita ai personaggi della storia.

 
Un insolito Ciccio in questa inedita danese

 Pujol si ritrova anche in un’insolita interpretazione di Ciccio nella successiva storia che apre la sezione delle inedite, Ciccio e la dolce emergenza (testi di Nordberg).

 Non la solita raffigurazione di Ciccio, l’aiutante scansafatiche e pigro di Nonna Papera, ma quasi un’introspezione, che colpisce in positivo e rende il personaggio meno piatto di quel che si conosce. Tre tavole dense di dettagli, profondità di pensiero e di espressioni ritrovate (ovvero il Ciccio apparso in Just in Time for Dinner, di Karp e Taliaferro). Pujol nettamente migliorato nel tempo, e con un tratto che omaggia degnamente il mondo disneyano.

 Meno felice dal punto di vista grafico, ma intrigante come storia, la seguente Paperino e il tesoro del Doge (Kruse/Verhagen), ennesima storia Disney ambientata a Venezia, ma con risvolti avventurosi che sembrano rievocare Carl Barks.

 Tuttavia, sono diversi i punti deboli di questa storia: dallo stereotipo dell’italiano mangiatore di pasta (il sig. Tortellini, chiaramente originario di Venezia), ai disegni grossolani e forse troppo calcati nella china. Anche il colore, per quanto interessante l’esperimento di mantenere una composizione a tonalità di grigio, appare molto piatto. Una trama che intriga in molte parti, ma che fa molta fatica a portare il lettore in fondo alla storia.

 
Il ritorno di (un modesto) Lupo

 Un giallo giudiziale è quello che si presenta successivamente. Topolino e la trappola difensiva (Markstein/Petrossi) vede il ritorno come villain di Lupo, uno dei primi antagonisti di Topolino. Qui, però, sembra forse essere meno convincente che nella Valle Infernale e si serve solo di mezzucci legali per cercare di incastrare Topolino.

 Interessante però l’ambientazione della storia nella città di Brutopia, da intendere qui come omaggio alla nazione autocratica creata da Barks nel 1957. Belli anche i disegni di Petrossi, che dimostra comunque una buona osservanza dei canoni classici disneyani.

 Riprende anche la proposizione delle one pages sulle tre nipotine di Paperina. Emy, Ely, Evy – La sfida (de Graaff e Heymans/Barreira) vede anche il ritorno di Herbert, compagno di giochi di QQQ in I tre sporchi piccoli paperi di Barks (1944). Gag divertente, benché forse con una facile ironia, ma gradevole.

 Il secondo dei nuovi capitoli dei Diari di Paperone, curati da Kari Korhonen, ovvero L’oro del faraone, prova ad essere l’ennesima avventura risolutiva del papero più ricco del mondo.

 
Che l’abbia trovato veramente?

Anche in questo caso, forse la trama appare molto piatta e con buchi di trama evidenti (benché si debba considerare la stessa come una lettura rappresentativa delle pagine del diario), ma si vedono nelle sequenze delle vignette alcuni tentativi di rendere la storia in maniera cinematografica, e conferire maggiore scorrevolezza e gradevolezza. Permangono comunque i soliti problemi legati ai disegni molto piatti e non definiti di Korhonen, ma il risultato comunque rimane apprezzabile.

 Due sezioni tematiche che riportano storie frizzanti e con buone chicche. La prima viene dedicata al piccolo aiutante di Archimede, Edi, che nel corso degli anni ha assunto sempre meno la caratteristica di comparsa o “personaggio sullo sfondo” ed è diventato sempre più protagonista di storie a lui dedicate.

 Tra queste, troviamo qui quel piccolo capolavoro dei coniugi McGreal (disegni di Rota) che è Il piccolo aiutante smarrito. Storia per lo più senza dialoghi, come ricorda l’editoriale, ma che sembra essere impostata proprio come un corto cinematografico.

 Fantascientifica in ogni suo aspetto, dalla macchina che produce pozzanghere per lo spostamento temporale, fino al viaggio avanti nel tempo di Edi stesso, fino al loophole temporale in cui questo finisce e che è Archimede stesso ad anticipare nelle prime vignette della storia. Immaginifica sotto ogni punto di vista, drammatica e tenera nell’azione di Edi per cercare di sfuggire alle mille peripezie in cui finisce. Un capolavoro riscoperto.

 
Una delle scene più strazianti della storia

Nella successiva one gag page (Archimede Pitagorico – Lo scambio), Edi torna ad essere il personaggio di accompagnamento tipico delle storie di Barks, questa volta con i disegni di un altro epigono, Daan Jippes. Una tavola nel puro stile barksiano: un concentrato di ironia e situazioni equivoche. I disegni di Jippes non particolarmente esaltanti, ma efficaci nel rendere appieno la visualizzazione della vicenda.

 L’ultima sezione che chiude questo albo è dedicata a due storie sul piccolo popolo dei folletti, tema molto caro alla produzione disneyana, sia cinematografica che fumettistica (come ci ricorda l’editoriale). La prima delle due, Paperino e la fortuna in pentola (Korhonen/Branca), ha il pregio di avere dei validi disegni del maestro argentino.

 La storia in sé è molto gradevole, con un happy ending che rende giustizia sociale a Paperino. Molto insolito il comportamento di Paperone (più nelle corde di sceneggiatori italiani, come Martina o Dalmasso), mentre Gastone appare solo come mera comparsa fortunosa in questa storia. Si apprezza anche il tentativo di voler fornire dettagli ulteriori alla lore di Cornelius Coot.

 A chiudere questo albo, troviamo una S-code apparsa nella prima serie di Almanacco Topolino. Zio Paperone e i folletti giganti (soggetto di Davie, testi di Gentilini, disegni di Scarpa) si caratterizza per essere una storia divertente, ma forse molto poco logica sotto molti punti di vista, da quello narrativo fino a quello dello svolgimento di trama.

 
L’insolita fortuna che arriva a Paperino

 Forse una delle poche storie dove nella famiglia dei Paperi manca all’appello Paperino, ma dove i nipotini vengono sfruttati a dovere come spalle agili di Zio Paperone, meno come controparti nei dialoghi (un po’ troppe volte viene detta la frase “sei un bell’indovino, zio!”).

 Eccelle qui anche il colore, che molto spesso appare essere chiaro e con tonalità e sfumature a pastello. Si tratta di una storia che poteva ben figurare all’epoca nella pubblicazione collaterale di Topolino, benché oggi dimostri alcuni segni del tempo.

 Anche con questo albo, Almanacco Topolino rimane una delle migliori testate del panorama editoriale Disney attuale. Pur sempre con alti e bassi nelle storie, il risultato finale è comunque quello di un volume ben confezionato, corredato da un buon impianto editoriale e che dimostra di valere pienamente il prezzo che si paga.

 Al di là della possibile filiazione dal modello di Zio Paperone serie bianca, la testata attualmente costituisce forse un unicum di cui difficilmente ci si potrebbe privare, e che ci si augura prosperi per molti numeri.



Voto del recensore: 4.5/5
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https://www.papersera.net/wp/2023/04/18/almanacco-topolino-12/

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Le ristampe servono per integrare nuovi lettori, sennò avrai solo lettori che abbandonano e nessuno che subentra, portando alla fine del personaggio.

I lettori nuovi, se li hai fatti, sono arrivati con la PKNE prima e con la prima run di Fuoriserie poi, ma molti hanno droppato quasi subito perché non gli interessava, o si sono limitati a reperire in qualche maniera le vecchie storie, se proprio ci tenevano.
E qui si inserisce lo svenamento del Giant, che guarda caso veniva prodotto in perdita, perché più di tanti nuovi lettori non ce n'erano, evidentemente. Giant che, peraltro, è stato chiuso di recente, dopo 7 anni (del resto, sono 56+19 albi, 75 mesi di durata complessiva), quindi ripetere a breve ciclo la ristampa mi pare che sia fuori luogo, fuori budget e soprattutto non porterebbe nessuno di nuovo.
L'unico tentativo recente di dare qualcosa ai lettori che potesse farli partire da zero era in mano ad uno sceneggiatore che non conosceva nulla di PK e che ha provato (alla sua maniera) a raccontare un altro PK, ma i vecchi lettori hanno urlato e protestato affiché si ritornasse a sceneggiatori consapevoli e capaci (cioè i vecchi sceneggiatori), che si citasse di più la saga precedente e si chiudessero le vecchie trame.
Quindi, tanto nuovo non mi è sembrato, visto che anche recuperare tutta la lore della saga significa comunque dover perdere più tempo a leggere e capire che non anche a cercare (non sono le 12 Tops Stories o i Racconti attorno al fuoco: qui hai un worldbuilding suo proprio e una continuity che solo se conosci a menadito le storie precedenti puoi capire).

Come detto, fare ristampe a ciclo breve probabilmente porterebbe meno benefici di quelli che pensate. Tanto vale, se proprio si deve fare, proporre una ristampa aspettando magari il trentennale, e in ogni caso non ci si aspetti numeri giganti da una serie che è nata negli anni '90 e probabilmente ha smesso di raccontare nel 2002.

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Che non debba influire sul suo operato, d'accordo: nessun direttore che dica che un certo personaggio non gli piaccia sarebbe credibile poi. E lui ha solo precisato che è fan delle storie del Diabolico Vendicatore.
La condizione che poni mi sembra, invece, poco plausibile e mal posta: le storie di PK non sono limitate da nulla, se non dalla frequenza e dal fatto che è stato messo un unico autore, visto che probabilmente le altre disponibilità non sono emerse.
E sulle ristampe: farne ogni anno non ha senso; farne in cicli di 5, o anche 10 anni ha più senso; ma di certo non facendo la scelta del Giant, e in ogni caso nessuno al momento sente la necessità dell'ennesima ristampa di 100 e passa albi, ancora una volta. Oltre al fatto che le ristampe della PKNE escono e le ultime storie sul Topo sono state ristampate.
Farne anche un discorso in astratto e sbagliato, data la premessa.

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Testate Regolari / Re:Topolino Fuoriserie 11 - Pk, Il maestro del silenzio
« il: Mercoledì 12 Apr 2023, 22:52:25 »
(possibile ritorno sul Topo, sempre se non hai altri lettori che non gradiranno la cosa, come accadde durante la PKNE).
Non riesco a capacitarmi di tutto questo accanimento verso la PKNE, forse io l'ho percepita in modo diverso avendola letta direttamente sui volumi Deluxe, però l'ho comunque adorata e vorrei ancora vedere delle storie di PK sul topo, a costo che siano più lunghe e magari con una più vasta varietà di autori, (povero Sisti, non deve essere facile stare dietro a tutta una testata da solo) tanto me le leggerei comunque solo una volta uscite in Deluxe. Comunque non mi sembrava che con "Zona  Franca" e "Una leggendaria notte qualunque " sia andata male.
P.S: scusate la scrittura un po' veloce e messa giù così, ma sono quasi le 23.00! :)
C'è comunque da sottolineare che la PKNE era uscita a distanza di anni (12) dall'ultima storia "canonica" o in continuity (ovviamente, tralasciamo gli anni di Frittole).
1. Per chi non seguiva all'epoca la serie, era difficile ritrovarsi, capire la lore, comprendere i personaggi e le dinamiche.
2. Molti preferivano le classiche storie di Paperinik a quelle di un "Paperinik così oscuro" (cit. Di un commento letto su fb); queste apparivano spiazzanti per il lettore medio del Topo, oltre al fatto che l'occasionale al solito non sapeva dove si trovava.
3. Anche se Artibani prima e la De Poli poi dissero di voler creare storie per un pubblico non solo di vecchi appassionati, il problema rimaneva per chi non sapeva nulla delle storie precedenti (e qui tecnicamente si inseriva la pubblicazione del Giant, con tutti i problemi che sono stati evidenziati).
In sostanza, convinceva pochi, non tutti.

La riproposizione in volume, poi, venne anche incontro a quanti non volevano seguire le storie a pezzi (e probabilmente qualcuno manco si azzardava a chiedere il Topo per leggere la storia). Difettava solo la proposizione a pochi mesi dall'uscita della storia.

Ora la situazione potrebbe essere diversa, anche se qualcuno chiede che si faccia coerenza tra PK e Paperinik. Non so cosa ne verrà fuori, bisognerà solo attendere.

26
Testate Regolari / Re:Topolino Fuoriserie 11 - Pk, Il maestro del silenzio
« il: Mercoledì 12 Apr 2023, 22:15:53 »
Al netto di tutto, una persona può odiare un determinato personaggio ma proseguirne la produzione di storie se c'è un ritorno economico. Mica le storie le deve ri-leggere lui!
Datemi una sola dichiarazione, espressa dalla fonte e non filtrata da altri, in cui Bertani dice che odia PK.
In caso contrario, direi che sta cosa può finire qui, perché è oltremodo ridicola e offende la mentalità di coloro che la pronunciano.
I'll wait.

27
Testate Regolari / Re:Topolino Fuoriserie 11 - Pk, Il maestro del silenzio
« il: Mercoledì 12 Apr 2023, 16:01:20 »

Ah, nei miei sogni si partirebbe da Eldos Eidolon per finire con Tyrrel Duckard... ma temo che resteranno solo fantasticherie! Credo che Bertani non approverebbe, Tyrrel appartiene a un altro tempo  :cry:
[/quote]
Non penso che debba intervenire Bertani per dire a Sisti "sì, sta cosa si può fare" o meno.
Anzi che è stato riproposto Axel Alpha che veniva dal XXIII secolo e se ne andava a spasso per il XXI.
Bertani penso stabilisca solo se il gioco del Fuoriserie valga o meno la candela (e questo dipende sempre dalle vendite, non c'entra nulla la fesseria che Bertani odia PK, visto che nulla di tutto ciò è vero, e visto che è stato lui il primo a far continuare la pubblicazione delle storie di PK). Ma anche in quel caso, dato il suo completismo, permetterebbe o che si chiudano le ultime trame, o che si decida una nuova sede per queste storie (possibile ritorno sul Topo, sempre se non hai altri lettori che non gradiranno la cosa, come accadde durante la PKNE).

28
Anche senza il "grande evento". La mentalità da grande evento deve morire, perché le storie possono essere ben fatte e strutturate anche al di fuori di celebrazioni, ricorrenze, necessità di mettere in evidenza il prodotto.
Ma non è nemmeno necessario che ci sia una bilogia (visto che già questa run sembra essere una penta- o una esalogia di Dunya). Basta semplicemente che si sfrutti lo spazio a disposizione diversamente.
Pensare che tutto debba essere categorizzato per compartimenti stagni "perché si è sempre fatto così" è la cosa che affossa sempre i progetti, non solo nel mondo del fumetto.

29
Skippo la solita marea di lamentele inutili, fuorvianti e pretestuose su scarsità di pagine, il fatto che Bertani odi PK (e allora lo sfido a chiudere sta benedetta testata così com'è, tanto ai lettori andrebbe comunque bene urlare allo scandalo) e sul fatto che la foliazione, il formato, il singolo sceneggiatore, i disegnatori giovani (che sono gli unici che verrebbero a disegnare PK, visto che anche l'ultimo senior, Pastro, ha lasciato per motivi suoi) non vanno bene. Preferisco, al solito, parlare della storia.
Che, da un lato, almeno ha portato una trama nuova in piedi: ho grande curiosità per capire chi sia questo Ordine del Silenzio, perché conosce Xadhoom, ecc.; nonché forse finalmente si potrebbe vedere la macrotrama degli Xerbiani risolta in breve... dopo 24 anni.
Dall'altro, vedo comunque il solito appiattimento nella costruzione dei personaggi: PK non sembra neanche più lui il protagonista, ma solo quello che ci mette la faccia, quello che deve randellare perché forse troppo ignorante per parlare di massimi sistemi o forse perché ormai quel ruolo se lo è cucito addosso da quando ha preso in mano l'extransformer; Dunya non si capisce se sia un nemico o un amico, se debba essere davvero come Everett, se a questo punto la sottotrama di questa run abbia una svolta nel prossimo numero o se invece rimarrà ancora sospesa e per quanto.
Ah, un consiglio: la gente urlava (forse anche giustamente) che tra un numero e l'altro della scorsa run passassero troppi mesi. Ora che le pubblicazioni sono più regolari, il problema della scarsa foliazione, ammesso che sia effettivamente un problema (e per me non lo è, se addirittura c'è gente che vede una calibrazione), si può sempre pensare a una storia in due parti. Anche per poter capire i riferimenti da un albo all'altro bisogna rileggere il precedente; non vedo il problema ad avere 88 pagine di storia in due-tre mesi.
Ah no certo, le storie a puntate non si sono mai viste su PK, certo...

30
Topolino / Topolino 3511
« il: Martedì 14 Mar 2023, 17:36:14 »
Recensione Topolino 3511


 Delicatezza e ironia, riflessione e impatto. Potremmo recensire questo albo (partendo dalla bella copertina di Andrea Freccero per i colori di Andrea Cagol) usando questo chiasmo, e non sbaglieremmo: Topolino 3511 riesce ad avere queste caratteristiche nei fumetti pubblicati e prova ad intrecciarle diversamente in ognuna. Tutte storie comunque bilanciate pressoché perfettamente, benché si possa considerare le stesse in una sorta di ordine di importanza.

 Partiamo da una storia d’impatto e riflessione. Il mondo eclissato rievoca subito alla mente quel mood di sopravvivenza post-apocalittica nel sottosuolo che richiama un’impostazione simile a quella che troviamo in La penultima verità (1964) di Philip K. Dick, o che si riscontra anche nella cinematografia più recente come L’esercito delle 12 scimmie (1995), Il regno del fuoco (2002) o Ember – La città di luce (2008).

 Non solo sopravvivenza: Bruno Enna riesce a misurare la narrazione che si svolge in tre distinti luoghi e con un sapiente uso del flashback; non si ha mai la sensazione di essere persi, né di non comprendere lo svolgimento della storia.

 Peraltro, sembra interessante il meccanismo utilizzato nel sottosuolo per contrastare l’avanzare della nebbia e per generare elettricità laddove manca: un meccanismo che, almeno nel concept e nella raffigurazione, pare una via di mezzo tra una gabbia di Faraday e una bobina di Tesla.

 Anche il finale di puntata si delinea come interessante, rifacendosi ulteriormente alla letteratura fantascientifica (tra cui si può ricordare La nube purpurea, 1901, di Matthew Phipps Shiel) con accenni anche alla mitologia e al folklore (dato che, almeno all’apparenza, quello che si vede può essere ritenuto un luogo ad alta energia).

 
Steampunk e post-apocalissi su Topolino

 Insomma, se nella prima puntata abbiamo avuto un assaggio di un mondo post-apocalittico “usuale”, qui la narrazione cerca di spingersi più a fondo, a riprendere scenari “di base” per riscoprirli e farli apprezzare ulteriormente.

 Approntata alla riflessione, ma più delicata, appare anche la storia di Marco Bosco, disegnata da Paolo Mottura, che apre l’albo. Zio Paperone e la tartaruga di marmo, seconda storia della nuova serie I cimeli raccontano, cerca di ricorrere ad un classico espediente narrativo per offrire una sorta di insegnamento (in maniera non molto dissimile da quanto avrebbero fatto Esopo o Fedro).

 Una storia delle origini di Paperone, che lascia per un attimo da parte la continuity donrosiana e offre spunti molto gradevoli e che intrattengono, e al tempo stesso portano a riflettere. Non la solita avventura “agitata” e chiassosa, ma una vicenda delicata, posata, sia nelle trame che nei disegni di Mottura (estremamente a suo agio nel riprendere i motivi urbani e grafici di inizio Novecento).

 Una storia, peraltro, che si contraddistingue per particolari che solo un lettore calmo può cogliere appieno, come nel caso dell’indicazione per la residenza del sig. Porter. Mottura pesca anche elementi dei personaggi provenienti dall’animazione classica, come nel caso di uno dei clienti raggiunti dal giovane Paperone (rievocante un design da Silly Simphonies) e del sig. Porter (i cui tratti paiono essere una combinazione di Oswald the Rabbit e Sagebrush Sadie applicati ad un primo Gambadilegno in Steamboat Willie). Nel complesso una storia molto gradevole e che intrattiene bene.

 
Morgana indica la via a Parsifal (Excalibur di John Boorman, 1981)

 Impatta in maniera ambigua la quarta puntata de Il principe delle sabbie (Alex Bertani e Francesco Vacca/Giuseppe Facciotto). Dopo una buona preparazione della trama (con una certa curiosità circa le vicende dei diversi personaggi), in questa puntata tutto sembra accadere abbastanza di fretta, meglio: di corsa (visto che tutti paiono affrettarsi in ogni situazione).

 Si vede un generale downgrade delle interazioni tra i villains: se le ultime storie con Macchia Nera (qui in versione bianca) erano riuscite a dargli una nuova dignità, qui sembra che si sia ritornati ai livelli delle precedenti. Un esempio di ciò è la mancata meticolosità di attuare la trappola, lasciando al personaggio di Sgrinfief… il segno che Topolomeo avrebbe dovuto trovare.

 La valutazione della storia, comunque, si avrà al solto dopo l’ultima puntata. I disegni di Facciotto rimangono comunque superlativi e conferiscono una piccola preziosità alle scene.

 Enrico Faccini si propone ancora come un compiuto maestro del sorriso in questa nuova storia paperoghesca.

 Un pentolino… magico! si caratterizza per un’ottima interazione tra i personaggi, per l’assurdità delle situazioni in cui si trovano, per l’ironia che la pervade e per l’ispirazione, non tanto a storie “alla Gastone” (dove la fortuna è onnipresente), ma al mondo extradisneyano, facendo pensare ai cartoons di Michigan J. Frog, la rana canterina delle Merry Melodies, creata da Chuck Jones nel 1955, e che è emblema di situazioni che si verificano solo quando nessuno guarda, o quando toccano ad altri. Insomma, Faccini pesca sempre bene quando lancia la sua rete, e questa storia non fa eccezione.

 
Non si sentiva questa parola dal 1998

Ulteriormente riflessiva la storia che chiude questo albo. Missione telefono (Francesco Artibani/Alessandro Pastrovicchio), nuova avventura della serie Time Machine (Mis)adventures, prende in considerazione l’invenzione di Graham Bell, ma le vicende che la caratterizzano ruotano tutt’attorno a ben altro presupposto.

 Sebbene Paperino pensi che il paradosso temporale sia generato dall’aver preso la lampada a olio, il vero fulcro della storia è ancor più banale, ed è forse rivangato in numerose opere sui viaggi nel tempo come uno degli accorgimenti iniziali per evitare che si venga scoperti o si generino conseguenze di altro tipo.

 Insomma, una storia carina, ma che sembra solo dare il pretesto per narrare una vicenda e non per descrivere l’importanza dell’invenzione (come nelle precedenti storie si era cercato di fare). I disegni di Pastrovicchio Jr. sembrano comunque molto apprezzabili e ben si adattano sia al contesto narrativo, sia allo svolgimento.

 In definitiva, l’albo ha sicuramente molti spunti interessanti, che però difficilmente si colgono leggendo solo superficialmente le storie.

 La delicatezza di alcuni temi e della narrazione, l’impatto che alcune situazioni hanno sul lettore, l’ironia che rimane preponderante in un settimanale umoristico e infine la riflessione che in generale si può generare sono gli ingredienti su cui si può lavorare per alimentare la curiosità di chi legge e fornire ogni settimana qualcosa di nuovo, o quanto meno che possa essere riscoperto.

 Complessivamente, Topolino 3511 riesce a mantenersi a buoni livelli e segna il passo nella qualità media che finora la testata ha avuto.



Voto del recensore: 4/5
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