Questo topic è un'
ucronia che mi è stata ispirata da
Quel maledetto giorno del 1962. Si basa sull'ipotesi che l'autore disneyano
Federico Pedrocchi non sia morto nel mitragliamento del treno sul quale viaggiava durante la Seconda guerra mondiale ma abbia continuato la sua opera di fumettista per molti anni. Lascio ai lettori del forum il divertimento di discernere i dati storici da quelli di fantasia.
Nel generale clima di ricostruzione dopo la travagliata conclusione della Seconda guerra mondiale, nel dicembre del 1945 ripresero le pubblicazioni di
Topolino nel formato giornale. A dirigerlo fu chiamato l'allora trentottenne Federico Pedrocchi, che aveva scritto diverse tra le prime storie italiane con personaggi disneyani (una tra tutte
Paolino Paperino e il mistero di Marte) e che aveva già diretto alcune testate a fumetti della Mondadori. Come già avveniva nel periodo prebellico, il settimanale pubblicò storie americane, sia di quelle a strisce quotidiane sia di quelle concepite per i
comic book opportunamente rimontate, non tutte di produzione disneyana, e storie che erano state sceneggiate da Pedrocchi negli anni precedenti ma che erano rimaste inedite a causa prima della trasformazione di
Topolino in "
Tuffolino" per motivi censori e poi della sospensione delle pubblicazioni.
Nel 1948 Pedrocchi ricevette, nel suo ufficio di Milano, la visita di un aspirante fumettista veneziano, di nome Romano Scarpa. Questi, notando una cesura nello stile in cui erano disegnate certe storie a strisce, pensò che allo "storico" disegnatore di Topolino (che fu poi indicato come Al Levin, prima che si conoscesse il suo vero nome di Floyd Gottfredson) ne fossero subentrati altri, e si propose come tale. Pedrocchi lo smentì immediatamente mostrandogli le strisce originali ancora da tradurre, ma rimase colpito dallo spirito d'iniziativa del giovane veneziano, al punto che decise di metterlo alla prova: lo incaricò di tradurre in immagini un suo soggetto con Biancaneve e i Sette Nani che teneva nel cassetto,
Biancaneve e la fata della fonte argentata. Questa fu la prima storia di Romano Scarpa pubblicata su
Topolino giornale; molte altre ne sarebbero seguite durante gli anni, con personaggi tratti dagli altri "classici" Disney (in particolare da
Cenerentola e
La Bella Addormentata nel bosco) e abitanti di Paperopoli e Topolinia, ai quali il sodalizio Pedrocchi-Scarpa avrebbe dato nuove creazioni o identità. Ne sono esempi Paper Kid (chiaramente ispirato a Nembo Kid) in cui Paperino, rivestito di una calzamaglia rossa e di un mantello blu, ottiene dei superpoteri dopo aver mangiato delle brustoline tratte da zucche extraterrestri cresciute nel suo orto, oppure Pippo Bat, una versione
dark di Pippo che combatte il crimine nei bassifondi di Topolinia grazie ai marchingegni costruiti da suo nipote Gilberto. È opinione mai confermata che il merito della creazione di questi supereroi, che col tempo avrebbero conquistato un posto nel cuore dei lettori, sia stato anche dell'allora segretaria di redazione Elisa Penna.
Ma nel frattempo era successo anche un altro evento di fondamentale importanza: il passaggio dal formato "giornale" al formato "libretto", imposto dall'editore per potere sfruttare a pieno le rotative di
Selezione dal Reader's Digest, di cui aveva iniziato l'edizione italiana. Quest'imposizione fu mal digerita da Pedrocchi, che non amava il formato del libretto, che per lui non valorizzava adeguatamente le tavole. Per questo motivo da quel momento fu solito dirottare le sue storie e quelle tratte dai
comic book americani (tra le quali quelle del "bravo autore dei paperi", noto poi come Carl Barks) sulla testata parallela degli
Albi d'Oro, che vide le sue vendite impennarsi quando pubblicava materiale disneyano, mentre il "libretto" restò per un certo periodo sotto le aspettative.
In quel periodo si verificò un addio tra le polemiche: quello di Guido Martina, detto "il Professore", già autore di una storia dai tratti molto surreali,
Topolino e il Cobra Bianco, la cui pubblicazione era iniziata sul "giornale" ed era terminata sul "libretto". Quando Pedrocchi bocciò il soggetto di Martina per
L'Inferno di Topolino, una parodia della cantica dantesca nella quale avrebbero trovato posto gran parte dei personaggi disneyani concepiti fino a quel momento, il Professore decise d'interrompere la collaborazione con la Mondadori. Passò a scrivere storie per
Il Vittorioso, sul quale ottenne una certa popolarità la sua serie
Lo Zione d'America, in cui l'avaro miliardario Giovanni Nattani (per gli americani "Jonathan"), che aveva fatto la sua fortuna oltreoceano, costringeva lo squattrinato nipote Aldino a seguirlo nei viaggi e nelle imprese più bizzarri alla ricerca di tesori perduti; una serie in cui molti hanno voluto vedere un'influenza del rapporto tra Paperon de' Paperoni e Paperino. Fu solo dopo il 1968, col pensionamento di Pedrocchi, che tornarono ad essere pubblicati su
Topolino dei suoi soggetti disneyani, in particolare le cosiddette "grandi parodie" di classici della letteratura, della musica e del cinema, affidate per lo più alle matite di Giovan Battista Carpi; anche se tra gli appassionati rimane tuttora il rammarico dell'
Inferno di Topolino che non vide mai la luce.
Come accennato, all'età di sessant'anni, nel 1968, Pedrocchi lasciò la Mondadori e la direzione di
Topolino, che fu affidata al suo vicedirettore e collaboratore di vecchia data, Mario Gentilini. Quello di Gentilini fu più che altro un interregno, poiché dopo qualche anno passò le redini a Gaudenzio Capelli, che pur nella difficoltà di un mutato contesto socioculturale (con l'arrivo anche in Italia della televisione a colori e l'esplosione dei canali privati, molti dei quali trasmettevano inedite serie animate con cui catturavano l'attenzione del pubblico più giovane), riuscì a portare il settimanale a tirature record, anche grazie alla mossa di allegargli dei gadget. Nuove storie scritte da Pedrocchi continuarono a comparire anche negli anni successivi: l'ultima, scritta alla ragguardevole età di 87 anni, fu una storia corale pubblicata in occasione delle Olimpiadi di Atlanta del 1996, che vide ancora Romano Scarpa ai disegni.
Federico Pedrocchi morì nella sua casa di Castiglione Olona, in provincia di Varese, il 20 gennaio 2000, all'età di 92 anni. Gli sono stati intitolati una piazza in un'area di nuova urbanizzazione a Roma e il Museo del Fumetto di Lucca.