Concordo sostanzialmente con quanto scritto qui sopra da Photomas, solo una cosa però non mi ha convinto della gagnoriana: perché Nonno Bassotto ad un certo punto decide, per realizzare un certo obiettivo (che non specifico per non fare spoiler), che è meglio interrompere la fuga e costituirsi, per poi evadere? Tanto valeva rimanere liberi ed andare direttamente nel posto che interessa...
... Umorismo slapstick?
Io l'ho vista come una gag messa lì tra le altre, giusto per aumentare il livello di follia della storia.
Anch'io ho inteso la circostanza dell'arresto della banda (non necessario in sé per il proseguimento della storia, nella fattispecie di questo racconto) come un modo per strappare una risata per mezzo di un rapidissimo ed inatteso capovolgimento delle intenzioni del Nonno nel suo piano di fuga, celermente passato in secondo piano.
Così come sono d'accordo nel giudicare questa vicenda la migliore del numero: fresca, vivace, simpatica, condita da un umorismo che mi ha saputo far divertire o quantomeno sorridere praticamente per ogni battuta che ho trovato disseminata nel cammino della storia e ciò non mi accade spesso.
Per cui, complimenti a Gagnor per la freschezza e la gradevolezza di questo racconto, che si conclude in maniera niente affatto banale e con una chiosa di stampo familiare che non dà per nulla la sensazione di essere "buttata" lì giusto per fare del sentimentalismo spicciolo ma che, al contrario, riesce a tirare le fila della vicenda in modo coeso con quello che è il caposaldo su cui poggia il codice di comportamento della banda Bassotti.
Alla simpatia e al tono allegro e scanzonato della storia contribuiscono anche i disegni di un Nicola Tosolini che adoro in questo tipo di racconti di stampo marcatamente umoristico.
Allargando la visione del mio commento ad un contesto di insieme del numero, posso altrettanto dire che anche le altre vicende raccontate questa settimana mi sono piaciute non poco.
La storia di Bosco/Cavazzano l'ho trovata anche questa molto, molto graziosa e ben riuscita.
L'impianto è classico, nella già arcinota ambientazione dei "tempi del Klondike" di un giovane Scrooge alle prese con i suoi tentativi di "sfondare" nel mondo degli affari, ma viene narrata in un modo così fluido e gradevole tale da avermela fatto gustare per tutto il tempo della lettura.
I disegni di Cavazzano che accompagnano la sceneggiatura di Marco Bosco penso siano sublimi e mi hanno restituito un ulteriore motivo di piacere nel leggerla.
La storia del principe Topolomeo, poi, in questo secondo episodio mi è risultata decisamente più interessante della puntata di avvio, rendendomi più partecipe della vicenda narrata, delle azioni dei suoi personaggi e lasciandomi con una buona dose di intrigo per il suo prosieguo.
Inoltre, questa seconda parte (a differenza della prima) l'ho trovata più ispirata dal punto di vista umoristico, con delle situazioni comiche che ho letto con piacere e ciò ha giocato un ruolo abbastanza significativo nell'innalzamento del mio coinvolgimento e del mio grado di interesse per la storia del "principe delle sabbie".
Aggiungo inoltre che non leggevo una ten-pages di produzione danese così piacevole come quella dei McGreal e di Marco Rota di questo numero da diverso tempo a questa parte e ciò mi ha reso contento.
Si tratta di una storia che, per quanto semplice in sé, presenta diversi elementi e personaggi nuovi solo apparentemente slegati tra loro ma che vengono non solo ben caratterizzati nel proprio ruolo all'interno della narrazione ma che si ritrovano inoltre, alla fine della storia, tutti ben incastrati (come tessere di un mosaico) nella felice cornice che chiude questo simpatico racconto che vede Paperino alle prese con uno dei suoi tanti lavori.
Chiude il numero una storia firmata da un autore completo (Sergio Cabella, al ritorno ad una vicenda disneyana da lui interamente curata dopo parecchi anni trascorsi dall'ultima volta) che ho trovato graziosa e che mi ha ispirato simpatia.
Non si tratta certo di una storia particolarmente memorabile se non fosse per il fatto che mette in scena una "strana coppia'' di personaggi quale quella dell'inventore paperopolese in compagnia del bizzarro misantropo, ma l'ho letta comunque con molto piacere e mi ha restituito del buonumore e della leggerezza (non frivola) che ho gustato.
Al netto di ciò, ho trovato un pelo allungato il finale perché penso che avrebbe reso meglio chiuderla senza l'ultima tavola (che mi è parsa abbastanza superflua) ma questo non inficia comunque la bontà della storia, che rimane.
Insomma, un numero che ho apprezzato in ogni sua storia contenuta e che è introdotto da una copertina semplicemente meravigliosa per l'espressività e la bellezza del disegno di D'Ippolito (con i colori di Andrea Cagol) e del quale voglio fare una menzione di merito anche per il divertente "Che Aria Tira" a tema carnevalesco (che mi ha strappato una bella risata) e per la one-page finale di Alessio Coppola, con la classica simpatia e il
sense of humour abilmente condensato in una sola tavola cui l'autore romano ci ha felicemente abituato da diverso tempo a questa parte!