Recensione Topolino 3625
Topolino 3625
segna il ritorno di Pippo Novecento, che campeggia assieme a tutti gli altri protagonisti della
rentrée nell’immagine di copertina.
L’inconfondibile, iconico tratto di Giorgio Cavazzano preannuncia ai lettori la storia di apertura dell’albo, intitolata
Le altre storie di Pippo Novecento. Nata da un soggetto di
Alessandro Baricco, tradotto in sceneggiatura da
Tito Faraci, la narrazione prende vita grazie all’arte di
Giorgio Cavazzano, con le chine di
Alessandro Zemolin, e si sviluppa in 42 tavole, distribuite fra
primo (20 tavole) e
secondo tempo (22 tavole):
tale rara concentrazione di artisti di alto livello riporta sulle pagine di Topolino, a distanza di quasi venti anni della prima trasposizione a fumetti datata maggio 2008,
il monologo teatrale scritto da Alessandro Baricco, delle avventure di Pippo
Novecento. L’assoluta novità, rispetto al passato, è la partecipazione straordinaria di
James Joystick, evidente e chiaro richiamo a uno dei maggiori protagonisti della letteratura del secolo scorso, presentato ai lettori sin dalla copertina del numero.

Tranquilla Trudy, non è una vecchia fiamma di Gamba!
Il meraviglioso tratto del Maestro veneziano, che già si preannuncia nelle suggestive matite che introducono la storia,
una colorazione di gran fascino, arricchita da una meravigliosa ombreggiatura, e
l’unicità dell’atmosfera d’antan, ricostruita dallo svilupparsi delle vignette:
tutto ciò concorre a calare i lettori in una dimensione magica e rende la storia di godibile fruizione.
Eppure, sempre partendo dal presupposto di condividere in leggerezza il parere di semplice appassionato,
la lettura e rilettura della storia mi ha suscitato sensazioni un poco controverse.
C’è qualcosa infatti che non convince appieno nell’impianto, nonostante i numerosi spunti interessanti, a partire dalle citazioni e dai rimandi all’opera di James Joyce, intellettualmente assai appaganti.
Ci si può, peraltro, legittimamente domandare quanto simile colto esercizio possa essere compreso dai lettori più giovani.
Sarebbe forse stata utile una nota di commento al termine della storia, una sorta di postfazione per aiutare i lettori di ogni età che non conoscono Joyce a individuare le diffuse citazioni sparse tra i
balloon.

Un atteggiamento un po’ troppo spudorato
Il difetto maggiore della storia, però, è il suo svilupparsi in maniera tutto sommato scontata. Sin dall’inizio individuiamo i due antagonisti, interpretati da Gambadilegno e Trudy, cattivi in incognito che recitano un gioco di finzione sin troppo palese, e che – immancabilmente – alla fine arriveranno a concretizzare il proprio piano criminoso, palesemente annunciato, sempre che Pippo Novecento e Topolino, partner di note musicali e di avventure nelle traversate oceaniche, non riescano a vanificarne
in extremis i loschi propositi.
Nel mezzo,
i dubbi di un James Joyce a fumetti che, in cerca di una perduta ispirazione, finisce con l’essere involontariamente ‘guidato’ dalla meravigliosa, tenera e disarmante ingenua spiazzante logica di Pippo Novecento. E che, al momento giusto, saprà trovare non solo l’ispirazione ma anche la giusta lucidità per aiutare i due nuovi amici conosciuti nella traversata a trarsi d’impaccio.
In conclusione: da sempre affascinato da Cavazzano, ho senz’altro seguito lo sviluppo della trama ma
mi sono principalmente – e piacevolmente – perso nell’ammirare le espressioni dei personaggi (Pippo Novecento in primis), i dettagli, le vignette che raffigurano, visto da più angolazioni, il piroscafo che solca le onde o gli ambienti esterni e interni del transatlantico. Insomma, più di ogni altro aspetto è stata l’atmosfera suscitata dalle tavole in cui si sono mossi i personaggi, tratteggiati da soggetto e sceneggiatura della storia, ad avermi affascinato.

Vignette da ammirare[/size][/i]
Ciò premesso, non risulterà sorprendente quanto sto per scrivere, nel menzionare quella che – sempre a mio modesto avviso – è la storia più gratificante di
Topolino 3625: si tratta, come illustra la scheda introduttiva di Stefano Petruccelli, del terzo capitolo dei racconti di
Re Gambadilegno, ex sovrano di Ducktopia ormai in disgrazia e in catene nel penitenziario dell’Isola di corallo. Ne
La corona di ghiaccio,
Gambadilegno rievoca con gli agenti di custodia della prigione una gelida avventura che lo ha visto coinvolto nel regno di Ducktopia quando, suo malgrado, ha dovuto sottostare all’obbligo di celebrare una cerimonia ardua e soprattutto gelida, con ghiacciai da scalare “a mani nude, senza scarponi, corde o rampini”, delicati fiori di ghiaccio da cogliere e intrecciare prima della loro irrimediabile liquefazione e sottili, fragilissimi glaciali ponti da attraversare.

La potenza di una tavola
La storia, ottimamente scritta da
Francesco Artibani e
Licia Troisi,
è godibile, dinamica, avvincente e ricca di sorprese e si avvale di scelte stilistiche molto appaganti: i disegni di
Lorenzo Pastrovicchio (con le chine di
Michela Frare), che ha curato anche la colorazione, calano i lettori nel mondo fatato di Ducktopia in maniera coinvolgente e talvolta spiazzante, come si apprezza a pagina 82, con un unico disegno a tutta pagina che segue il percorso di Re Gambadilegno, istruito dal consigliere Fiorenzo sui suoi doveri di sovrano mentre passeggia nel palazzo reale, e supera la canonica suddivisione della gabbia 2×3. Analogo concetto, ma stavolta
con primato alla rappresentazione del paesaggio, lo troviamo a pagina 99, dove è raffigurato a tutta pagina lo sconvolgente scioglimento di un ghiacciaio, effetto non voluto delle avventate azioni di Gambadilegno.
Chiude il numero la storia
Zio Paperone e le vendite impossibili, di produzione danese – soggetto e sceneggiatura sono di
Gorm Transgaard – ma tratto italiano, disegnata da
Andrea Ferraris: la vicenda si basa su premesse narrative convenzionali ma si dipana secondo uno sviluppo sicuramente divertente.
Il lettore sa dove approderà il racconto ma il piacere di sfogliare le pagine, una dopo l’altra, per scoprire le trovate dello Zione,
si mantiene costante sino all’epilogo della vicenda.
Qualche accenno sulla trama: Paperone viene espulso dal Club dei Miliardari per fraintese millanterie di eccezionali abilità commerciali, ritenute iperboliche oltre il credibile e il ragionevole e dunque false, tali da meritare la cacciata con ignominia dal circolo degli iper-ricchi. Ne conseguono tragiche ricadute reputazionali, con severe conseguenze economiche e finanziarie, che Paperone potrà annullare solo dimostrando di poter davvero vendere sabbia nel deserto, ghiaccio al Polo Sud e cioccolatini sul pianeta Marte. Apparentemente impossibile. Eppure…

Benvenuti, ma non troppo[/size][/i]
In conclusione, cito l’ultima e più breve storia dell’albo, in effetti seconda nella sequenza delle pagine, scritta da
Vito Stabile e disegnata da
Alessio Coppola:
Zio Paperone e il cartello definitivo è una simpatica variazione in 10 tavole sul tema dell’inaccessibilità del Deposito che sviluppa un elemento narrativo tradizionalmente presente nelle storie dei paperi – ovvero i numerosi cartelli minatori e dissuasori collocati nei pressi del deposito – ma di rado valorizzato sino a divenire il protagonista della trama.
In conclusione, il voto complessivo del numero:
i contributi di primissimo livello alle storie dell’albo, sia nella scrittura che nel disegno,
fanno meritare 4 stelle piene a Topolino 3625.
Voto del recensore:
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