I Grandi Classici Disney 342

25 APR 2015
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Continua con successo la strategia di riproporre in apertura un classico degli anni Novanta, in questo caso Zio Paperone e la minaccia spaziale, che vede alle prese con Ok Quack, per la prima volta, un Fabio Michelini in forma smagliante, che abbina il consueto “paradossale filosofico” ad ottimi dialoghi in cui non mancano stilemi ciminiani, supportato come sempre dal Cavazzano “neoclassico”, quello delle grandi prove con Mezzavilla, Corteggiani e – di lì a poco – Tito Faraci.
Dopo una (per fortuna) brevissima riempitiva pessimamente illustrata, si torna a volare con un impagabile classico ciminiano, Zio Paperone e la “copia” prodiga, che approfondisce il tema del “doppio” affidandosi ad un Romano Scarpa forse al suo massimo splendore espressivo (almeno nelle storie con i Paperi).
Delle due brevi successive menzioniamo giusto la prima, nobilitata da un riuscito Josè Carioca, per passare ad un altro “piatto forte”: la tesissima Paperino e il Cangaceiro, vero e proprio libro della giungla scritto in portoghese maccheronico da un Guido Martina (perché di lui certamente si tratta) vulcanico e brillante, in perfetta simbiosi con l’ancora acerbo ma già inconfondibile G. B. Carpi.

Originale, e particolarmente ispirata nei dialoghi, anche la storia seguente, Paperino e la scalogna rientrata, opera del miglior Dalmasso e di un Luciano Capitanio (che lo stesso Boschi definisce “un po’ frettoloso”) chiaramente debitore di Al Taliaferro.
Taliaferro che ritorna in Paperino e la muchacha messicana, rimontaggio purtroppo un po’ approssimativo di strisce dell’agosto ’51, stesso anno in cui viene pubblicato in Italia il capolavoro assoluto che chiude la sezione: Paperino nel tempo che fu, fantasioso viaggio nel passato in cui Barks dà il meglio di sé in quella che è anzitutto una prova grafica di eccezionale bellezza.
Dopo un anonimo delirio che presenta un Pippo decisamente piatto, troviamo in terzultima e ultima posizione due storie comiche con Paperino alle prese con un cugino importuno; fra le due sembra un po’ stonare la scelta della storia del ’98 Sgrizzo e la plusrosa magna, che pur ben avviata con uno spunto “pirandelliano” e con un’ottima prova di Freccero su Sgrizzo mostra una certa prevedibilità di situazioni e battute a fronte dell’irresistibile magistero chendiano nella gestione concisa e fulminante dei tempi comici in Paperino e il cugino burlone, accompagnata dalla consueta ironia bottariana.

Infine, quasi a voler tracciare un parallelo (benché fuori tempo massimo) con i numeri 243 e 253, troviamo Topolino e l’incredibile mondo tic tac, secondo capitolo della saga di Pacuvio, vetta incontestabile della fantasia di Michelini, piena di situazioni paradossali perfettamente inanellate e magistralmente rese da un Luciano Gatto anch’egli al suo apice.
Il numero conferma insomma l’ottima media di questi anni, con storie memorabili intervallate purtroppo da scelte a volte inspiegabili che un po’ tradiscono la filosofia della testata.

Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.