Le interviste del Papersera – Roberto Gagnor

30 MAR 2017

Roberto Gagnor con (e davanti) la copertina del primo numero de “L’altro topo”.

Papersera: Roberto, innanzitutto ti ringraziamo per aver accolto l’invito a questa chiacchierata informale, è sempre un piacere poter dialogare con gli Autori che scrivono o disegnano storie Disney. Iniziamo subito l’intervista puntando l’attenzione su L’Altro Topo, novità editoriale molto interessante che – fors’anche sorprendendo chi immaginava una ristampa su una testata tipo la Definitive Collection – ha esordito riproponendo il primo ciclo di storie de “La storia dell’Arte di Topolino”. Cosa puoi svelarci intorno a questa scelta editoriale e come hai accolto il progetto?
Roberto Gagnor: Grazie a voi, piacere mio! Be’, fin dall’inizio c’era l’idea di creare un ciclo poi raccoglibile in una forma editoriale unica. Poi, Valentina De Poli, Davide Catenacci e Gabriella Valera, che non ringrazierò mai abbastanza, hanno voluto riunirle addirittura per il primo numero di una nuova collana, cosa che mi fa molto piacere: è così che volevo vedere queste storie, tutte e otto insieme, come le ho pensate. Valentina e Davide mi hanno sempre seguito e aiutato, e Gabriella (colonna della redazione e laureata in storia dell’Arte) ha preparato dei redazionali ottimi. Per cui sono molto felice di questo Altro Topo!

P: Immaginiamo avrai già risposto parecchie volte a domande come la prossima, ma capirai che non possiamo esimerci dal rivolgertela. Fin dagli esordi della tua carriera hai scritto storie “in costume” ambientate in periodi più o meno remoti nel tempo con protagonisti tanti simpatici personaggi, da Paperogate di Creta al cinese Ci-cioh, passando per Paperetto Canaletto, Pippus Cantorius e tanti altri: come è nata l’idea di fare un passo ulteriore e adattare questo tipo di storie a veicolo di divulgazione? Potremmo, ad esempio, ritenere che “Topolino e il surreale viaggio nel destino” sia una sorta di “precursore” del ciclo sulla storia dell’Arte, oppure l’idea di quel format l’hai sviluppata dopo?

Vignetta a tutta pagina da “Topolino e il surreale viaggio nel destino”, con le visioni di Dalì in chiave Disney.

RG: Esatto, quella storia è stata l’inizio di tutto: nell’estate del 2010, appena saputo che ci sarebbe stata una mostra a Milano su Dalì – con molte opere tratte dal suo lavoro preparatorio su “Destino” (il corto su cui Dalì e Disney lavorarono insieme nel 1946, prima abbandonato per motivi di budget, poi completato nel 2003) – proposi la storia alla redazione: lavorammo tutti al galoppo e per settembre uscì la storia, con un lavoro eccezionale del Maestro Giorgio Cavazzano. Essendo io da sempre appassionato d’arte, proposi la serie a Davide e Valentina… e mi misi subito al lavoro!

P: Soffermiamoci ancora un momento sulla finalità didascalica di tante tue storie: la tua specifica formazione personale ti ha agevolato o basta anche l’essere semplicemente appassionati della materia per poter elaborare buone sceneggiature?
RG: Tutte e due le cose: da una parte, ho sempre amato l’arte, come dicevo: non solo sono un disegnatore fallito (eh, eh), ma fin da piccolo i miei genitori (anche loro da ringraziare in perpetuo) mi portavano in giro per musei. A cinque anni ho visto la Collezione Thyssen-Bornemisza a Lugano (ora è a Madrid, se non sbaglio) e pur capendo poco, mi ricordo i colori dei Gauguin. Poi ho fatto qualche esame di Arte Contemporanea a Scienze della Comunicazione e ho amato i surrealisti e i dadaisti; e viaggiando spesso, per lavoro e per piacere (siano benedetti i voli low-cost!) ho gironzolato per musei: la Tate Modern e la National Gallery a Londra, il Pergamonmuseum a Berlino… insomma, ci vuole passione, formazione e… voglia di studiare: in questo primo ciclo ho scelto artisti o correnti che conoscevo bene, ma in quelle del secondo ciclo ho dovuto documentarmi un po’!

P: Leggendo le tue storie dell’Arte si percepisce nettamente che il loro punto di forza sia la capacità di bilanciare gli aspetti più prettamente comici con l’intento divulgativo, dunque si ride ma a fine lettura si ha sempre la consapevolezza di aver imparato qualcosa di nuovo. Questa formula, stando al successo di queste storie, sicuramente funziona: quanto vi hai lavorato prima di trovare la giusta impostazione?
RG: In realtà è un impianto che non mi ha richiesto molto lavoro. Non perché io sia particolarmente capace, ma perché il gusto della citazione e della divulgazione è una cosa che mi piace molto, e lo metto un po’ ovunque. Però mi viene naturale accompagnarlo alla parodia. Fin dal liceo mi piaceva imparare qualcosa, ma allo stesso tempo riderci su. Che è poi quello che fa Topolino, in generale: insegnare qualcosa (da un lessico più “alto” all’attenzione all’ambiente, tanto per fare due esempi) ma col sorriso, con l’intrattenimento.

Topolino spiga gli intendimenti dietro la serie “La storia dell’arte di Topolino”, ma vale anche per molte altre storie.

P: Con Zio Paperone e l’avventura dell’Arte futura sembrava concluso il ciclo di otto storie, uscite tutte tra dicembre 2011 e gennaio 2012 su altrettanti numeri consecutivi di Topolino: la bella vignetta a pagina intera della terz’ultima tavola in un certo qual senso “riassume” i primi episodi e trasmette al lettore una sensazione di “compiutezza” del lavoro, anche se la battuta finale di Paperino (“E così… tutto ricomincia!”) poteva precludere ad ulteriori sviluppi, come infatti accadde con Peggy Duckenheim e le tovaglie astratte uscita ad ottobre dello stesso anno. Era, dunque, tua intenzione originaria concludere il ciclo o sapevi già che, prima o poi, saresti ritornato su queste tematiche?
RG: Volevo chiudere il ciclo in ogni caso, perché ai tempi non avevo ancora avuto il via per il secondo: però sapevo che avrei voluto tornarci. Anzi, avrei idee anche per un terzo ciclo! Ma non subito, o diventerei “quello che fa le storie dell’arte” e basta.

P: A livello grafico le prime otto storie contenute nel nuovo volume sono equamente suddivise, quattro per ciascuno, tra Vitale Mangiatordi e Paolo De Lorenzi: come si è sviluppata la vostra collaborazione e che difficoltà hai incontrato, se ne hai incontrate, nel trasmettere le tue intuizioni, considerata l’importanza che l’approccio grafico riveste in storie del genere?
RG: Sia Vitale che Paolo sono stati eccezionali. Anzi, credo che con queste storie i lettori si siano resi conto di quanto siano bravi loro nel primo ciclo, e Stefano Zanchi nel secondo. Non ho avuto difficoltà con loro: ho fornito a tutti i disegnatori un bell’apparato di immagini e riferimenti iconografici, e l’editing di Davide Catenacci ha fatto il resto. Tra l’altro, credo che ai disegnatori piaccia essere “sfidati”. Trovare storie che li mettano alla prova, fuori dai canoni del loro disegno, dalle comfort zone che sia io che loro abbiamo. Fatichiamo di più, ma ci divertiamo di più, e credo che questo si senta, anche per il lettore.

Topolin Murat, durante la campagna di Napoleone in Italia, alla scoperta dei tesori di Pompei.

P: Nel maggio del 2015, a distanza di quasi tre anni dall’ultima storia pubblicata, Topolino propone l’atteso ritorno del ciclo con “Topolin Murat e i misteri di Pompei”, cui seguiranno a ruota altri due episodi pubblicati nello stesso mese, un altro periodo di attesa di più di un anno per “Paperaggio e l’arte dei Ricchiscalchi” e infine altri (ad oggi) quattro episodi consecutivi. Puoi anticiparci qualcosa sui prossimi sviluppi della serie?
RG: In realtà la serie finisce nel numero 3201 con un’ultima storia (finisco sempre per fare 8+1!) extra, disegnata meravigliosamente da Stefano Intini. La storia è partita dall’idea dei Monuments Men (soldati americani e inglesi, ma anche studiosi italiani ed europei, che salvarono dalle devastazioni della II Guerra Mondiale e dalle depredazioni di nazisti e sovietici tantissime opere d’arte italiane e non), ma ha preso una piega… futuristica! L’uscita “a singhiozzo” è dovuta ai miei tempi, oltre che a quelli tecnici di disegno e editing: tra le varie storie dell’Arte ho lavorato a cose Disney e a cose extra-fumetto.

P: L’occasione di questa chiacchierata ci ha portato a ricordare un po’ tutte le tue “storie dell’arte”, dunque anche quelle uscite dopo i primi episodi oggi riproposti ne L’Altro Topo: è fin troppo scontato chiederti se sia già in programma, o vi sia quantomeno l’idea, di completare la ristampa proponendo anche i capitoli successivi del ciclo in un prossimo numero di questa nuova testata?
RG: Dipende dalla redazione: in ogni caso, penso che se ne parlerebbe tra qualche numero dell’Altro Topo.

Minni nell’inusitato ruolo che fu di Anita Ekberg.

P: Molte delle tue storie più importanti, limitandoci all’ambito dei frequentatori del Papersera, hanno avuto l’indubbio pregio di “colpire” gli utenti, inducendoli a manifestare grandi apprezzamenti o, al contrario, dubbi o critiche. Penso agli ottimi riscontri di storie, solo per citarne alcune, quali Paperoga eroe dello spazio, Topolino e la stella che cadde e tornò nel cielo, Topolino e il ritorno alla Dolce Vita, Topolino e il surreale viaggio nel destino, Topolino e il passaggio al Tor Korgat, tutti lavori che hanno molto positivamente impressionato i lettori e gli utenti; di contro, forse Raceworld è stata una fra le tue storie recenti più “discusse” qui sul forum. Orbene, posto che uno dei peggiori mali di una storia riteniamo sia il “passare inosservata”, l’incapacità di lasciare qualcosa al lettore, come giudichi questa attitudine di molti dei tuoi lavori ad “agitare” (nella maggioranza dei casi in senso positivo) gli utenti? Ti è mai capitato che un qualche apprezzamento (o qualche critica) ti abbia poi fatto vedere sotto una nuova luce il risultato del tuo lavoro?
RG: Be’, se i lettori si agitano, MEGLIO! Sì, sarebbe peggio passare inosservati. Poi ci sta che qualcosa piaccia più di qualcos’altro, e naturalmente che a me vengano meglio certe cose di altre. Io, poi, a volte mi arrabbio, a volte capisco l’intento dietro al discorso. Apprezzamenti e critiche sono utili, ma non influenzano il mio lavoro. Io scrivo per i lettori tutti, non per una parte, per quanto attenta e informata. Semmai, lettori attenti come quelli del Papersera mi fanno notare cose che magari dentro di me ho già capito, ma su cui non mi soffermo, che ignoro o do per scontate. Come diceva Groucho Marx, “se dieci persone ti dicono che sei morto, stai giù“: insomma, più che altro noto il trend dei giudizi e ragiono su come ci sia arrivato, il pubblico, a quel giudizio.

Suggestiva vignetta multipla della fase di partenza della corsa realizzata da Stefano Intini.

P: Vorremmo soffermarci ancora su una singola storia; con Pole Position hai partecipato alla saga di Double Duck con un episodio avvincente e ricco d’azione: sparatorie, innovazioni tecnologiche, ambientazioni “vip” e scene a velocità mozzafiato sono solo alcuni degli ingredienti di questa velocissima storia in due puntate: come hai elaborato questa idea e che difficoltà hai incontrato nel confrontarti con tematiche un po’ lontane da quelle che più spesso hai affrontato nelle tue storie?
RG: Io AMO FEROCEMENTE 007, ma anche Jason Bourne e il thriller di spionaggio in genere, per cui non vedevo l’ora di fare DD… e di rifarlo! Ho qualche idea in serbo e prima o poi ci tornerò di sicuro. L’idea è partita dal mondo della Formula Uno, naturalmente. Trovo noiosissime le gare di F1, ma fantastico il mondo che c’è dietro: location favolose, posti eleganti, colori brillanti, design all’avanguardia. Per cui ho condito questo mondo in salsa DD, citando anche molte cose che amo: ad esempio, l’inizio a Tangeri cita The Bourne Ultimatum, e l’uso delle caption “in stile” (ad esempio, la scritta “Tangeri” in stile arabo) deriva da Quantum of Solace. Nessuna difficoltà, solo divertimento: uno fa questo lavoro perché lo ama, alla fine dei conti.

P: Gli anni del tuo ingresso in Disney sono quelli che vedono un certo cambiamento di toni, nei dialoghi e nelle situazioni: si riaffaccia l’ironia, addirittura il sarcasmo, un piglio che qualcuno ha giudicato più “adulto” (nei limiti della disneyanità); pensiamo, oltre alle tue, a anche a certe storie di Marco Bosco e Fausto Vitaliano. Puoi dirci qualcosa al riguardo? Progetto intenzionale, comune influenza di Tito Faraci, semplice “voglia di cambiamento”? E come senti, oggi, quella parte del tuo scrivere Disney?
RG: Secondo me quello stile arriva sicuramente da Tito, Fausto e Marco… ma anche Pezzin faceva cose simili. Oppure certi accenni di Scarpa sceneggiatore, o di Bruno Sarda. Un po’ credo sia l’influenza dei “fratelli maggiori” di cui sopra, ma anche la voglia di giocare – all’interno della tradizione disneyana – con un linguaggio più aperto, legato anche al cinema, alle serie TV, ad altri fumetti, oltre che alle sperimentazioni disneyane come PK e MMMM: il tutto, per un pubblico di ragazzi e adulti più colto e narrativamente attento, che cresce con i Simpson e i Griffin, quindi ha una sofisticazione narrativa molto più alta di quella che potevo avere io a otto anni… o dopo! Se fai questo lavoro, vedi di tutto, leggi di tutto, ascolti di tutto: e tutto nutre il tuo lavoro.

P: Come abbiamo visto durante questa breve chiacchierata, Roberto Gagnor non è solo storie sull’Arte, per quanto certamente importanti queste siano nella tua carriera, avendo tu un repertorio molto variegato che spazia dal genere avventuroso al supereroistico, passando per storie sportive, brevi e poliziesche: cosa puoi svelarci sui tuoi futuri lavori, cosa bolle in pentola? Ti ricordiamo l’importanza della domanda, dunque non provare a rispondere “la pasta!” 🙂
RG: Pur nel rispetto del segreto redazionale, posso dirvi che, tra le altre cose, ci sarà presto una nuova serie sul cinema, con i disegni di Valerio Held e Giada Perissinotto; poi due puntate di una nuova serie tra il comico e l’avventuroso, con Silvia Ziche e Renata Castellani; una storia con un VIP (so che a molti Paperseriani non piacciono, ma a me sì, e parecchio… dato il VIP, come vedrete), con Luca Usai; e poi una parodia. Grossa. Sta bollendo in questo momento, ma è troppo presto per parlarne. Quindi… sta bollendo la pasta (per giunta senza glutine)!

P: Bene Roberto, ti ringraziamo per la disponibilità nel dedicarci il tuo tempo, ti auguriamo buon lavoro per i tuoi futuri progetti e rinnoviamo, come sempre, l’invito a passare, quando ne avrai il tempo, a dare un’occhiata al Papersera e magari interagire con gli utenti.
RG: Grazie a voi per l’attenzione, la cura e l’amore che avete per il mio lavoro e quello dei miei colleghi. E poi… ci si vede sul Topo e sul Papersera! Interagisco poco, ma un saluto ve lo faccio volentieri!


Notizie Biografiche
Roberto Gagnor nasce a Torino nell’ottobre 1977, ed esordisce sulle pagine di Topolino nel giugno 2004 con una storia (Eta Beta campione intergalattico) dove viene parodizzata la trasmissione “Passaparola”, quiz a premi allora in voga. Curiosamente, lo stesso autore partecipò alla trasmissione poco prima di esordire sul settimanale.
Ad oggi ha realizzato oltre 140 storie, alternando avventure ad ampio respiro (Raceworld conta oltre 160 pagine) a storie più brevi.

Autore dell'articolo: Gancio