Tesori Made in Italy – Massimo De Vita (4 di 4)

15 NOV 2018
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Pippo è il mio attore preferito, il più versatile: capace di interpretare le classiche storie ambientate a Topolinia ma anche saghe fantasy, fino a trasformarsi in un mirabolante e imprevedibile cugino archeologo“: con queste parole si apre il volume che segna la conclusione del secondo ciclo di Tesori Made in Italy, dedicato alle storie scritte e illustrate da Massimo De Vita.
Nell’albo in questione, come già avrete potuto intuire dalla breve introduzione dell’autore riportata qui sopra, troviamo diverse storie che vedono protagonista l’ingenuo Pippo e i suoi parenti, una serie innumerevole di cugini. Anzi, un solo cugino: l’avventuroso Indiana Pipps, archeologo nato dalla penna di Bruno Sarda e apparso per la prima volta nella storia Topolino & Pippo in: I predatori del tempio perduto, illustrata da Maria Luisa Uggetti e che fa il verso, sin dal titolo, al primo e celeberrimo capitolo della saga cinematografica dell’Indiana Jones di Steven Spielberg.
De Vita entra in scena a partire da Topolino e la città di ghiaccio, e in poco tempo prenderà in mano le redini della serie come a suo tempo fece con il Paperinik di Guido Martina. A consacrare la dialettica tra autore e personaggio è però Indiana Pipps e la valle dei 7 soli, prima storia con Indiana scritta da De Vita, che risulta essere una delle migliori performance dell’ormai trentennale carriera dell’archeologo pippide. Gli elementi per un grande racconto a fumetti ci sono tutti: avventura, comicità, colpi di scena e un pizzico di assurdità tipica delle avventure di Pipps e che, con le giuste dosi, non guasta mai. Lodevole poi come Kranz, il cattivo della storia, non si limiti ad essere semplicemente una comparsa dal ghigno malefico e con in mano una pistola, tutt’altro: partecipa attivamente e ha un suo peso specifico nello svolgimento della vicenda.
Pregevole è anche Indiana Pipps e il ritorno dei Big-Foot, il cui incipit ricorda a tratti quello dei 7 soli, ma che poi dà il via ad uno svolgimento fresco grazie anche alla presenza di Zapotec e in cui emerge prepotentemente la parte fantastica, in una risoluzione divertente ed efficace. Due storie pienamente promosse, coadiuvate dai disegni di De Vita stesso che, fra gli anni ’80 e i ’90 tocca l’apice della propria carriera.
Sembra fatta apposta la scelta di presentare una seconda coppia di avventure con l’archeologo, risalenti invece al 2001 e al 2008, scritte rispettivamente da Giorgio Salati e da Carlo Panaro. Sono Indiana Pipps e il segreto dei Pyu e Indiana Pipps e la tigre dagli occhi di fuoco, due perfetti esempi del triste invecchiamento di Indiana che in poco tempo, causa la mancanza di nuove idee importanti, ha colpito il personaggio, ricordando per certi versi il già citato Paperinik martiniano che a partire dalle storie scritte da Pezzin (di cui un esempio avevamo già avuto nel volume precedente della collana) si vedrà “infantilizzato”, perdendo il fascino del misterioso e diabolico vendicatore delle origini ideato dal Professore. Ma se Paperinik ha trovato nuova linfa vitale nella celebrata serie PKNA – Paperinik New Adventures, lo stesso non è avvenuto con Indiana, rimasto vittima dei più triti cliché e della mancanza di cattivi di spessore, limitandosi spesso e volentieri alle insidie del solito Kranz.
Queste due avventure in particolare, poi, perdono anche graficamente: lo stile di De Vita subisce un calo e risulta più approssimato, senza lo smalto e lo splendore dei decenni precedenti. Un vero peccato, quindi, constatare come un personaggio come Indiana sia stato ridotto ad una macchietta priva di sfaccettature, quando avrebbe forse potuto offrire altro, magari staccandosi dallo stereotipo che lega insieme i termini “pippide” e “ingenuità”.
A concludere il volume ecco Topolino e l’imperatore d’America, breve divertissement di 6 pagine con il quale l’autore celebra il leggendario Uomo dei Paperi, Carl Barks, rifacendosi in particolare ad una delle sue storie più belle e note, Paperino e il cimiero vichingo; l’ultima storia è invece la divertente Pippo Desert Ranger, la quale si ispira agli schemi tipici dei cortometraggi con protagonista Pippo diretti da Jack Kinney fra gli anni ’40 e gli anni ’50, trasponendone le atmosfere e la comicità su carta in maniera fedele e appassionata. Impossibile, poi, non notare per certi versi qualche ispirazione ai cortometraggi di Wile E. Coyote, perennemente alla caccia del road runner Beep Beep, nonché uno dei più famosi personaggi della Warner Bros.
Termina così la serie di Made in Italy dedicata al maestro De Vita. Sicuramente la qualità delle storie presentate è indubbia, si può forse dire che è mancata la possibilità di rappresentare al meglio la carriera dell’autore rispetto a quanto fatto per Cavazzano, vista la pubblicazione di due tomi in meno. Aspettiamo di vedere cosa uscirà fuori, qualitativamente parlando, con il prossimo ciclo di questa testata annunciato di recente: quattro volumi interamente dedicati a un'altra star indiscussa del fumetto Disney italiano, Silvia Ziche.

Autore dell'articolo: Alberto Brenna