Topolino 3402

06 FEB 2021
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Un feroce puma sorridente

Erano mesi, se non addirittura anni, che non si aveva un Topolino con sole quattro storie. Certo, due sono episodi finali di storie iniziate nelle settimane precedenti e l’ultima è in due parti, ma sta di fatto che la sostanza, questa settimana, è abbastanza concentrata.

Il posto d’onore in apertura è appannaggio di Newton Pitagorico e il cammino del puma bianco (Nucci/Baccinelli), in cui torna tra le pagine del settimanale il piccolo parente pervicace di Archimede, anche questa volta con un’unica idea in testa. L’unico aspetto veramente degno di nota della trama è il fatto che Qui, Quo e Qua (a dispetto del titolo, i veri protagonisti della vicenda) nonostante le premesse si dimostrano maturi e ammettono di essere in torto nell’aver malgiudicato il loro amico. Al di là di questo, la storia è fondamentalmente un continuo di brevi siparietti ripetuti, tra cui un leitmotiv al quale si aggiunge, come immancabile ciliegina, il tormentone di fondo di Newton che dopo troppe riproposizioni ha ormai stancato.

Per contro, il comparto grafico è davvero eccellente e oltre a un bel tratto Baccinelli offre anche diversi spunti grafici, offrendo una sperimentazione sulla gabbia e sul colore nel finale, con le tre tavole dai bordi neri che rendono molto bene l’atmosfera.

Alla storia è ispirata anche la copertina, che però sembra rappresentare o una statua o un manichino dato che, visto quanto viene fatto trasparire nell’avventura dei paperotti, i puma bianchi del titolo sono pericolosi come qualunque altro normalissimo coguaro, e non sono esattamente un animale da compagnia come invece sembra essere quello della pur bella illustrazione di Andrea Freccero.

Newton ha già detto che dimostrerà allo zio di non essere l’unico genio in famiglia?

A seguire, un approfondito excursus sulla storia del più famoso gruppo scoutistico paperopolese, con citazioni anche all’opera di Barks, a Don Rosa e alla storica testata dedicata alle Giovani Marmotte degli anni Novanta.

Giunge a termine la lunga avventura in quattro episodi di Fantomius: La fine e l’inizio (Gervasio). Il protagonista, tornato nel suo ambiente, passa al contrattacco e trionfa, ristabilendo lo status quo classico (pur con qualche novità, come si vedrà nella conclusione).

Cosa resta, quindi, facendo un bilancio della storia nel suo complesso? Al di là dell’ormai classico cliffhanger finale e dei lunghi monologhi interiori, sicuramente vanno segnalati una buona struttura e un ottimo intreccio dei fili dell’intera vicenda. Fantomius ha il suo bel daffare per recuperare il bottino, allearsi, sia pure in incognito, con chi può aiutarlo, cadendo e scoprendo che qualcosa è andato storto, per poi ingegnarsi per rimettere ogni cosa al suo posto, anche facendo ricorso ad alleati improbabili e a diversi stratagemmi. Seguire l’evolversi della vicenda si è rivelato intrigante. Da questo punto di vista, si tratta di una notevole boccata d’aria nelle storie del ciclo, che ultimamente sembravano avvitarsi sempre di più in una spirale fantomius-centrica in cui per il protagonista era letteralmente impossibile fallire, a meno che lui non lo avesse voluto.

Il problema sorge però quando si va a guardare alla storia all’interno del più vasto orizzonte di storie del duo Fantomius & Paperinik, ormai sempre più legati visti i recenti sviluppi, aspetto su cui evidentemente la redazione di Topolino punta molto. Da questo punto di vista la struttura, seppur valida come si diceva poc’anzi, risulta contaminata ed appesantita da un intreccio tentacolare di citazioni e riferimenti che probabilmente fanno la gioia di molti, ma che al contempo fanno anche venire dei dubbi.

Il viaggio nel tempo è ormai diventato routine nel “Gervasioverso“, il che riporta anche implicitamente a Paperinik, tutto cominciò così, creando una enorme retcon. Tuttavia non è chiaro, ad esempio, come mai Paperone non abbia mai sentito nominare un despota (anzi un dittatore, come dice lo stesso Fantomius) che ha spadroneggiato per un anno nella sua città, o come sia possibile far combaciare il viaggio nel tempo della prima puntata con la nascita di Paperinik nel 1969, quando non esistevano GPS e altri strumenti tecnologici del nostro presente che invece sono ben rappresentati nella narrazione.

Il nuovo… nuovo corso delle strabilianti imprese di Fantomius

Di per sé non sono mancanze così gravi, anzi, ma nell’insieme stonano, visto il puzzle che Gervasio crea unendo riferimenti alle sue precedenti storie, a quelle di Martina e di Don Rosa, con tanto di riferimenti temporali ben precisi. Insomma, da una parte ci viene proposta una continuity strettissima (e forse anche un po’ forzata e inverosimile sotto certi aspetti), mentre dall’altra parte occorre chiudere tutti e due gli occhi per far finta di qualche macro-incongruenza che, seppur lecita, è impossibile che passi inosservata. A parere di chi scrive, questa ambivalenza tra cronistoria e licenze narrative rischia di guastare quello che poi è il risultato effettivo.

Con il terzo episodio si chiude anche l’epopea miniaturizzata dei nipotini. Qui Quo Qua in Viaggio nel Microcosmo: Back Home (Cabella/Soldati) ci fa vedere come finalmente i tre riescano a riacquistare le proprie dimensioni ma, spiace dirlo, di sostanza ce n’è veramente poca, e di epica men che meno. Fatta salva la prima decina di tavole introduttive, l’avventura dei tre non è altro che un semplice susseguirsi di siparietti muti o al più onomatopeici che poco o nulla lasciano alla lettura. Manca del tutto il coinvolgimento, e se pure lo si volesse ricercare invece seguendo le ricerche affannose di Paperino, Paperone e Archimede, l’unica cosa che si riesce a percepire è una retorica di responsabilità e senso della famiglia quasi posticcia per come viene resa. Insomma, il risultato finale dei tre episodi non convince; si direbbe pensata e realizzata per un pubblico molto giovane, al contrario forse dei redazionali a corredo, quelli sì decisamente interessanti.

Pippo è il nuovo Steve Jobs

In chiusura abbiamo le due parti di Topolino e i Goof Viewer (Salati/Leoni), storia di ampio respiro che ci mostra un lato “inedito ma non troppo” di Pippo. Il suo genio (il più delle volte incompreso) era esploso anche in altre occasioni, tra cui non si può non citare Topolino e Pippo cervello del secolo, ma qui le circostanze sono decisamente più genuine: messa a frutto una casuale invenzione, Pippo si ritrova all’improvviso manager e guru della tecnologia. Il tratto di Lucio Leoni contribuisce a rendere piacevole la lettura, mentre per quanto riguarda l’intreccio Giorgio Salati fa un buon lavoro, non disdegnando di rappresentare, oltre all’estasi della facilmente influenzabile folla disneyana che i lettori sono ben abituati a conoscere, anche un antagonista di un certo peso.

Chiude l’albo una scialba one page. Forse è il caso di chiedersi se abbia ancora senso mantenere questo tipo di comicità sul libretto, vista la qualità ormai da mesi in caduta libera esattamente come Super Pippo, protagonista della suddetta tavola autoconclusiva.



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Autore dell'articolo: Valentina Corsi

Ho imparato a leggere a 4 anni con Topolino e non l'ho più abbandonato. È stata anzi la molla che mi ha portato a scoprire l'amore per la lettura, in tutte le sue declinazioni. Dalle strip dei Peanuts ai Bonelli (sono una texiana incallita), ad Asterix, ai romanzi e a molte altre declinazioni, la lettura è sempre stata una mia compagna fissa. Sono sul Papersera dal 2006, oltre che alla moderazione del forum collaboro alla gestione della pagina Facebook, mi occupo delle recensioni settimanali di Topolino e, tempo permettendo, contribuisco a supportare le varie iniziative dell'Associazione, sia attraverso lo schermo, sia dal vivo in occasione di fiere e raduni.