Zio Paperone e l’inno di Natale

03 DIC 2021

Dicembre 1986. Ho sette anni, faccio la seconda elementare, leggo Topolino da oltre un anno e sono abbonato da qualche mese. Il settimanale arriva nella casella della posta ogni martedì e quella sera mi accingo ad aprire il numero 1620 con in copertina il capostipite della Banda Disney su una montagna di regali. Ho già scritto la letterina a Babbo Natale e ora tocca aspettare ancora una quindicina di giorni prima della Notte Santa.

Quell’albo si apre con la favolosa Topolino e la leggenda del panettone di Bruno Sarda e Massimo De Vita. È un disegnatore che mi piace, ma con i Topi l’appeal che ha su di me è più basso. Al termine della lettura però, già giovane e imberbe recensore, decido che quella sarà la mia storia preferita del numero, poche chiacchiere…

Scorro la rivista e dopo alcune brevi, compresa una dei Wuzzles, arrivo all’ultima del numero: Zio Paperone e l’inno di Natale, disegnata da “quell’autore che poche settimane prima aveva illustrato la storia dedicata alle automobili”.

La storia di Sarda e De Vita è già dimenticata: adoravo quel disegnatore, che avrei scoperto successivamente essere Guido Scala, e come metteva in scena i personaggi.

Leggendo avidamente le pagine, guardando quei disegni così belli e da me apprezzati, mi ritrovo in piena atmosfera natalizia e anche gli screzi con mio fratello che avevano caratterizzato le ore precedenti vengono ormai superati.

I fascinosi disegni di Scala, qui al servizio di un soggetto classico di Carlo Panaro con Zio Paperone che fa il duro (ma sotto sotto non lo è, come avviene nella Stella del Polo di Carl Barks), sono perfetti.

E non dimentichiamo l’albero di Natale (anzi, gli alberi), il ragazzo che abita in periferia dove sono tutti poveri, il piccolo villaggio immerso nella neve, i ricatti di Zio Paperone per ottenere ciò che vuole, il fastidio che provano Paperino e i nipotini nel vedere il comportamento dello Zione e, soprattutto, il finale. Sono tutti elementi che ne hanno fatto un instant classic.

Ai tempi non lo sapevo, ma questa storia mi avrebbe accompagnato regolarmente per tanti Natali visto che in 35 anni è già stata ristampata sette volte, una ogni cinque. Eppure, e parlo per me, questa è una avventura che andrebbe ripubblicata ogni anno dal momento che in appena 32 pagine riesce a far entrare chiunque nell’atmosfera natalizia.

Dopotutto, se ce l’ha fatta con Zio Paperone, che – spoiler! – al termine della storia arriverà anche a commuoversi grazie all’abbraccio di un ragazzo, perché non dovrebbe farcela con noi?

Autore dell'articolo: Francesco Gerbaldo

Francesco Gerbaldo nasce a Savigliano il 15 luglio 1979 e su Topolino 1233 (che porta la stessa data), esordiva Bruno Concina. Da sempre appassionato di tutto quanto fa Disney, Francesco legge e colleziona Topolino dal 1985 e col tempo ha imparato a riconoscere i tratti di praticamente tutti gli autori tanto che Lidia Cannatella l'ha definito "impallinato d.o.c.". Appassionato particolarmente degli autori cosiddetti "gregari" come Giulio Chierchini, Alessandro Del Conte, Valerio Held, Salvatore Deiana, Bill Wright e Tony Strobl non disdegna comunque le grandi storie di Scarpa, di Barks, di Don Rosa e di Gottfredson. Nel 1997 esce il suo primo (e finora unico) articolo per la Disney pubblicato sul "D.U.C.K." (l'avete capito: conflitto d'interesse :-) anche se spera, un giorno o l'altro, di diventare un collaboratore più stabile di qualsiasi cosa che edita la Disney. Nel 2001 inaugura il sito "Un Gatto tra i fumetti" che gli permette di conoscere personalmente Luciano Gatto, autore che vide pubblicata una sua storia proprio su Topolino 1233. E il cerchio si chiude, almeno per ora :-)