Canto di Natale

Il Canto di Natale (A Christmas Carol) di Charles Dickens è una storia meravigliosa e senza tempo, ed è anche, a pensarci, molto disneyana nella sua morale di fondo; nulla di strano che sia stata citata e più o meno parodiata molte volte, nei fumetti e anche in un celebre mediometraggio, oltre ad aver dato il nome ad uno dei nostri personaggi più importanti.
Però solo una volta è stata trasposta quasi integralmente, nell’omonima storia di Guido Martina e José Colomer Fonts: rilettura memorabile per tanti motivi, a partire dalla sua lunghezza, che ne fa una delle storie più lunghe mai pubblicate integralmente su un solo albo, particolarità che all’epoca mi aveva colpito moltissimo, e che ancora ricordo con estremo piacere; lo stesso albo, il numero 1412, era altrettanto significativo, sia per la sua grandezza inusitata sia per le storie pubblicate al suo interno!
La trama della novella originale c’è quasi tutta, con i suoi fantasmi, la sua Londra povera e fredda, non soltanto climaticamente, e l’inquietante terza “strofa” del fantasma dei Natali futuri (per quanto alleggerita, ma è comprensibile trattandosi pur sempre di una storia Disney…).
Ma, soprattutto, non manca la partecipazione con cui viviamo la redenzione morale di Ebenezer… ops, Paperon Scrooge, da vecchio avaro incattivito con il mondo a persona che riscopre i valori della vita e della convivenza umana per troppo tempo lasciati da parte (e non solo a Natale), tanto da far sentire anche noi lettori un pochino bisognosi di “redenzione”.
In questa parodia manca soltanto il personaggio di Tiny Tim, probabilmente troppo complicato da trasporre. Voglio quindi rimediare io, adesso, ricordandolo qui e, soprattutto, riportando le sue splendide parole, con le quali si conclude il racconto originale e con cui voglio augurare a tutti un Buon Natale: “E che Dio benedica tutti quanti!”.
03 DIC 2023