Zio Paperone e il nuovo Canto di Natale
Quando ho accettato di partecipare al Calendario dell’Avvento su cui vi trovate, ho scelto fra le tante storie a tema la recente Zio Paperone e il nuovo Canto di Natale.
Pensavo infatti di evidenziare, per esempio, il parallelismo narrativo tra l’opera originale e questa nuova e più moderna versione. Un prologo, le tre sequenze delle visite degli spiriti del Natale passato, presente e futuro, un epilogo: una scansione temporale chiara, fedele e ben gestita dallo sceneggiatore Marco Bosco, che ha saputo ben utilizzare i punti di forza del testo dickensiano, pur alleggerendolo opportunamente.
Oppure pensavo di sottolineare una volta di più la centralità che riveste in questa festività lo Zio Paperone, stavolta protagonista “nei panni di sé stesso” e non attore chiamato ad interpretare un ruolo che, in ogni caso, gli calza assolutamente a pennello: nessun altro personaggio disneyano potrebbe essere Scrooge, se non lui, con le sue espressioni esagerate e la sua mimica inconfondibile che Silvia Ziche non ha mancato di rappresentare.
Eppure, terminata la rilettura, mi sono accorto che il mio “articolo” avrebbe cambiato direzione. Ho chiuso il Topolino che la ospitava per cercare la data di prima pubblicazione. Ed ho notato che, quando questa storia ha visto la luce, correva l’anno 2017. Si dice che le storie migliori siano quelle che in qualche modo riescono a cogliere un qualcosa nell’aria e a trasporlo nella narrazione, a volte addirittura anticipando l’evoluzione dei costumi e della società che ci circonda.
Ecco, involontariamente eppure puntualmente, l’idea di Paperone di partecipare al pranzo di Natale con i parenti collegandosi da casa sua attraverso uno schermo, quindi NON parteciparvi, mi ha riportato alla mente il Natale che tutti noi abbiamo vissuto tre anni dopo, nel purtroppo indimenticabile 2020.
Anche se nel nostro caso, non eravamo intenzionati a seguire gli affari in tempo reale come accade allo Zione; eravamo invece alle prese con le restrizioni dovute alla pandemia generata dal Covid-19, un virus che ci ha obbligati a ridefinire la nostra socialità, costringendoci addirittura a trascorrere la festa più attesa dell’anno lontano dai nostri cari, raggiungibili solamente grazie ad una telefonata o ad una videochiamata.
Ma era una necessità, non una scelta. Ed una storia come questa, nella sua linearità, può servire a farci riscoprire proprio questo semplice principio: ovvero che non può esserci presunta comodità o impegno improrogabile che ci tenga separati dai nostri affetti, non il giorno di Natale. Perché niente riesce ancora a sostituire un caldo abbraccio da ricevere davanti ad una tavola imbandita. E lo possiamo dire con certezza, essendoci passati, faticosamente, attraverso.
16 DIC 2023