Zio Paperone e il Canto di Natale
Che il Christmas Carol di Charles Dickens sia divenuto, dal 1843 a oggi, uno degli archetipi più riconoscibili e tipici dell’atmosfera natalizia è cosa più che acclarata. Lo stesso Calendario dell’Avvento del Papersera di quest’anno ha dedicato non poco spazio ad alcune riletture Disney tra le più note della novella dello scrittore inglese, le quali a loro volta potranno rimandare alla tradizionale visione annuale del Canto di Natale di Topolino del 1983 (che proprio in questi giorni festeggia il suo quarantesimo anniversario), rafforzando il dialogo tra fumetto e animazione.
Molto meno nota e ristampata è la rielaborazione dell’opera di Dickens per la leggendaria collana di libri illustrati Little Golden Books, un pilastro delle pubblicazioni per l’infanzia fin dal lontano 1942: accanto a tanti altri “colleghi” della cultura pop amati fin dall’infanzia, Topi, Paperi e classic character hanno guadagnato il loro spazio su questi libretti, continuando a vivere nuove avventure. Nel 1958 Carl Barks fu coinvolto nella realizzazione di una serie di disegni a matita, che sarebbero stati successivamente rifiniti e colorati ad acquarello da Norman McGary, per accompagnare un testo in prosa scritto da Jane Werner Watson sotto il nom de plume Annie North Bedford: un adattamento della fortunata opera di Dickens.
Nel libretto, pubblicato nel 1960 col titolo Donald Duck and the Christmas Carol, venne dedicato quanto più spazio possibile a Paperon de’ Paperoni, intrecciato fin dal suo nome originale con l’arcigno e arido personaggio dickensiano. Non nella copertina, dove finirono Paperino e i tre nipotini, forse ritenuti più “accattivanti” rispetto allo Zione per il pubblico di bambini; tutto il contrario all’interno, dove la vicenda del vecchio Ebenezer Scrooge calzava alla perfezione con le attitudini respingenti del papero più ricco del mondo. Nell’arco di ventiquattro pagine tenne quindi banco l’arcinota storia di redenzione natalizia, con Paperone che si converte e torna sui propri passi, preparandosi così a festeggiare con la famiglia.
Ci sono naturalmente delle differenze rispetto al gotico setting dell’opera originale, anche considerando i principali fruitori dei Little Golden Books. Il protagonista, rintanatosi nella sua magione oscura e un po’ trasandata, riceve l’inevitabile visita dei tre spiriti del Natale Passato, Presente e Futuro, ma non c’è nulla di onirico o di sovrannaturale. Sono soltanto Qui, Quo e Qua mascherati, pronti a ricucire lo strappo causato dall’anziano papero attraverso il modo più infantilmente infallibile: la tenerezza. Paperone finisce per rallegrarsi davanti a un album di foto dei Natali che furono, e ascolta incuriosito le carole cantate in giardino da Paperino, Paperina e due nipotini, preparandosi così a cambiare. Grande festa e felicità, una volta seguito il terzo spirito al piano di sotto, dove ad attenderlo ci sono un albero addobbato e tanti regali.
Una storia semplice, di quelle capaci di “scaldare il cuore”, che forse finisce per cozzare con l’aspetto più spigoloso del carattere di Paperone. Manca, per ovvie ragioni, la sferzante satira sociale cui Barks aveva abituato i lettori per anni, soprattutto in occasione delle celebrazioni natalizie. Eppure l’incontro tra le matite dell’Uomo dei Paperi – il cui tratto rimane riconoscibilissimo – e i colori caldi e avvolgenti di McGary garantisce un angolo di serena pausa nell’altrimenti frenetica commedia paperopolese.
Barks stesso, tuttavia, non avrebbe evitato un ritorno a un Paperone gretto e tristanzuolo in alcuni dipinti a olio dedicati al Natale. Il più rappresentativo è forse Season to Be Jolly, del 1974, nel quale Paperone si fa largo tra la folla corrucciato e piegato dal sacco di denaro che porta in spalla: un’iconografia identica a quella di un’illustrazione a doppia pagina di Donald Duck and the Christmas Carol, che tuttavia viene ammantata di nuovi significati in questa versione 2.0.
Nel quadro Barks carica ancor di più i paradossi del Natale mostrando in primo piano anche gli ultimi della società ignorati da Paperone, da una proverbiale ed emaciata fiammiferaia a un povero senzatetto; nemmeno la presenza di Santa Claus, una triste “macchia” rossa, riesce a interrompere tanto squallore in contrasto con il distratto festeggiamento cittadino illuminato sullo sfondo. Amaro, amarissimo quest’altro Natale barksiano, che però avrebbe fatto a sua volta da ponte con il mediometraggio animato del 1983: sarà lì ad arrivare una seconda redenzione per il vecchio Scrooge disneyano, accolto da Cratchit e famiglia, in qualche modo riconnettendosi gioiosamente proprio con il piccolo e semplice racconto illustrato del 1960.
24 DIC 2023