Intervista a Giorgio Salati
Tra un’isola che non c’è e una band di paperotti
Giorgio Salati
Su Topolino 3578, 3579 e 3580 è stata pubblicata una lunga storia in cinque parti, intitolata Topolino e l’isola che non c’è. Scritta da Giorgio Salati e disegnata da Giampaolo Soldati, l’avventura si presenta come un progetto intrigante per temi e afflato, che affonda le proprie radici in influenze narrative classiche.
Abbiamo allora voluto approfondire tali istanze facendo qualche domanda allo sceneggiatore, approfittandone per chiedergli qualcosa anche dell’altro filone che ha curato recentemente, quello dedicato alla band di Qua e dei suoi amici, i Bumpers.
Redazione Papersera: Ciao Giorgio, e grazie per il tempo che ci dedichi.
È stata appena pubblicata su Topolino la tua storia “Topolino e l’isola che non c’è“: da dove nasce l’idea alla base della trama? Quando l’hai concepita e poi scritta?
Splash page, in tutti i sensi
Giorgio Salati: È nata qualche anno fa, credo nel 2020. La primissima versione del soggetto era per una storia in due puntate con pochi personaggi. La mia idea, che credo sia sopravvissuta fino alla versione finale, era di esplorare alcuni temi antropologici e quindi gettare Topolino in situazioni di sopravvivenza estrema per far “ripartire” un nucleo di civiltà da zero, un po’ come succede ne Il signore delle mosche di William Golding. Da una parte c’era Gambadilegno che prendeva il potere usando superstizione e credulità, dall’altra uno scienziato (folle ma convinto di fare il bene) che sfruttando una nuova risorsa naturale tentava di instaurare una tecnocrazia. Topolino doveva trovare un equilibrio tra questi due estremi nel tentativo di riportare alla luce il sentimento di umanità che sta alla base della civiltà. Un obiettivo molto ambizioso, mi rendo conto. Ma, come dico sempre, nei fumetti Disney potenzialmente si può parlare di qualsiasi argomento.
RP: Sui tuoi social hai scritto delle influenze visive del progetto: quanto sono importanti per te le atmosfere e le nuance nell’ideazione di una storia, e di questa in particolare? E quanto invece i riferimenti tematici, a cui pure alludi sempre tuoi profili?
G.S.: Le atmosfere e i riferimenti estetici sono utili, ma prima vengono sempre i personaggi e la solidità della storia. Le motivazioni dei personaggi sono tutto, come dico sempre ai miei allievi di sceneggiatura. Però una volta che hai uno “scheletro” solido puoi abbellirlo mettendoci sopra un po’ di muscoli e di “ciccia”, come si usa dire. E allora è divertente sbizzarrirsi. Spesso uso riferimenti musicali, in questo caso mi sono affidato soprattutto a riferimenti letterari: La tempesta, Il signore delle mosche, L’isola del dottor Moreau… ma anche, dal punto di vista estetico, qualche riferimento a film d’animazione come Oceania e Mune le gardien de la lune. E poi, ma solo per le tematiche profonde che ho esplorato sottotraccia, le riflessioni antropologiche di Margaret Mead, Joseph Campbell, Bruce Chatwin, Vladimir Propp, Sigmund Freud, Carl Gustav Jung… Di certo non quei testi direttamente, ma le riflessioni personali – molto più semplici ed elementari – che quei testi hanno fatto germogliare nella mia testa.
La particolare e azzeccata inquadratura che apre il secondo episodio di “Topolino e l’isola che non c’è”
RP: Come hai scelto il cast da far recitare? Perché, per esempio, hai scelto di lasciare fuori dal naufragio Pippo e hai voluto dare una ribalta a Orazio e Clarabella? E da dove sei partito per caratterizzare i nuovi comprimari?
G.S.: Riguardo Orazio e Clarabella è stato il direttore che, giustamente, mi ha chiesto di dare una parte anche a questi personaggi che a volte vengono poco sfruttati. Però c’era l’idea di far procedere in parallelo una linea narrativa a Topolinia che poi si sarebbe ricongiunta con quella principale. Allora abbiamo pensato che sarebbe stato divertente che Pippo, pur non essendo il più “efficiente” dei personaggi, si attivasse a modo suo per risolvere la scomparsa del suo migliore amico facendo coppia con Basettoni. Una “squadra” non molto usuale.
Riguardo i personaggi inventati appositamente per la saga, è un mix di istinto e di ragionamento. Solitamente inizio a delineare i personaggi “a sentimento”, imponendomi solo la regola che siano tra loro abbastanza complementari da non confondere il lettore. Dopodiché, quando questi mi convincono, comincio a definirli meglio per carattere e motivazioni. Nel caso di questa saga, il direttore mi ha chiesto di dare a ognuno di loro una vera e propria backstory che fosse funzionale alla trama, da scoprire strada facendo.
La quadrupla che apre il terzo episodio di “Topolino e l’isola che non c’è” comunica bene la sensazione di abbandono dei protagonisti
RP: Come si fa a usare un numero così ampio di personaggi dando il giusto spazio a tutti?
G.S.: Bella domanda! A parte gli scherzi, cinque episodi possono sembrare tanti, ma quando hai ventidue personaggi è una faticaccia! Ci vuole un lavoro certosino in sceneggiatura e un’idea chiara di ogni “filo” da tirare. Basti sapere che ci sono state sette versioni del soggetto di saga e una media di quattro versioni della sceneggiatura di ogni episodio… avevo la testa che mi scoppiava! Ma alla fine penso che siamo riusciti a fare ciò che ci eravamo prefissati. Nella saga dell’isola in quasi ogni vignetta c’è un’informazione o un riferimento utile a spiegare qualcosa dei personaggi. Mi rendo conto che è una lettura un po’ densa, ma la mia speranza è che i lettori vogliano tornare indietro e rileggersela più volte, cogliendo anche gli aspetti che possono sfuggire a una prima lettura.
RP: Alla base dell’intreccio si intravede un gran lavoro sulla sua mitologia, dove elementi misteriosi si connotano preso con qualcosa di pseudo-fantascientifico: vuoi parlarci di questo aspetto? Che direzioni desideravi dare alla trama?
G.S.: Come accennato poco fa, l’intento era di far scontrare Topolino con le storture della superstizione da una parte e della scienza dall’altra. Costringerlo a trovare un equilibrio che desse un senso al suo aspetto più umano e alle relazioni con gli altri. Per questo, ho immaginato un elemento sconosciuto, la Pietra G, che portasse nella storia sia aspetti scientifici che in un certo senso magici. SPOILER: La ricerca di questa nuova risorsa in grado di cambiare il mondo è ciò che unisce le backstory di molti personaggi.
RP: Come mai la scansione delle puntate ha visto i primi quattro episodi pubblicati a coppie, invece che uno alla settimana?
G.S.: Queste non sono decisioni di competenza degli autori ma della redazione.
Il mistero e l’inquietudine sono componenti fondamentali in “Topolino e l’isola che non c’è”
RP: Che tipo di collaborazione e di contatti ci sono stati con il disegnatore e con i coloristi? Quanto è importante per una storia come questa la parte estetica?
G.S.: Non ero in contatto con l’inchiostratore (Simone Paoloni) né coi coloristi (Manuel Giarolli e Irene Fornari), però fin dall’inizio sono stato messo in contatto col disegnatore Giampaolo Soldati. Lui, oltre a essere un ottimo disegnatore, è anche una persona estremamente disponibile, e lavorare con lui è stato un piacere. Mi ha mandato le matite di tutti gli episodi e se c’era qualcosa che non mi convinceva, non aveva problemi a cambiare ciò che aveva già disegnato. Ha fatto anche qualche proposta per cambiare delle vignette, per migliorare la leggibilità del fumetto, che io ho accolto volentieri. In sceneggiatura poi si possono inserire delle note per il colore (che il disegnatore o la redazione trasmetteranno a chi se ne occupa) per spiegare quali tipi di atmosfere si ha in mente. E credo che i coloristi in questo caso abbiano fatto un ottimo lavoro.
Ovviamente la parte estetica è molto importante, visto che il fumetto è composto in egual misura da parole e immagini. L’importante è che lo stile non vada a discapito della leggibilità. E in questo senso, con Soldati direi che è andata di lusso.
Un tipico momento di prove per i Bumpers nella prima tavola di “Un chitarrista di troppo”
RP: Negli scorsi mesi ha curato il ciclo di storie sui Bumpers, la band di Qua e dei suoi amici: in che modo ti sei approcciato a questo universo? Quanta della tua esperienza da rocker hai riversato nelle esperienze del gruppo?
G.S.: È stato il direttore di Topolino, conoscendo il mio background, a propormi di occuparmi dei Bumpers, che all’epoca si chiamavano Rintronati. Ho naturalmente accolto con entusiasmo la sfida, essendo appunto musicista rock. Mi sono chiesto da quale esperienza personale potevo partire per conferire “vita vera” ai personaggi, e mi sono tornati in mente un po’ di episodi assurdi accaduti durante i molti concerti che ho avuto la fortuna di fare e soprattutto durante i viaggi per raggiungere i luoghi delle esibizioni. Ho deciso quindi di far partire Qua e amici in tour. Ci sono alcune gag in Musicalisota che mi sono accadute veramente, o che sono estremizzazioni di fatti veramente accaduti. Come ad esempio aggiustare una marmitta con una corda del basso oppure i pezzi della batteria dimenticati su un marciapiede. Ma non solo: quello che è più “vero” sono le dinamiche interne a una band. Le gioie, i malumori, tutte le cose esaltanti che possono capitare quando decidi di intraprendere un’avventura insieme ai tuoi amici in nome di una passione comune. Questo è valido anche per le due storie singole di quel “mondo narrativo” che sono uscite di recente. Il conflitto tra lo studio e la tua passione musicale, la rivalità con un nuovo componente che sembra più bravo e simpatico di te… sono cose che capitano a quell’età ma non solo, e che fanno vibrare fortemente le corde emotive di chi vive certe esperienze.
Scambi di opinioni artistiche tra membri della band
RP: Quali sono le difficoltà nel parlare della vita quotidiana dei ragazzini su Topolino?
G.S.: Effettivamente non è facilissimo, perché il mondo corre sempre più veloce e ci sono alcuni aspetti della vita dei ragazzi che a noialtri possono sfuggire. Bisogna avere una mente aperta, saperli ascoltare e osservare. Bisogna entrare in sintonia con loro, riscoprendo la nostra parte più “ragazzina” (io su quello non ho problemi!). Ma soprattutto l’importante è restare connessi con il loro lato emotivo. Certe passioni, rivalità, cotte, delusioni, esaltazioni, sono comuni ai ragazzi di ogni epoca. Harry Potter o i personaggi di One Piece non giocano a Minecraft, eppure riescono ad avvincere milioni di ragazzi, perché parlano il linguaggio delle emozioni.
RP: Gli episodi vengono pubblicati con una certa distanza temporale gli uni dagli altri, inficiando un po’ l’esperienza: ce ne sono altri in arrivo? Avremo una frequenza maggiore o addirittura un progetto più coeso come fu Musicalisota?
G.S.: Al momento non ne ho altri in arrivo, ma non sono aggiornato se altri autori stiano preparando ulteriori episodi sui Bumpers: non è un “mio” universo narrativo, ma è di Topolino.
Ringraziamo calorosamente Giorgio per la gentilezza e la disponibilità.
07 LUG 2024