Topolino 3586
“La notte del 20 dicembre 1849 un uragano violentissimo imperversava sopra Mompracem, isola selvaggia, di fama sinistra, covo di formidabili pirati, situata nel mare della Malesia, a poche centinaia di migliaia dalle coste occidentali del Borneo.”
È con viva emozione che mi trovo a scrivere questa recensione – la mia ultima almeno per il momento – stante il posto che i libri di Salgari, e segnatamente gli undici romanzi che compongono il ciclo malese, hanno nella mia adolescenza e nel mio immaginario. Ed è proprio il primo di questi, Le Tigri di Mompracem, di cui abbiamo riportato l’incipit in apertura, ad ispirare ben due storie disneyane: Sandopaper e la perla di Labuan (1976), scritta da Michele Gazzarri e Giovan Battista Carpi e disegnata dallo stesso Carpi, e Sandopaper, la nuova storia di Alessandro Sisti e Andrea Freccero che inizia su Topolino 3586.
Sono passati quasi cinquant’anni. Ed è veramente miracoloso come non solo non sembri affatto, ma allo stesso tempo l’operazione di Sisti (da noi intervistato in merito qui), Freccero (intervista in uscita a breve su queste pagine, restate sintonizzati!), e dei coloristi Irene Fornari e Andrea Stracchi abbia tutti i valori aggiunti che si possono desiderare da un lavoro del 2024.
Partiamo dalla sceneggiatura: Sisti attinge a un eccezionale livello di freschezza e felicità nella scelta dei ritmi, riscrivendo da zero il rapporto tra i personaggi Disney e gli originali, tra conferme e nuove soluzioni: alle prime si deve ascrivere sicuramente Sandopaper, che recupera dell’invenzione di Gazzarri e Carpi lo spirito irresponsabile, giocoso, codardo e impulsivo. Creazione felicissima, sicuramente uno dei migliori e più memorabili alter ego di Paperino, sebbene non fra i più conosciuti.
Nuovo invece il trattamento di Yanez (interpretato da un inaffidabile Paperoga) e Marianna (sempre Paperina, ma con un carattere meno macchiettistico e più spostato sul lato dell’azione che su quello del supporto comico): in entrambi i casi una scelta solida da parte di Sisti, forse più interessante sul lato di Marianna laddove Paperoga si allontana definitivamente da ogni caratteristica del flemmatico e ingegnoso personaggio salgariano, imponendo giocoforza la sua proverbiale obliquità .
E poi i nipotini, titolari in pieno di quella spensieratezza e semplicità così necessarie a ogni classico disneyano. Godibile il raccordo anche a livello dei personaggi di contorno, uno fra tutti l’anziano Ciro-Bakuk (Giro-Batol l’indimenticabile originale).
A livello grafico si compie semplicemente il miracolo. Se già l’impianto cromatico riprende in maniera intelligentissima quello degli anni Settanta, senza però stonare in alcun modo sulle pagine di un albo del 2024, i disegni di Freccero fanno gridare all’invasamento mistico. Invasamento da parte di Carpi, s’intende, che di Freccero è stato Maestro.
Le pose, gli scatti, le espressioni del volto (furbesche, sospettose, spaventate a morte), lo spingersi in avanti del ventre dei Paperi nell’atto di spiccare una corsa, gli animali occhialuti (come diamine sarà venuta in mente a Carpi una follia simile? prodigi di un genio), gli astri sorridenti, si potrebbe continuare a lungo. Tutte trovate carpiane che Freccero raccoglie, fa proprie, e sparge per le sue tavole.
Sue, per l’appunto, perché per quanto impressionante il lavoro di ispirazione è tutt’altro che cieco e pedissequo: il talento purissimo del disegnatore genovese riluce felicemente sotto la lente carpiana, a partire dalla linea di contorno dei personaggi (le classiche “mani frecceriane”, tanto emulate e mai eguagliate), per finire con la innata naturalezza delle interazioni “a due” dei personaggi (si vedano per esempio Paperino e la tigre qui sopra). Insomma, un tripudio, un monumento, una irripetibile compresenza di corpo e leggerezza.
La tradizione, sparuta ma nobilissima, degli omaggi disneyani a Salgari si impreziosisce quindi di un nuovo tassello. E poco importa se la storia e i toni mostrano notevoli affinità con la parodia del 1976. Per esperimenti narrativamente più ambiziosi si potrà attendere una eventuale prova successiva, magari ispirata a un altro libro (dello stesso ciclo oppure no).
Il resto del numero è, per lo più, di livello non malvagio. La storia di Giuseppe Zironi, Topolino incontra un gatto, è particolarmente ispirata a livello grafico (ancor più del solito, verrebbe da dire), mentre l’intreccio si protrae forse per più tempo del necessario.
Molto interessante Le allegre ferie di Paperino, di Tito Faraci ed Enrico Faccini. Faraci si prende tutto il tempo e lo spazio di cui ha bisogno per scomporre la sua storia in piccole parti, divertenti anche nei titoli e nell’incastro, in cui Paperino essenzialmente non riesce a godersi le (meritate?) ferie. Qualcosa di assai frequente per tutti noi, del resto. L’operazione è particolarmente sofisticata e ha un che di metafumettistico, fra il blandamente pretestuoso e il fascinosamente spiazzante: Faraci puro, insomma. In cotanta partizione, alcune gag forse un po’ si perdono, ma la maggior parte va a segno.
A chi non è capitato?
Si continua con Paperoga’s new professions: Opinion supporter, di Marco Bosco e Francesco Guerrini, storia molto simpatica resa particolarmente riuscita dai dettagli che Guerrini inserisce nei suoi disegni, specialmente sulle pareti del locale in cui si consuma quasi tutta la vicenda.
Per finire, Zio Paperone e l’affare in concorrenza, di Augusto Macchetto e Marco Mazzarello, storia con i suoi bravi momenti a livello verbale (come spesso tipico dello sceneggiatore), ma di nuovo forse un po’ trascinata rispetto al suo potenziale: un ritmo più incalzante e una maggiore economia di scambi fra Paperone e Rockerduck avrebbero forse, a parere di chi scrive, giovato alla resa.
In conclusione, un caloroso bentornato a Sandopaper e soprattutto ad Andrea Freccero, che ci auguriamo di rivedere il più presto e il più spesso possibile sulle pagine del settimanale… e non solo quelle esterne!