Sandopaper – Intervista ad Andrea Freccero
Si è conclusa su Topolino 3587 l’avventura di Sandopaper, remake della famosa storia uscita su Topolino a fine 1976. Per l’occasione, il Papersera intervista i due autori: Alessandro Sisti nel ruolo di sceneggiatore e Andrea Freccero come disegnatore e inchiostratore.
Dopo avere chiacchierato con il Premio Papersera 2024, proseguiamo intervistando Andrea Freccero, attuale Supervisore Artistico di Topolino.
Redazione Papersera: Da chi è nata l’idea di ripescare il personaggio? C’entra qualcosa il remake televisivo di prossima uscita?
All’arrembaggio
Andrea Freccero: Non conosco la genesi esatta del progetto, probabilmente i tempi erano maturi. L’editore è sempre pronto a captare possibili eventi che possano offrire spunti interessanti, un contatto con l’attualità o perché no, con la storia del settimanale. Posso però dire che durante le riunioni di redazione ne sentivo parlare da tempo, sapevo che Alessandro era all’opera, e qualcosa nella mia testa diceva: “Andrea, no, non ce la puoi fare, fai il bravo!“, ma alla fine, dopo svariate circumnavigazioni intorno all’ufficio di Alex (Bertani, ndr) sono entrato e mi sono proposto. La tentazione è stata troppo forte. Sandopaper è un personaggio che porto da sempre nel cuore, e il direttore è stato da subito molto disponibile, credo abbia capito quanto desiderassi intraprendere questo viaggio.
RP: Sandopaper fu conseguenza dell’enorme successo dello sceneggiato RAI, che all’epoca videro tutti. Oggi non c’è il rischio che molti lettori non abbiano idea di chi siano né Sandokan né Sandopaper?
AF: Non lo vedrei come un rischio, ma piuttosto un’opportunità . Quale migliore occasione per incuriosire i lettori e proporre loro una narrativa (quella salgariana) che ha fatto innamorare intere generazioni? Parliamo di archetipi forti, senza tempo. Illustrare temi che ad alcune fasce di lettori possano risultare sconosciuti è nelle corde del settimanale. Ricorderete per esempio alcune storie recenti (chi ha detto la Ciurma del Sole Nero?) risolte con il colore retinato, tipico della parte centrale del XX secolo. In quel caso (e in molti altri) non ci siamo posti il problema, e sicuramente a molti sarà apparsa come una soluzione bizzarra. In altre occasioni abbiamo proposto storie dal taglio fortemente vintage (Pastrovicchio è maestro in questo genere di cose, e potrei andare avanti). I più curiosi saranno andati a fondo della questione, magari scoprendo e imparando cose nuove. Cercare di sollecitare il lettore è uno dei punti di forza del settimanale. Sperimentiamo sempre, sbagliare tutto sommato è il male minore, dal mio punto di vista.
RP: In un mondo, anche dell’intrattenimento, profondamente diverso non solo da quello dei tempi di Salgari ma semplicemente da quello di cinquant’anni fa, credi che le opere dello scrittore veronese potrebbero ancora essere apprezzate da una generazione di ragazzi abituata a contenuti e a una fruizione dei medesimi che appaiono molto lontani da esse?
Panoramiche carpiane
AF: E’ una domanda difficile, io non “sottovaluterei” le attuali generazioni. Come dicevo prima, gli archetipi non hanno tempo, e tutto sommato noi ci rivolgiamo a chi ama leggere storie su carta, un tipo di pubblico che a mio avviso non è incline a provare timidezze nei confronti dei contenuti. Mia figlia ha 18 anni, oggi tra le altre ascolta la musica che ascoltavo io alla sua età , guarda serie tv che io ho amato, e legge libri che io lessi tanto tempo fa. Qualcosa vorrà pur dire. Non dimentichiamoci poi dell’enorme parte di lettori non più giovanissimi, si tratta di una fascia di pubblico importante, la più esigente e la più critica, certo, ma Topolino deve saper comunicare ad ampio spettro.
RP: La perla di Labuan esce nel periodo in cui Carpi è già avviato al raggiungimento del suo apice: con una fantasia grafica esplosiva, una gestione della tavola molto dinamica. Le due tigri appartiene invece al periodo della piena maturità artistica, anche se risulta meno “sofisticata” di altre storie coeve. Come suo allievo, cosa dobbiamo aspettarci? E quale dei due Carpi è quello che preferisci?
AF: Perdonerete la risposta postuma all’uscita in edicola, se state leggendo queste righe probabilmente avrete già letto la storia e tratto le vostre conclusioni. Credo troverete molte risposte navigando insieme a
Sandopaper e alla sua ciurma all’interno delle vignette. Delle due storie preferisco nettamente la prima uscita (La perla di Labuan), la trovo più fresca ed energica, scevra di alcune sovrastrutture grafiche che invece troviamo ne Le due tigri. Un Carpi cristallino e vibrante, inarrivabile.
RP: Soprattutto la prima storia di Sandopaper è segnata profondamente da una girandola di gag visive, spesso in secondo piano, e da un’abbondanza di dettagli che arricchiscono la narrazione e caratterizzeranno da qui in poi molti dei lavori più rilevanti di Carpi. È qualcosa che possiamo aspettarci di ritrovare anche in questa nuova storia?
Espressioni impagabili
AF: All’inizio della lavorazione ho avuto parecchi dubbi, trattandosi come avrete visto di un reboot. Quale sarebbe stata la direzione migliore da intraprendere? Uno stile moderno, oppure? Per quanto mi riguarda è stata una cosa naturale, quel mondo era già stato tracciato dal mio maestro. Per come ho potuto e con un pizzico di incoscienza ho seguito il cuore, consapevole del fatto che non si poteva fare di meglio o di più. Ho sperato che i lettori che già conoscevano le storie precedenti avrebbero apprezzato il richiamo, e che i nuovi, invece, sarebbero stati incuriositi da un trattamento grafico old school, probabilmente simile a quello che hanno amato i loro genitori. Ho tentato quindi di riprendere un certo modo di recitare dei personaggi e le loro anatomie, il rigore delle scansioni temporali e della gabbia, senza trascurare la voglia di divertirmi.
RP: Vista l’importanza del progetto dobbiamo aspettarci un’attenzione particolare anche alla colorazione?
AF: La colorazione è stato un’aspetto fondamentale, era già nella mia testa ancora prima di disegnare. Ho impostato le tavole in modo che il colore avesse un’impatto forte, vivace, quasi più del disegno stesso. Ho chiesto a GFB (e ai suoi collaboratori) di fare un doppio… ehm… “carpiato” all’indietro nel tempo, quando il digitale ancora non era conosciuto e i colori andavano posizionati quasi a “scacchiera”, piatti e apparentemente senza una logica precisa, al netto di una forte attenzione all’equilibrio generale. Andrea Stracchi e Irene Fornari hanno realizzato un lavoro eccellente, anche se mi sono reso conto di essere stato troppo pedante e pignolo, al tal punto che ogni tavola ricevuta da loro è finita sulla mia tavola digitale per una profonda revisione, è stato un lavoro molto lungo e dispendioso. Per me credo sia stato più facile che per loro, la mia generazione è nata nel periodo “analogico”.
RP: Tu e Sisti vi siete sentiti spesso durante la realizzazione della storia? Se sì, che input ha dato? Come vi siete trovati a lavorare insieme?
Tavola a matita
AF: Alessandro è uno sceneggiatore straordinario, e non devo dirlo certo io. Leggendo la sceneggiatura era tutto assolutamente chiaro, le immagini e le sequenze, i dialoghi, tutto si snodava con grande naturalezza. Alessandro è molto accurato su tutto, non sono mancati riferimenti fotografici e quant’altro necessario, l’ho tenuto aggiornato fin dalle primissime battute, in modo da ricevere un feedback a proposito dello sviluppo grafico. Mi preoccupo sempre di capire se quello che sto tracciando risponde a ciò che lo sceneggiatore aveva in mente. Non solo Sisti, ma anche la redazione è stata sempre incoraggiante nei miei confronti, ho capito che avevano fiducia e questo è stato per me di grande aiuto.
RP: Che tipo di approccio hai usato nel riprendere l’eredità grafica di Carpi? Sei stato emozionato di avere quest’opportunità ?
AF: Molto emozionato, si! La grandezza di un Maestro è anche quella di svelarti dei segreti, nozioni che lui ha dovuto scoprire e studiare nel tempo, con fatica e dedizione. Insegnare è un atto di generosità incredibile, e io provo enorme gratitudine nei confronti del mio maestro. Nelle tavole che avete letto ho cercato di ritrovare le gestualità tecniche che nel tempo, forse, avevo trascurato. Ho sempre tenuto la storia originaria davanti agli occhi, sforzandomi in tutti i modi di annullare la mia visione del Disney e di catturare ogni singola linea, espressione o inquadratura possibile. Devo essere sincero, sapevo di prestare il fianco, perché un confronto con Carpi non poteva che essere perso in partenza, ma è stato il mio modo per dirgli grazie, per giocare con lui.
RP: È la tua prima storia da quattro anni a questa parte che vediamo disegnata per Topolino. Come si è evoluto il tuo stile nel frattempo? Ne hai altre in programma?
AF: Dopo questa parentesi malese davvero non saprei come il mio stile potrà evolversi, di sicuro avrà un impatto. Con il tempo il mio tratto credo sia diventato più “secco” e lineare, sono sempre alla ricerca del giusto equilibrio tra sintesi grafica e ricchezza di dettaglio senza mai trovarlo pienamente soddisfacente. Non ho molto tempo da dedicare alle tavole – sapete che parte della mia giornata è dedicata allo sviluppo delle copertine – però ho delle tavole da realizzare nel cassetto, e spero di trovare un po’ di ritmo e consegnarle. Vi confesso che in questi anni ho visto passare sotto al naso tanti progetti interessanti, faticando a tenere la matita nel cassetto, ma spero di avere comunque offerto un mio
contributo.
Bozzetto per una vignetta
RP: Carpi ha realizzato Sandopaper e la perla di Labuan mentre curava anche la serie di Topolino Kid e, se vogliamo, le due storie di Paperino alle prese con il revival e la difesa dell’indipendenza, rari esempi di continuity nella produzione Disney di quei tempi. Vi sono mai arrivate delle voci dell’epoca sull’ipotesi di rendere le storie di Sandopaper una serie vera e propria? E stavolta? Questa idea nasce come avventura/omaggio a sé, con eventuali seguiti dettati dal gradimento dei lettori oppure come un progetto più strutturato, con già altre avventure in cantiere?
AF: Non ho mai sentito di voci simili a proposito del Sandopaper dell’epoca. Per quanto concerne i giorni nostri, che io sappia, non è previsto un progetto più strutturato. Ma nulla è scritto nella pietra, chissà … dipendesse da me tutto sommato andrei avanti.
RP: In conclusione ti chiediamo come definiresti in poche parole la storia che avremo modo di leggere a partire dalla prossima settimana.
AF: La avete letta, credo, e so che ognuno di noi l’avrà interpretata e gradita (o sgradita, perchè no) in modo differente, traendo le proprie conclusioni. Per quanto mi riguarda amerei definirla… nostalgicamente sperimentale.
09 SET 2024