Topolino 3596

12 NOV 2024
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Topolino 3596

Una recensione di Topolino 3596 non può non essere incentrata su PK, che torna con una inedita sul settimanale dopo quasi un anno dall’ultima volta. Rinascita era infatti uscita nel novembre del 2023 ad opera degli stessi autori, Tito Faraci e Lorenzo Pastrovicchio, che stavolta hanno dato vita a Metallo Pesante.

La storia di PK su Topolino quindi prosegue, ma dal suo inizio con Potere e Potenza ormai poco più di 10 anni fa molte cose sono cambiate. Con tale avventura ebbe inizio la cosiddetta PKNE (PK New Era, ndr) e sembrava che la saga avrebbe sempre rappresentato un elemento di punta del settimanale. Così è stato, perlomeno fino alle nuove disposizioni che hanno impresso al progetto una direzione differente.

Con l’avvento di Alex Bertani alla direzione, si è deciso di togliere PK da Topolino e di prevedere per il vendicatore mascherato una veste editoriale particolare, pensata come una testata a parte: Topolino fuoriserie. Ma il risultato non è stato quello sperato: né dal punto di vista dell’editore, in quanto le vendite della collana non hanno mai raggiunto numeri tali da giustificare l’investimento, né dal punto di vista dei lettori che non hanno accolto con favore l’iniziativa. Rimandiamo all’esaustivo articolo pubblicato qualche settimana fa sul nostro sito per ripercorrere la vita editoriale della testata, coi suoi pregi e i suoi difetti.

Nel mentre, PK era tornato su Topolino nel 2021 con alcune incursioni sporadiche: per festeggiare il 25° anniversario dello spillato (Una leggendaria notte qualunque) o per accompagnare l’uscita di un gadget a tema PK (Zona Franca). E basta. 

È quindi stata una sorpresa ritrovare, in corrispondenza di Lucca Comics 2023, una storia con protagonista Paperinik, in versione PK, sul settimanale. Rinascita già dal titolo aveva rappresentato una nuova speranza per i fan di questo filone, tanto più che era stata una storia generalmente ben accolta.

Botte da Orbi

Botte da orbi

Da allora però l’attesa è stata veramente troppo lunga. Ci sono voluti ben dodici mesi per leggere un sequel di quell’avventura e purtroppo le aspettative non sono state ripagate. 

Metallo pesante è infatti un episodio filler non particolarmente riuscito, che cerca di basarsi su un certo tipo di umorismo faraciano mentre si dipana su una trama fin troppo lineare e poco accattivante. Paga senz’altro, anche nella considerazione di chi scrive questa recensione, la sua collocazione editoriale. A contribuire al giudizio negativo concorre infatti l’esiguo numero di pagine assegnato alla storia, che discolpa in parte gli autori: non è che in sole 38 tavole ci si potesse aspettare chissà quale svolgimento articolato, alla maniera delle storie pkappiche più amate.

Metallo pesante è però una storia che fa passare in secondo piano anche ciò che di buono si era visto in Rinascita, ma con una differenziazione necessaria.

Per il lettore comune o neofita è infatti una storia “esplosiva”, un’avventura nello spazio curata graficamente e dai colori accattivanti (da quel punto di vista l’impegno è innegabile); volendo fare un azzardato paragone cinematografico può essere associata a un film di Michael Bay, con effetti speciali, esplosioni e i buoni che trionfano. Mentre una storia di PK è sempre stata più simile a (per rimanere nell’alveo dei blockbuster degli ultiimi anni) un film di Christopher Nolan, dove spesso è necessario fermarsi e ragionare sugli snodi di trama meno chiari e sulle implicazioni etiche e morali del comportamento dei personaggi.

E quindi per il pker e per l’appassionato questa storia rappresenta solo, in maniera amara, l’esemplificazione perfetta di come questo personaggio sia stato gestito negli ultimi anni. Se ne ricava l’impressione che l’epopea del vendicatore mascherato sia vicina al termine, a causa di una gestione del personaggio discutibile che ha nel tempo provocato uno scollegamento, uno sfibramento tra la saga e i suoi fan, anche tra quelli più accaniti. 

Il numero prosegue con una nuova storia della serie di Lord Hatequack presenta: l’ora del terrore per mano del suo co-creatore Giulio Gualtieri, che con Marco Nucci ha introdotto il personaggio in Zio Paperone e la maledizione delle maledizioni. In questa avventura, dal titolo Paperino e il manuale del trovamostri, troviamo il titolare della serie intento a narrarci un nuovo racconto al confine tra il reale e l’onirico, tra ciò che è vero e ciò che non lo è e non può esserlo (ma ne siamo poi così sicuri?). La storia, pur non essendo molto lunga, è una buona avventura: un divertissement come molte altre del filone, in cui Paperino si trova impelagato in una vicenda ai confini della realtà.

Chi ha cancellato l’albero?

I disegni di Roberto Vian confermano le caratteristiche peculiari dell’autore: il suo raffinato e virtuoso uso del tratteggio è sempre particolarmente indicato in storie “di atmosfera” come queste, mentre la regia della vignetta non è mai banale, con un utilizzo frequente di inquadrature inusuali, se si fa riferimento alla stragrande maggioranza dei suoi colleghi. D’altra parte, non sempre la recitazione e le espressioni dei personaggi sono funzionali alla trama, e può capitare che la costruzione della tavola sia fatta in maniera tale da non fornire una visione d’insieme che contribuisca a rendere scorrevole la lettura.

Sono poi veramente brutte, ma non dipende dal disegnatore, le scritte aggiunte in “post-produzione”, probabilmente insieme al lettering. Certo, lo scopo è di poter rivendere poi la storia anche all’estero inserendo tutte le parti in italiano in un diverso livello rispetto a quello dei disegni, ma è anche vero che un lavoro fatto in questa maniera sembra un poco sciatto e raffazzonato. Si segnala la particolarità di una doppia dove Vian ha inserito una inquadratura che mostra la casa di Paperino vista dietro ad un albero in silhouette: la singolarità sta nel fatto che il disegnatore ha colorato di nero solo il contorno della pianta, lasciando in bianco tutto l’interno: l’effetto non è particolarmente elegante ma la soluzione è sicuramente originale.

Pippo in: Domande e risposte (Faraci/La Torre) è una storia molto breve, una gag allungata: evidente dimostrazione di come la logica strampalata di Pippo non sia affine a quella dell’Intelligenza Artificiale. Ma alla fine è solo una questione di punti di osservazione.

Chissà cosa ne pensa il sindaco Brugnarenberg

Chissà cosa ne pensa il sindaco Brugnarenberg

Pico de Paperis ed il segreto del Papiro (Bosco/Soldati) è invece una classica storia in cui i paperi vanno alla ricerca di un tesoro: la particolarità sta nel fatto che stavolta il documento riportante le indicazioni per raggiungere la nascosta ricchezza appartiene per metà a Paperone e per metà a Rockerduck. I loro battibecchi sulla gestione delle ricerche accompagneranno il lettore fino al colpo di scena finale (ben portato pur se non particolarmente originale). In ogni caso, si tratta di una storia riempitiva piacevole. Soldati fa il suo, facendo centro soprattutto nelle espressioni, in particolare del personaggio di Pico de Paperis.

Chiude il numero Topjorn, i Vichinghi perbene e la Biennale barbarica (Gagnor/Malgeri), un seguito diretto di Minniborg e i Vichinghi perbene. Si tratta di una storia di stampo comico in pieno stile Gagnor, dove abbondano le battute, il trash, una certa dose di satira e un costante predilezione per giochi di parole e riferimenti all’attualità (vedasi come esempio il “movimento no doccia” o le polemiche interne all’amministrazione di Venezia sul passaggio e l’attracco delle grandi navi in laguna – ma anche il riferimento cinematografico a Il settimo sigillo di Bergman, sulle compagnie low cost… e tutto nelle prime sei tavole della storia!). La trama è praticamente solo un pretesto per una sequenza di gag a raffica: qualcuna riuscita, altre meno. Consigliata per gli amanti del genere e dell’autore.



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Autore dell'articolo: Matteo Gumiero

Costretto a scrivere qualcosa in questo spazio, sono ingegnere, non amo scrivere ma in compenso mi piace leggere. Fumetti, soprattutto.

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