Topolino 3601

04 DIC 2024
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Topolino 3601

Per un lungo periodo, la dimensione legata al passato da cercatore d’oro di Paperon de’ Paperoni ha avuto i connotati del mito: introdotta da Carl Barks e subito recepita dagli autori italiani, l’esperienza vissuta nel Klondike ha conservato per anni i propri dettagli sfumati, senza che venisse approfondita nei particolari.

Poi, negli anni Novanta, Don Rosa ha realizzato Life & Times of Scrooge McDuck, riordinando, con un suo metodo che avrebbe avuto grande presa sui lettori di tutto il mondo, le avventure che avrebbero portato lo Zione a diventare il papero più ricco del mondo e spalancando quindi le porte alla possibilità di raccontarne la giovinezza.

È accaduto così che le storie che vedono un giovane Paperone ancora alla ricerca di ricchezze in giro per il mondo siano diventate sempre più frequenti; di queste, l’ambientazione più utilizzata è rimasta senza dubbio la più classica, che lo vede agire nel gelido territorio nordamericano del Klondike.

Ed ecco quindi che, in apertura di Topolino 3601, ritroviamo la serie K, con Luca Barbieri ai testi e Francesco D’Ippolito ai disegni che offrono una nuova avventura di Paperone ai tempi della corsa all’oro.

Purtroppo, nonostante i presupposti del ciclo appaiano interessanti sulla carta (si tratta della lettura di alcuni diari scritti da Scrooge durante i mesi trascorsi nel Klondike), il risultato è invero piuttosto deludente. Anche la storica location appare ormai troppo sfruttata e comincia a perdere quell’effetto suggestivo che l’aveva sempre contraddistinta, come una miniera nella quale il filone d’oro sembra ormai prossimo all’esaurimento.

Una bella tavola dinamica

Come rappresentare l’azione senza l’ausilio della tipica gabbia

Il più duro dei duri vede una sceneggiatura in cui si susseguono una serie di espedienti narrativi che dovrebbero far risaltare il carattere, la determinazione, l’altruismo, l’onestà, la scaltrezza di Paperone ma che finiscono per essere fin troppo ridondanti nell’evidenziare tutto ciò. Anche gli elementi umoristici non funzionano, perché se l’ironia è data dalle lamentele di una papera sull’eleganza della sua divisa, in una terra piuttosto aspra e desolata, a risentirne è la credibilità della storia intera.

Se la trama non brilla, non si può certo invece trascurare il lavoro di D’Ippolito ai disegni, con un uso della tavola molto libero e raramente legato alla classica gabbia, portato avanti al meglio senza far diminuire la leggibilità dell’avventura. Ben curata anche la colorazione di Manuel Giarolli, con delle splendide tinte verdi e marroni che restituiscono la sensazione di essere nei boschi in cui si svolgono gli eventi.

L’ottima colorazione di Irene Fornari, già evidenziata nelle precedenti puntate, caratterizza anche la nuova e penultima puntata di 500 piedi. Dopo il leggero rallentamento della scorsa settimana, dovuto ad alcune necessarie spiegazioni, l’azione riprende ad avanzare a passo spedito, per interrompersi con il più classico dei cliffhanger che non vediamo l’ora di sapere risolto.

Bruno Enna, senza perdere di vista i nostri eroi, concentra in questo episodio la sua attenzione sugli antagonisti, riservando un nuovo piccolo colpo di scena su queste Piccole, laboriose e fameliche avversarie. D’altra parte, anche senza voler rivelare la loro identità, va detto che per le loro caratteristiche e per la loro struttura sociale, si tratta di creature che hanno sempre attirato l’attenzione dell’uomo, affasciandolo e spaventandolo al contempo.

Prosegue l’ottimo lavoro di Davide Cesarello alle matite, sempre in grado di rappresentare al meglio tanto un’atmosfera rurale carica di mistero quanto alcuni claustrofobici interni, senza perdere di vista nessuno fra i molti personaggi chiamati in scena.

L’inquietante centro nevralgico degli antagonisti

Schiacciata fra le due storie portanti della versione “frontale” del numero, troviamo poi la breve Paperoga e la fortuna transitiva, che vede Paolo De Lorenzi ai disegni e Francesco Testi… ai testi (si chiede scusa per non avere resistito nel fare questo gioco di parole). L’esordiente sceneggiatore giostra abbastanza bene il trio di cugini paperi, confezionando una vicenda che riesce a strappare un sorriso, ma che non appare comunque destinata ad essere ricordata a lungo.

Capovolgendo il libretto, infine, introdotta dalla copertina di Skottie Young, possiamo assistere alla terza contaminazione fra i supereroi Marvel e i personaggi Disney sulle pagine di Topolino. Stavolta questo nuovo What if…? presenta Minni diventa Captain Marvel. La trama, collaborazione a quattro mani di Luca Barbieri e Steve Behling, cerca di ricalcare per quanto possibile la storia che vede la bionda Carol Danvers vestire per la prima volta i panni della supereroina e così scoprire faticosamente la sua nuova identità, integrando tale vicenda con alcuni sviluppi successivi per restituire una avventura più coerente e completa.

Davvero ottimi i disegni di Giada Perissinotto, decisamente a suo agio nel riproporre in veste disneyana alcune pose del fumetto americano degli anni Settanta. Rimane qualche perplessità di fondo in merito all’intera operazione, ma può essere in fondo la scusa per riscoprire i veri natali di alcuni personaggi che oggi sono grandi protagonisti del cinema contemporaneo.

Usa 1977 – Italia 2024


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Autore dell'articolo: Federico Pavan

Sabaudo di nascita, romano d'adozione e veneto per amore, leggo fumetti da quando ero bambino e non ho ancora smesso! I miei preferiti: Tex, Asterix, Lucky Luke, Corto Maltese, Mafalda… ma Topolino resta il compagno di viaggio più fedele, una passione che mi ha portato a conoscere il Papersera (e a incontrare tanti amici e una splendida sposa) lungo tutto lo stivale italiano. Il mio idolo disneyano di sempre è Romano Scarpa, ma non posso dimenticare l'emozione del mio primo raduno, nel quale ho avuto la fortuna di incontrare due miti come Don Rosa e Carlo Chendi.