Topolino 3605

02 GEN 2025
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Topolino 3605

Dalla cronaca al cinema, passando per la letteratura e i fumetti. Le gesta truculente di affiatate quanto efferate coppie criminali hanno consumato ettolitri di inchiostro e chilometri di pellicola. I più celebri amanti fuorilegge sono probabilmente Bonnie Parker e Clyde Barrow, attivi nella zona centromeridionale degli Stati Uniti all’inizio degli anni Trenta, la cui tragica parabola fu portata sul grande schermo nel 1967 da Arthur Penn in Gangster Story (i due erano interpretati da Faye Dunaway e Warren Beatty).

Più affini a Joker e Harley Quinn (vedi l’inseparabile mazza da baseball di lei), o magari a Mickey (un nome a caso…) e Mallory in Natural Born Killers, sono l’Insonne e Minerva, che nella realtà rovesciata di Claus-24 hanno le fattezze di Topolino e Minni. Sono loro che rubano la scena a tutti nel quarto e ultimo episodio di Topolino e il segreto del pianeta inosservabile. L’operazione Mirror Christmas, che aveva monopolizzato le due uscite precedenti, si conclude in avvio di Topolino 3605, regalandoci un epilogo godibile e frizzante.

Marco Nucci tratteggia due villain completamente schizzati, ma ognuno a proprio modo, con una precisa caratterizzazione che ben ne distingue le peculiarità. A spiccare è soprattutto lei, davvero irresistibile nel suo geniale e malvagio squilibrio, innamorata del suo “biscottino” ma pronta ad abbandonarlo (momentaneamente?) al proprio destino pur di salvare sé stessa.

I dialoghi allucinati, gli assurdi narcisismi, i repentini cambi d’umore, gli improvvisi sfoghi di aggressività sono resi alla perfezione da Corrado Mastantuono, che sostituisce alle matite Giuseppe Facciotto, disegnatore delle prime tre puntate. Lo stile dell’artista romano, dal taglio umoristico più esasperato, rappresenta nella maniera migliore l’elettrica follia dei due cattivi, donando al lettore autentico spasso.

Topolino e Minni così non si erano mai visti!

Al contempo, nel cambio ci rimette qualcosa Macchia Nera (felicemente ribattezzato Macchia Noir sul forum), che qui perde un po’ dell’aria tormentata e dell’alone tenebroso infusigli dall’ottimo Facciotto. In attesa di rivederlo all’opera in vesti più canoniche, resta, a ogni modo, l’enorme fascino di un personaggio che, se ben utilizzato, vanta un potenziale esplosivo, proprio come l’ordigno piazzato dai lestofanti sotto le fondamenta del commissariato.

A tal proposito, dopo un terzo episodio più riflessivo, Nucci innesta il turbo, allestendo una lunga e rocambolesca scena d’azione in un brillante pre-finale d’impronta scarpiana. Nello sventare l’attentato si ritaglia in modo inatteso un ruolo decisivo Plottigat, ed è impossibile non provare simpatia per quest’amabile alter ego del cugino di Gambadilegno, lieta sorpresa della storia. Il finale, con un Enigm non più infallibile, lascia intendere l’eventualità di un seguito, e chissà che l’esplorazione di questo mondo allo specchio non divenga per Topolino una nuova consuetudine di fine anno, come avvenne per l’Argaar.

In ogni caso, il progetto Mirror Christmas, che ha seguito il solco tracciato l’anno scorso da La lampada bisestile, può dirsi riuscito. Tutti gli autori, e Nucci in particolare, sono stati in grado di evitare la trappola della banalità: pur attenendosi logicamente al principio di base, hanno lasciato libero sfogo alla fantasia, creando versioni opposte dei personaggi intriganti e per nulla scontate, assieme alle quali abbiamo trascorso tre insolite settimane.

Torniamo alla normalità con le tre avventure centrali, più tradizionali e con minori pretese, accomunate dall’atmosfera tipicamente festiva. In tutte il Natale è presente fin dal titolo e, assieme allo humour, dominano i buoni sentimenti che tendono a emergere in questo periodo.

In Zio Paperone e la prevedibilità natalizia, Silvia Ziche, nelle vesti ultimamente inusuali di autrice completa, trasmette buonumore con una vicenda a sfondo familiare, che vede i paperi radunarsi, in una città senza neve, per il classico pranzo del 25 dicembre. Il burbero Paperone, si sa, rifiuta sempre con sdegno l’invito per poi presentarsi regolarmente a casa di Paperino. Così accade, prevedibilmente, anche stavolta, ma meno ovvio è l’epilogo, che miscela con abilità sorrisi ed emozioni.

Posto vuoto a capotavola…

Se a Paperopoli la neve (almeno quella spontanea) scarseggia, a Topolinia ne troviamo in abbondanza, come dimostra la breve Pippo e l’igloo di Natale, opera di due inossidabili veterani, Rudy Salvagnini ai testi e Valerio Held alle matite. Lo sceneggiatore padovano conferma la sintonia con l’indole pippide e le dieci pagine scorrono gradevolmente in un lampo, contribuendo al rafforzarsi del clima natalizio.

Restiamo in tema con Paperino e il Natale di quartiere di Vito Stabile e Simona Capovilla, in cui il protagonista è obbligato a presenziare a un aperitivo con il vicinato. Ritroviamo così Jones e Anacleto, entrambi a Paperopoli (divideranno il villino?), e sono introdotti alcuni volti fin qui ignoti, anch’essi in pessimi rapporti con Donald. Sembrerebbe il preludio a una resa dei conti generale e invece, grazie a un pizzico di magia, la trama prende una strada diversa, non troppo originale ma adeguata all’occasione.

Il maestoso fragore delle acque

Chiude l’egmontiana Zio Paperone e la traversata natalizia, scritta da Arild Midthun in collaborazione con Knut Knærum e Tormod Løkling e disegnata da lui stesso. Ben inquadrata nell’esauriente e documentatissimo articolo a seguire di Marco Travaglini, la storia s’inserisce in pieno nella continuity donrosiana, collocandosi tra l’ottavo e il nono capitolo della Saga. Midthun ci narra un episodio sconosciuto della vita del giovane Scrooge, ossia le vicissitudini cui andò incontro nel momento in cui decise di fare ritorno dalla famiglia in Scozia, guarda caso per Natale. Ad accompagnare il futuro Zione, con il primo miliardo in contanti da lui guadagnato, in uno spericolato viaggio attraverso i ghiacci nordamericani è un’indomita Doretta Doremì, a tentare in ogni maniera di insidiarne la fortuna sono i temibili Bassotti.

Il ritmo è frenetico, con varie scene spettacolari, ma non manca qualche momento introspettivo, a sottolineare il profondo legame tra Paperone e la sua ardente fiamma. Insomma, un buon lavoro da parte di Midthun, che ci delizia con maestose vignette dal forte impatto, seppure penalizzate, sul libretto, dal formato di quattro strisce per tavola. Le spettacolari quadruple avrebbero reso senz’altro meglio sull’Almanacco, ma evidentemente, data la qualità del prodotto, si è scelto di dargli maggiore visibilità, pubblicandolo sulla testata regina.

Nobilita ulteriormente un valido numero la copertina di Ivan Bigarella (con i colori di Andrea Cagol), che, accostata a quella del numero precedente, compone un unico, magnifico, affresco. Il lavoro dell’artista vicentino non sfigura al cospetto di quello realizzato dodici mesi or sono (su tre uscite) da Andrea Freccero, e non è un apprezzamento da poco.



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Autore dell'articolo: Fabrizio Fidecaro

A cinque anni cominciai a leggere Topolino, a sette fui travolto dal vento del sud. Da allora il fumetto Disney ha sempre fatto parte della mia vita. Amo lo sport (da spettatore), i libri di John Fante e Simenon, i film di Hitchcock e Wes Anderson. Il Papersera mi ha dato l'opportunità di incontrare grandi autori e nuovi amici.