Disney Special Events 22 – TopoNoir 1

03 GIU 2021
Voti del fascicolo: Recensore: Medio: (8 voti) Esegui il login per votare!

Tito Faraci è un nodo critico estremamente difficile da sciogliere e, come Alessandro Magno ci insegna, il modo migliore di districare un nodo consiste nel tagliarlo in due. Versatile e ambizioso, Faraci è stato il decostruttore e il contaminatore per eccellenza della Disney degli anni Novanta. Già nelle sue primissime storie lo sceneggiatore lombardo aveva dimostrato un gusto per il calembour, l’annominazione, il paraprosdokian, l’understatement, la demenzialità e il surrealismo misti a un notevole grado di realismo e approfondimento psicologico. Difficile stabilire esattamente l’origine del suo stile ormai paradigmatico: c’è qualcosa di Gottfredson e Scarpa, un pizzico del fumetto Disney di scuola brasiliana, un po’ di Woody Allen, un che del cinema scollacciato anni Settanta, forse una nota di Jerome, Benni e Wodehouse, sicuramente molto di Raymond Chandler.

Potrebbe sembrare un’iperbole, ma in un certo senso Tito Faraci ha rappresentato, per il mondo Disney italiano, ciò che Chandler è stato nella narrativa popolare americana della prima metà del Novecento. Come lo scrittore di Chicago, infatti, anche Faraci è stato centrale all’interno di una rivoluzione estetico-narrativa che si muoveva in opposizione alla pigrizia formale precedente. È del 1991 Topolino e il mistero della voce spezzata di Mezzavilla e Cavazzano; seguiranno altre opere fondamentali come Il commissario Basettoni e le ombre del passato di Sarda e Faccini e Topolino e l’Operazione Caos di Panaro e Di Vita: in quegli anni, sulla testata ammiraglia e su altri lidi come Topomistery gli autori cominciano a mutare approccio nell’avvicinarsi al mondo di Topolino & Co., nel tentativo disperato di annullare presso il lettorato il falso mito del cosiddetto Topolin perfettin. Faraci rivoluziona la rivoluzione riuscendo, come a suo tempo lo stesso Chandler, nella notevole impresa di mescolare sapientemente il noir e la parodia, la tensione e la brillantezza.

Commissariato

Una nuova idea di Commissariato

Tito Faraci è uno dei grandi nomi del Topolino contemporaneo. Non sorprende quindi l’iniziativa Panini di realizzare una miniserie di tre volumetti dedicata alle sue storie migliori. TopoNoir è, di fatto, parente stretto di altri volumi dedicati al medesimo autore come il meraviglioso e iconico Einaudi Topolino Noir del 2000, il volumetto Mondadori La nera di Topolino del 2006 e il più recente Topolino Black Edition del 2014.

Il primo volume della nuova collana conta 196 pagine ed è molto curato nell’estetica, dalla copertina di Cavazzano (riciclata da Topolino 3161) al dorso colorato di nero; comprende inoltre una prefazione dell’autore dal titolo Non ho inventato niente, nella quale Faraci si presenta come erede di un certo tipo di tradizione disneyana più che come ideatore di un nuovo modo di interpretare il polar topoliniano. Questa tesi, rispettabilissima, non mi trova del tutto concorde ma non è questa la sede per discuterne e merita forse un approfondimento a parte (come si diceva in apertura: un nodo difficilissimo da districare).

Metà indice è occupato dalle cosiddette “storie del Commissariato”, miniserie inaugurata su Topolino a fine anni Novanta. Già nella prima avventura proposta, La lunga notte del commissario Manetta, sorprende notare quanto Faraci avesse le idee chiare in un momento si può dire embrionale della propria carriera di sceneggiatore: è infatti la sua tredicesima storia pubblicata. Era il 1997 e Faraci non aveva ancora scritto Trauma, croce e delizia di tutti i Pkers. Ma aveva già cominciato a decostruire il mondo Disney.

La famiglia si allarga

Al di là dell’hommage alla celebre pellicola con Sidney Poitier e Rod Steiger, con la quale non ha nulla in comune, la storia presenta molti elementi di interesse: anzitutto l’introduzione del felicissimo personaggio di Rock Sassi, che diventerà un comprimario fisso nelle “storie del Commissariato”; poi, un certo grado di umanizzazione dei personaggi, primo fra tutti Manetta, che viene spogliato del proprio ruolo di idiota; infine, la rappresentazione di un rapporto, quello fra Basettoni e il suo braccio destro, finalmente più realistico e interessante rispetto alla tradizione. Stupendi i disegni di Cavazzano.

Commissariato

La nuova coppia all’opera

Degna di nota è anche la successiva L’ispettore Manetta sul filo del rasoio, nella quale l’ispettore Sassi è ormai saldamente integrato all’interno di un certo micromondo narrativo: l’idea di base, che nasce forse dal titolo deliziosamente fuorviante, è davvero geniale e la sceneggiatura è fra le più spassose in assoluto grazie all’espediente dei “cambi di look” dei personaggi, mirabilmente messo in scena da un Cavazzano in piena forma. Più modesta la terza avventura, Manetta e l’indagine natalizia, ma comunque gradevole e divertente.

Nella serie del Commissariato Faraci compie due operazioni di grande coraggio: si concentra su personaggi nuovi o storicamente poco approfonditi lasciando da parte Topolino e rovescia costantemente i cliché narrativi che dopo decenni avevano ampiamente stancato. Il set che Faraci si propone di rinnovare è il Commissariato di Topolinia, che viene popolato di comprimari (oltre al granitico ispettore texano ci sono anche Phil, Ray e Joe); ridefinisce i rapporti fra Basettoni e Manetta e costruisce, con Sassi, una coppia di detective davvero atipica in cui non ci sono Sherlock o Watson, ma solo due individui “normali” alle prese con situazioni anormali.

Si tratta di storie che rappresentano perfettamente le due anime del Faraci giallista: ci sono tensione, mistero, lavoro sui personaggi, fantasia e una spolverata di quel bel noir anni Trenta tutto spolverini e battute sagaci. Il livello è talmente elevato che non turba la mancanza di Topolino in metà indice del primo volume di una collana intitolata TopoNoir. Anche perché fra le tre proposte che seguono ci sono almeno due capolavori assoluti.

Commissariato

L’origine di un rapporto controverso

Dalla parte sbagliata è originale sin dal titolo, dal momento che – cosa assolutamente inusuale – non presenta il nome del protagonista. Ci troviamo di fronte sin da subito a una storia che intende smontare e rimontare i ruoli consolidati dei personaggi di Topolino e Gambadilegno, per così dire i due “padri fondatori” dell’Universo Disney. Come si diceva, a Faraci l’ambizione non è mai mancata. Realizzata graficamente da un Paolo Mottura al proprio meglio, questa avventura del 1998 presenta molti elementi notevoli: il citazionismo, la rottura della quarta parete, un gustoso afflato da buddy comedy, il tutto come sempre mescolato al noir.

Meraviglioso il gioco delle parti fra Topolino e Gambadilegno, nel quale il primo finirà con lo sporcarsi un po’, e il secondo avrà modo di mostrare la propria umanità. Su questa storia e sul suo impatto nel mondo Disney italiano ci sarebbe tanto altro da dire, non tutto di positivo (è evidente come il personaggio di Gambadilegno abbia definitivamente perso il proprio appeal di cattivo dopo questa storia, anche se il processo era già in atto da decenni, e solo Andrea Castellan è riuscito a fatica a restituirgli recentemente un minimo di credibilità) ma è indubbio che ci troviamo di fronte a un’opera eccezionale.

Meno memorabile la successiva Gambadilegno e la “banda delle pupe”, nonostante sia arricchita dai disegni di un Romano Scarpa quasi alla fine della propria carriera. La trama vede le fidanzate dei ladri di Topolinia, capeggiate da Trudy, darsi da fare per dimostrarsi all’altezza dei propri compagni.

Il volume si chiude in bellezza con la splendida Topolino in L’ultimo caso del 2008. Nuova collaborazione tra Faraci e Cavazzano, qui penalizzato da una colorazione stranamente “metallizzata”, è il dichiarato seguito della gottfredsoniana Topolino poliziotto e Pippo suo aiutante del 1933. Oltre ad andare a risolvere nodi narrativi lasciati più o meno irrisolti, si celebra qui un certo modo di scrivere Topolino, irripetibile, nonché la nascita e lo sviluppo di una delle amicizie più importanti del mondo Disney: quella fra Topolino e Pippo.

Riscoprire le proprie origini

L’avventura è venata da un sottile flusso di malinconia, con l’ex sindaco Scott ormai decrepito e i due protagonisti che scavano con una certa emozione fra i propri ricordi. Non è difficile riconoscere qui un barlume di “meta” (come non commuoversi pensando alle prime avventure di Mickey?) ma c’è anche molto altro, e da buon decostruttore Tito Faraci scompone e ricompone il modo di vivere di Topolino, ficcanaso senza licenza che affronta i guai da perfetto amateur “alla Tintin”, e con pochissime battute ne mostra tutta la precarietà. L’ultima tavola, muta, è ancora una volta un modo che l’autore usa per flirtare con il cinema, guardando il lettore dritto negli occhi per cercarne la complicità.

L’albo si conclude così, senza una postfazione che forse arriverà nel terzo volume. Tirando le somme si potrebbe dire che TopoNoir ha molti pregi e pochissimi difetti; l’indice proposto è molto buono e, sebbene pluriristampate, queste avventure faraciane meritano senza dubbio una riedizione di pregio. Se il lettore ride, il portafogli purtroppo piange: 6 euro per neanche 200 pagine non è proprio il massimo. Ma è bello tornare a godere di storie che oggi appaiono quasi aliene, nelle quali passeggiare con un pizzico di nostalgia. La stessa nostalgia di Topolino e Pippo ne L’ultimo caso.

Autore dell'articolo: Manuel Crispo

Medico con la passione per la scrittura, pker di vecchia data, come tanti ho iniziato a leggere con Topolino. Col tempo ho divorato voracemente manga, manhwa, historietas, BD e tutto ciò che è targato Sergio Bonelli, ma l'incredibile mondo Disney resta il mio primo amore.