Topolino 3472

12 GIU 2022
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Topolino 3472

Anno turbolento per la fattucchiera che ammalia. Dopo il grande evento in quattro parti conclusosi un mese fa, la strega vesuviana affronta una nuova scossa nel suo status quo in una storia in due parti scritta a quattro mani dai fratelli Emiliano e Matteo Mammucari.

Debuttanti-ma-non-troppo, i due sceneggiatori sono in realtà autori ben navigati, che ci raggiungono direttamente dalle scuderie Bonelli, così come Marco Nucci e Gigi Cavenago prima di loro. Un andazzo degli ultimi anni che fino ad ora si è dimostrato vincente e che ha portato sicuramente una visione nuova sul fumetto dei paperi e dei topi. Gastone lo sfortunato è per certi versi il sequel spirituale di un’altra storia importante del protagonista, vedendo nuovamente al centro della scena il suo rapporto conflittuale con l’elemento che più di tutti lo contraddistingue e di cui, a questo giro, viene privato.

Ad agire dietro le scene, come accennavamo all’inizio, è Amelia, che stanca dell’ultimo fallimento con Paperone, cambia obiettivo e decide di diventare ricca (ricca! Ricca!) appropriandosi della fortuna di Gastone, costretto quindi ad affidarsi a Paperino. I due cugini superano i loro antichi conflitti e uniscono le forze per raggiungere Napoli… ma questa è un’altra storia, che vedremo la settimana prossima.

La trama non è originalissima, ma acquista forza grazie al doppio protagonista e al particolare ruolo da consigliere di Paperino. Non è la prima volta che il personaggio assume questo ruolo verso il parentado, ma è forse la prima volta che questo aspetto viene messo al centro dell’azione. Ai disegni e alla supervisione colori Stefano Zanchi, che continua il proprio approccio grafico sperimentale, con linee fluide, gabbie libere e colori molto d’atmosfera. Gabbie libere che, a volte, sono solo vezzo grafico e non contribuiscono davvero alla narrazione.

Supervisione ai colori di Zanchi, che però sono nella pratica eseguiti da Emanuele Virzì. Già: una novità interessante di questo Topolino 3472 è l’accredito sia ai coloristi che agli inchiostratori nell’indice. Per la prima volta non si tratta di un caso d’eccezione come Mirka Andolfo, ed è presente per tutte le storie dell’albo.

Una composizione a ventaglio sicuramente più interessante della classica, ma forse un po’ troppo agitata

Il secondo e ultimo episodio di Topolino e il ritorno dell’uomo falena scorre abbastanza linearmente. Sergio Badino però gioca coi personaggi secondari e con i depistaggi, così che alla fine buoni e cattivi si mescolano inaspettatamente, tradendo (in modo positivo) le aspettative del lettore e rendendo così più interessante un giallo piuttosto semplice.

Andrea Malgeri continua ad essere un disegnatore solido della nuova generazione. Ancora non possiede particolari guizzi, ma ha le carte in regola per maturarli negli anni, come già si vede dagli interessanti character design dei nuovi personaggi. Buone anche le chine di Simone Paoloni, mentre i colori di Putra Shah Bin Bin Abd Jalil risultano nella norma dei “piatti” di Topolino. Le ombre sono troppo poche, quasi casi isolati e sembrano più una incoerenza che la normalità.

Prosegue il ciclo di PippoSpot, da un paio di storie in mano a Roberto Gagnor. Come per il precedente episodio, Il nuovo nome ha un focus differente dagli episodi di Coppola, più incentrati sul gag situazionali. Le storie del ciclo di Gagnor, infatti, partono da dettagli tecnici, da falle nel meccanismo, da cavilli burocratici. Stavolta si tratta della ricerca del marchio più originale, che si concluderà poi in maniera prettamente pippica. Ai disegni, Sergio Cabella gioca bene con le inquadrature, ma meno coi personaggi, che a volte sembrano avere un po’ di gambe corte. I colori di Monica Rossi sono simili al caso precedente: piatti con pochissime ombre, per lo più concentrate sul protagonista.

Ai testi di Davide Aicardi tornano i disegni di Massimo Fecchi in Qui, Quo e… Qua ci serve un liutaio! Il simpatico gioco di parole del titolo ben introduce il fatto che Qua in realtà non appare per quasi tutta la storia e nonostante ciò ne è il motore: Qui e Quo, giocando ad un videogioco in VR rompono la chitarra del fratellino e ne affrontano di cotte e crude per farla riparare. Trama semplice, valorizzata soprattutto dalla recitazione dei personaggi.

Chicca da worldbuilding è il cameo dei Bumpers, il gruppo musicale di Qua in alcune storie degli ultimi anni. Aicardi sembra avere un debole per le prodezze strumentali di Qua, visto che non è la prima volta che ne sfrutta le abilità. Molto gradevole la combinazione di colori tenui di Martina Andonova.

Paperino e il torneo del re è a tutti gli effetti il seguito di Paperino e il sigillo di Papero Magno, a sua volta parte dell’operazione di ripresa del ciclo bottariano. Ancora una volta Carlo Panaro e Marco Palazzi rimettono mano alle atmosfere medieval-umoristiche con una trama molto semplice, che incontra un piccolo colpo di scena solo con l’introduzione di (spoiler) Gedeone Paperingio. Un intervento molto simile a quello della storia precedente, dove lo stacco dalle classiche avventure arrivava sempre dall’introduzione di un personaggio di origine scarpiana.

Momento filosofico: l’ombra spicca più della luce

Da notare che, al di fuori dell’esplicito richiamo al ciclo originale, mancano del tutto l’atmosfera e il ritmo di Chendi e Bottaro: una lacuna che rende queste storie non diverse da una qualsiasi storia in costume ambientata nell’epoca dei cavalieri, vanificando il senso dell’operazione stessa. Palazzi mostra ancora una volta la propria bravura nel ritrarre i personaggi e le ambientazioni, con simpatiche splash page e una buona recitazione. Meno gradevole, invece, lo scivolone di raffigurare dei pirati di foggia sei-settecentesca nell’Alto Medioevo.

Ancora una volta i colori (stavolta di Chiara Bonacini) sono piatti con al massimo un paio di ombre, che sembrano più una macchia casuale che una scelta voluta. In realtà è ben chiaro l’intento di pagina 134, ma nell’economia della storia continua a stonare.



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Autore dell'articolo: Andrea Pasti

Andrea Pasti cresce leggendo Topolino per tutta la vita. All'età di diciotto anni appende i fumetti al chiodo, per poi riprendere nel 2019 dopo aver conseguito la laurea in Scienze Geologiche. Come Leo Ortolani non ha ancora trovato una concreta applicazione del suo indirizzo.