Topolino 3512

21 MAR 2023
Voti del fascicolo: Recensore: Medio: (45 voti) Esegui il login per votare!

Topolino 3512

La valutazione del numero di Topolino che ci apprestiamo a recensire è purtroppo inficiata dal fatto che questo albo presenta un “grosso problema”: vi è, cioè, una motivazione contingente che impedisce al recensore di guardare con la consueta oggettività e benevolenza a tutte le storie presenti e a cercare di coglierne gli spunti senza pregiudizi o confronti azzardati.

Questo “problema” va ricercato nell’ingombrante presenza del terzo episodio della serie Gli Evaporati, dal titolo Senza traccia. 

La motivazione è presto detta: la storia di Bruno Enna e Davide Cesarello continua a mantenersi su livelli talmente esagerati che all’inevitabile confronto tutte le altre storie soccombono in maniera ingenerosa. 

Con questo non si vuole per forza di cose sottintendere che che tutte le altre storie del numero siano effettivamente poca cosa ma, volendo fare una similitudine, si può pensare a una situazione in cui un uomo di media statura si trovi affiancato a un cestista, magari uno di quei colossi che giocano in NBA: in assenza di altri punti di riferimento costui sembrerebbe poco più che un nano.

Alla stessa maniera, partendo da questa consapevolezza, si deve prendere atto che la valutazione potrebbe non essere particolarmente oggettiva, e il giudizio di storie che in altri contesti potevano fare una figura migliore, è inevitabilmente condizionato. E quindi tutto il resto dell’albo finisce per evaporare nella nebbia prodotta dalla bellissima storia pensata da Enna. 

È vero, si tratta solo della terza puntata. Ma se a una prima parte sconvolgente e ad una seconda interessantissima si associa un terzo episodio di questo livello cos’altro si può far altro se non cominciare a gridare al capolavoro e sperare che le ormai enormi aspettative per gli ultimi due episodi non vengano deluse?

Il sacrificio di un amico

Brividi

Il grande merito di questa storia è di aver presentato un “nemico” assolutamente credibile, spaventoso e minaccioso. La nebbia che fa evaporare le persone si stanzia sempre sul fondo delle varie puntate come un monito, una presenza costante e inquietante che non abbandona mai né il lettore né tantomeno i protagonisti. 

La società post apocalittica, immaginata da Enna e tratteggiata così bene da un efficace e adattissimo Cesarello, resta un’immagine forte e d’impatto, soprattutto grazie al fatto che sia passato del tempo, addirittura un anno, senza che i nostri amici sappiano cos’è successo agli altri, nella convinzione che questa maledetta nebbia li abbia fatti definitivamente scomparire. 

Al disegnatore va anche dato il merito di aver definito l’estetica dei personaggi provati da un anno di nebbie, paure e preoccupazione per i cari ed è interessante sottolineare a tal proposito il differente approccio che essi hanno: speranza di tornare al passato per Minni, estrema pragmaticità per Orazio.

Scopriamo con l’incedere delle tavole che sono evaporati meno protagonisti di quelli che immaginavamo all’inizio. Ma soprattutto non è evaporato, come poteva sembrare nella prima puntata, Topolino che è sulle tracce di chi ha scatenato questa apocalisse. 

Non Macchia Nera, che in un riuscitissimo colpo di teatro finale è solamente colui che è giunto per primo a capire da dove (anche se non da chi) provenga questa minaccia globale. Inerme anche lui, e disperato, nel cercare di contrastarla. Ma sarà sincero? 

Immagini potenti, dunque, che culminano con il sacrificio del commissario Basettoni che, allo scopo di permettere a Topolino di fuggire dalla nebbia con le informazioni necessarie per rintracciare Macchia Nera, finisce per venire inglobato, evaporato, lui stesso. 

Il richiamo della foresta

Quel selvaggio di Pluto

Ma si pensi anche, ad esempio, al momento in cui Minni ritrova Pluto, reso quasi randagio dopo un anno che, partito Topolino, resta abbandonato a sé stesso. 

Tavole eccezionali che contribuiscono a definire lo scarto tra questa storia e le altre presenti nel numero, in un turbinio di emozioni potenti come solo nei più grandi capolavori Disney. 

Eccellente è la gestione della sceneggiatura, con il continuo rimbalzo tra passato e presente, un ping pong che permette anche ai lettori di rivivere i momenti concitati in cui la nebbia è apparsa man mano che i personaggi ottengono aggiornamenti e novità al riguardo. Belli anche i dialoghi, incisivi, epici quanto basta e con quella (piccola) quota parte di ironia e gag che in un vero fumetto Disney non devono mai mancare. 

La gestione del colore è inoltre di grande aiuto nel definire in maniera veloce e intuitiva se la vignetta è ambientata nel presente oppure si tratta di un flashback: l’insistenza sui toni del giallo e del verde per quel che riguarda questo presente distopico contribuisce a creare quell’atmosfera di inquietudine e di pericolo imminente che è una delle caratteristiche migliori della storia.

Cesarello fornisce prove convincenti, il design degli standard character è inusuale ma efficace. Topolino, in particolare, non è disegnato sul modello dei grandi maestri disegnatori del passato (Scarpa, Carpi) o del presente (Cavazzano) ma è ugualmente vivo, espressivo, guizzante e animato, così come tutti gli altri. Talvolta qualche volto è solo abbozzato ma nel complesso i disegni contribuiscono a fare di questa storia una delle migliori uscite durante la gestione bertaniana (e non solo).

Agguati

Sì, ma non ho ben capito

Unica critica riscontrabile è nella tavola a pagina 109 in cui Topolino incontra Macchia Nera.

Nella prime due vignette non è molto chiara la progressione degli eventi, in cui il protagonista avverte la presenza di un pericolo incombente e prova a difendersi da qualcosa che però il lettore non vede: avrebbe forse giovato nella prima vignetta l’inserimento più evidente dell’ombra minacciosa di Macchia Nera che giustificasse così anche agli occhi del lettore la reazione di Mickey.

Il resto, come detto, passa in secondo piano.

In particolare si conclude senza grandi spunti di riflessione la lunga Il principe delle sabbie. Chi scrive questa recensione aveva avuto modo di analizzare la prima puntata della serie e i difetti riscontrati in quell’occasione possono essere estesi e riportati sino al quinto episodio. 

In particolare una trama non particolarmente avvincente e la ripetitività delle gag che puntavano sul parallelismo tra gli abitanti di Alessandria e i loro omologhi odierni hanno appesantito uno spunto comunque interessante che però poteva svolgersi e concludersi in molte meno tavole e puntate.

Paradossalmente è sembrato che, una volta disposte tutte le carte sul tavolo, non sia rimasto abbastanza spazio per approfondire i conflitti tra i vari personaggi (in particolare quelli che riguardano il personaggio di Minni) che potevano avere invece sviluppi interessanti. Bello che il merito della cattura finale dell’antagonista sia stato condiviso con il Faro, vero e indiscusso protagonista delle belle tavole di Giuseppe Facciotto. 

Il protagonista della storia si staglia sullo sfondo

Paperino e il reclamo del mare, fatte tutte le tare necessarie, è una storia interessante. Vito Stabile alla sceneggiatura va a puntare il dito su l’inusuale mise del nostro amico Papero. La giubba da marinaio in effetti accompagna Paperino sin dai suoi esordi in animazione nel cortometraggio animato La gallinella saggia del 1934, diretto da Wilfred Jackson e citato nella storia stessa.

Negli ultimi 89 anni l’abbigliamento di Donald, a differenza di quello del suo “compare” Mickey Mouse, non ha mai subito dei restyling radicali. Certo i bottoni della giubba potevano passare da quattro a due, oppure sono variati i colori della giubba stessa, ma nella sostanza Paperino rimane iconicamente vestito da marinaio, pur non frequentando il mare se non sporadicamente (eccezione in tal senso è la serie DuckTales del 1987 dove il nostro entrava effettivamente in marina).

Partendo da questa apparente incongruenza tra la vita del papero e il suo abbigliamento Stabile ha costruito un’avventura simpatica e godibile, anche se a tratti troppo sentimentalistica e nostalgica.

Un Paperino introspettivo

La bellissima tavola introspettiva di pagina 55

Belli i riferimenti alla Quack Town delle storie di Paperino Paperotto ed è sempre bello ritrovare un ottimo Pico de Paperis. 

Contribuisce a impreziosire questa storia anche il fatto che costituisca l’esordio con i personaggi Disney del disegnatore già bonelliano Christopher Possenti. Il suo debutto è molto interessante, soprattutto nella gestione degli sfondi fa un lavoro più che egregio. I suoi personaggi sono senz’altro originali e personali, anche se qui e lì si nota che non sono stati completamente ancora metabolizzati.

Il direttore nell’editoriale ha assicurato che questa è solo la prima di molte storie per il neo arrivato e noi rimaniamo certamente curiosi di vedere le sue tavole e come evolverà il suo interessante tratto in futuro sul settimanale. 

Le pensatone di Fiuto Joe: Cercasi pennuta è una breve di 6 tavole con ai testi Tito Faraci e ai disegni Federico Franzò. 

La storia vede come protagonista Fiuto Joe. 

Si, proprio l’indimenticabile cane di Dinamite Bla in una briosa avventura in cui si trova alle prese con una gallina (!) e con un alligatore (!!). Vabbè. 

L’albo si conclude con Un c.e.n.t. per il Club dei Miliardari, una classica storia che vede nuovi scontri tra i ricconi di Paperopoli (con una guest star inaspettata) scritta a quattro mani da Roberto Gagnor e Massimiliano Valentini e disegnata dal sempre immaginifico Francesco Guerrini. 

Il suo variegatissimo repertorio zoologico è assolutamente eccezionale, ma in generale i suoi disegni sono sempre ricchi di particolari e omaggi vari (vedasi ad esempio la presenza non prevista di Bum Bum Ghigno a mo’ di cameo a pagina 145). Il suo contributo insomma non può che impreziosire la storia che va a concludere questo numero. 



Autenticati per poter votare le storie del Topolino!

Autore dell'articolo: Matteo Gumiero

Costretto a scrivere qualcosa in questo spazio, sono ingegnere, non amo scrivere ma in compenso mi piace leggere. Fumetti, soprattutto.