Topolino 3521

23 MAG 2023
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Topolino 3521

Può sempre capitare che in ogni nostra attività ci sia qualcosa che dimentichiamo di fare, o riflettendoci possiamo riprenderla, o abbiamo intenzione di completarla perché non finita. Una sensazione che è quasi una conferma anche su questo nuovo albo di Topolino, dove sembra si abbia a che fare con “strascichi” o “ritorni d fiamma” e “ricordi” di alcune storie che negli anni passati sono state avviate, prodotte e forse mai realmente chiuse.

Introdotta da una luminosa copertina di Paolo Mottura (e i colori di Andrea Cagol), la storia di apertura di questo albo celebra i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni.

Zio Paperone e il troppo vero storico (Sisti/Mottura) riprende il ciclo di storie avviato con Paperino, Qui Quo Qua e il grande gioco geniale. Anche in questo caso, la storia vede come protagonisti i Paperi in Italia, si riprende il rapporto con lo storico dell’arte Adalbecco Quagliaroli e si pone al centro l’ipotetica ricerca di un tesoro nascosto dal personaggio storico di riferimento.

La particolarità qui, o forse la difficoltà, è quella di non avere immediatamente un simile oggetto, ma ciò non impedisce (e sarebbe stato altrimenti) i nostri dall’avviare delle ricerche. Come per la trama di Zio Paperone e il centounesimo canto, anche in questo caso a rendere le ricerche e l’immersione temporale più agevoli sono i retrocchiali, questa volta dotati non solo di auricolari, ma anche della possibilità di apparire nella vicenda storica che si sta seguendo.

Pur tuttavia, la storia mette al centro due elementi fondamentali che permettono di identificare il personaggio storico di Manzoni: la sua vita quotidiana e la sua filosofia poetica, quella ricerca del vero storico che l’ha portato a scrivere La storia della colonna infame e I promessi sposi. In questo caso, però, Sisti gioca al suo gioco preferito, ovvero i paradossi temporali, che portano alla realizzazione di quell’ipotetico tesoro inedito che Paperone cercava dall’inizio. Storia di mera celebrazione, senza ulteriori pigli, ma gradevole nella lettura. Mottura a suo agio nelle vedute urbane e domestiche.

Bravi

Battuta scontata dal 1825

Da una storia che riprende una tematica, a una serie, quella di Newton e Pico in viaggio nel sapere che ormai non ci abbandona più. L’erba del vicino (Deninotti/Capovilla) quest’oggi si sofferma sulla geografia, con una lezione sui confini e le frontiere, e usa come pretesto l’ennesimo litigio vicinale tra Paperino e Anacleto Mitraglia.

Storia, come le altre, non brillante e senza eccessi, ma che porta a casa il suo risultato di mera “didaskalia, ovvero lezione e acculturamento. I disegni della Capovilla si distinguono sempre per la loro commistione tra il gusto classico e le forme più moderne e morbide.

Si passa, in seguito, a quello che potremmo definire uno “strascico” vero e proprio. Siamo Serie! – Stagione 2: Epilogo (Badino/Ziche) illustra (e forse per la prima volta seguendo la “volontà popolare”) quanto i lettori abbiano votato e deciso relativamente all’episodio pilota. Se i risultati sono veri e verranno riconfermati, la terza stagione si baserà sull’episodio pilota di tipo horror legale. Ne vedremo delle belle? Continuiamo a seguire Topolino per scoprirlo.

Quindi, un ritorno, forse gradito. Tito Faraci e Silvia Ziche tornano con Cronache del Regno dei Due Laghi con la nuova storia (e forse non unica) Il mistero degli gnomi invisibili. Umorismo molto nonsense, mordace e graffiante, anche spiazzante in alcuni casi (come nel caso dei capitoli Il posto giusto e Rivelazioni). La coppia di artisti dimostra, come anni addietro, di trovarsi alla perfezione con questo genere di narrativa e di confezionare comunque qualcosa che riesce a intrattenere, pur nella sua brevità e frammentarietà.

Siamo giunti alla quarta puntata de Le isole della Cometa, serie che apparentemente si sta trascinando, ma che semplicemente si svolge molto lentamente (probabile anche che le sei puntate annunciate risultino avere un certo peso in questo).

Comincia ora (forse) la parte conclusiva della storia

Anche se lenta, in questa puntata i fili della trama, che prima sembravano solo distrattamente tesi, vengono progressivamente tirati e raggruppati, mostrando sia parti di un passato che comincia a rivelarsi interessante (ovvero del rapporto tra Mick e Babou, che forse potrebbe anche riferirsi alla soluzione castyana per Miklos in Topolino e i 7 Boglins) sia illustrando interazioni tra i personaggi che non ci saremmo aspettati (come nel caso della telefonata finale tra Minerva e Dippo, benché sia usuale in un contesto differente).

Va anche detto che questa serie forse si inserisce nel quadro di alcune storie da light novel (a partire probabilmente da La solitudine del quadrifoglio) e che si distinguono nettamente rispetto alle altre storie tipicamente topoliniane per essere meno dinamiche, più narrative e indicate per un lettore meno addentrato nel contesto disneyano, forse più amante di una psicologia e di una interazione più “mature”. Anche i disegni di Picone e la colorazione di Fornari lavorano in questo senso, dando maggiore atmosfera alla storia, benché rimanga meno dinamica e più statica.

Sperimentazioni

Un uso sapiente della gabbia, che introduce atmosfere degne del racconto

Chiude questo albo non un vero e proprio “strascico”, ma dal titolo, L’ombra di Ducktopia (Troisi e Artibani/D’Ippolito), si può evincere che si tratti di una “ombra lunga”, un ricordo che si riattiva, una conseguenza solo marginalizzata in origine.

E in questo contesto sembra davvero di avere a che fare con l’isekai che già descrivemmo nell’approfondimento al termine della serie. Non vi è una vera e propria storia, dove abbondano i personaggi le situazioni di interazione: questa risulta essere quasi una “prolessi analettica”, un racconto del futuro rimanendo nel periodo passato.

Ed effettivamente, Topolino e Pippo ritornano sulle scene dell’ultima battaglia di Ducktopia per ritrovare l’oggetto la cui ombra tiene ancora collegati i due mondi. Sono quindi gli unici due personaggi e gli unici due protagonisti. Bella e interessante l’idea, ben riflessa anche dai disegni di un D’Ippolito in forma, che usa una gabbia libera e di continua confluenza delle scene.

Questo albo forse riporta la qualità generale ad un buon livello, dopo alcuni numeri che apparivano avere idee stanche e forse solo parzialmente salvati da alcune storie al loro interno. Ci si aspetterebbe di vedere meno momenti così lunghi di stanca, ma in un contesto come quello di un settimanale è abbastanza fisiologico.

Tuttavia, qui troviamo buoni e vari spunti di lettura: non solo le tradizionali impostazioni delle storie “alla Topolino”, ma anche alcune innovazioni che rendono la testata sempre più aperta a soluzioni nuove, a ritorni e strascichi che interagiscono diversamente e rendono il prodotto non unidirezionalmente orientato.



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Autore dell'articolo: Luigi Sammartino

Giurista, accademico e nerd, sono un Pker dormiente della prima ora, ridestatosi assieme alla mia passione per il fumetto Disney. Anche se l'ultimo arrivato, mi piace avere comunque un piglio analitico sui prodotti della nona arte. Sperimentatore perenne, sono sempre disponibile a parlare di tutto.

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