I Grandi Classici Disney 341
Proseguendo senza errori la politica di ripubblicazione dei “classici moderni” dei tardi anni Novanta, il numero si apre con un originale Zironi autore completo in Topolino e lo spirito dello Spirit, che fa rivivere a Topolino un’avventura come direttore di un varietà, con le consuete e ben dosate sfumature oniriche cui l’artista ci ha abituati; da notare la presenza di Orazio al fianco di Topolino. Con Gastone e la vittoria di Pirro, realizzata da un Rodolfo Cimino e un Romano Scarpa entrambi in stato di grazia, si entra decisamente nel vivo, con i classici “tocchi d’autore” fra gag sopraffine, battute ciminiane al 100% e l’insuperabile dinamismo dello Scarpa dei primi ’70.
Sorvolando sulle patetiche avances di Maga Magò ad un tozzo e cartoonesco Macchia Nera, arriviamo ad un altro dei punti cardine del numero: Paperino e l’oro del treno, che a Wagner fa riferimento solo nell’incipit, prima di mettere in campo degli spietatissimi Bassotti, una tribù di agguerriti (e un po’ creduloni) indiani e la solita grinta delle avventure martiniane “di frontiera”, dove Paperino e Paperone trovano i guai che meritano e i nipotini tentano di trarli fuori, il tutto condito dai ben noti “volti imbronciati” del primissimo Carpi. Sempre in tema ferroviario la seconda Superstar (Topolino e i ladri a vapore, un piccolo giallo western di produzione USA che al netto di un buffo ranchero con la barba di Merlino non riserva sorprese) e così pure la terza, Paperino e il conte di Montecristo, uno dei capolavori assoluti dell’arte di Martina, dove la consueta violenza dei rapporti fra i personaggi acquisisce un contesto morale davvero di grande spessore, tutt’altro che buonista, che si scioglie in una delle conclusioni più classiche e al contempo profonde di tutto il fumetto Disney; il tutto immerso in una originale e sorprendente rivisitazione dell’opera di Dumas, resa con i tratti decisi ed espressivi del primo Bottaro.
Gradevole l’ultima Superstar, Paperino e la ferrovia dimenticata, con un Tony Strobl una volta tanto decentemente inchiostrato e una pacifica e originale trama di Fallberg.
La terza ed ultima parte del numero si apre ancora con Martina, stavolta però ben più in là con gli anni e coadiuvato da Guido Scala. Storia che sfugge alle classificazioni, Le fantastiche imprese di Topolino-Blitz, e che lascia perplessi per alcuni passaggi mancanti, ma rientra appieno nell’ultimo, sintetico, surrealismo martiniano, in cui la trama è puro pretesto per l’incredibile.
Si prosegue con un ritorno, lieta sorpresa per chi ha seguito gli ultimi numeri della testata, di Ok Quack in Zio Paperone mecenate per forza: la storia, perfettamente calibrata, presenta la consueta atmosfera ariosa e un Bogarto particolarmente in forma, supportati da un Cavazzano semplicemente divino.
Infine, dopo un dimenticabile Super Pippo e le medaglie satelliti, si chiude con una storia di autore ignoto, Paperino e l’oro radioattivo, molto probabilmente dei fratelli Barosso, che rappresenta una piccola perla: ritmo serrato, situazioni comiche perfette, personaggi decisi e trama originale: tutto quello che vorremmo da una storia di 29 pagine.
In conclusione, uno splendido numero, anche per una testata di garanzia come questa, e che lascia tanto più perplessi di fronte a scelte come certe riempitive che potrebbero essere facilmente evitate attingendo da brevi di qualità superiore come la recente (benché ibrida) riproposizione di Taliaferro.