Topolino Story 1987

14 APR 2015
Voti del fascicolo: Recensore: Medio: (10 voti) Esegui il login per votare!

Se il numero precedente viene classificato sinora come quello col quantitativo maggiore di storie presenti, l’ottavo volume registra il dato opposto: soltanto 4 storie, ma complessivamente di grandissimo spessore. Le anticipano come sempre l’introduzione, focalizzata su alcuni avvenimenti dell’anno, anche stavolta quasi completamente assente di riferimenti storici non disneyani, a differenza di ciò che succedeva nella prima serie, forse per distaccarsi un minimo dalla collana che ne ricalca le intenzioni, cioè I Migliori anni Disney.
Apre il numero uno dei capolavori degli anni ’80 per antonomasia: Topolino e Minni in “Casabanca”, strabiliante trasposizione a fumetti in due veri e propri “tempi” ad opera di Giorgio Cavazzano, che si sbizzarrisce come non mai per quella che è sicuramente la sua migliore prova da autore completo. Ovviamente i richiami propagandistici e patriottistici vengono limati, così come non vengono minimamente affrontati temi prettamente nazisti (anzi, zirconiani), svicolando con abili espedienti disneyani.
Per tutto il resto della trama, invece, il rispetto (quasi) filologico e l’atmosfera dolce-amara un po’ complice del film di Michael Curtiz sono evidenti nelle tavole di Cavazzano, grazie soprattutto all’intuizione dell’intrigante effetto di tonalità in bianco e nero, voluto per riprodurre al meglio controluci e ombreggiature. La storia infatti è stata stampata come se fosse a colori, per ottenere tutte le sfumature del grigio, che donano all’insieme una resa finale eccellente, che termina in modo decisamente meno drammatico dell’originale, ma con quel tocco di metafumetto che in una parodia di un film cult come questo non può stonare.
Zio Paperone e il letto di Morfeo (Sarda/Ongaro) è una storia riuscità a metà, con un buono spunto “mitologico”, sgonfiatosi man mano con alcune ingenuità inspiegabili, come l’entrata nel deposito dei Bassotti privi di travestimento, senza però venir riconosciuti da Paperone e nipoti. I disegni dell’ennesimo clone cavazzaniano dell’epoca non aiutano a renderla un po’ più godibile. Sono altre le storie per cui viene ricordato Bruno Sarda, protagonista della sezione sugli autori.
La breve stavolta è un’altra brasiliana: Pennino clandestino “peste” (Teixeira/Miyaura), con un inedito binomio fra Pennino e Josè Carioca, tra insoliti ammiccamenti al tradimento da “donna facile” da parte di Rosina, e il persistente desiderio di Josè di volersi liberare al più presto della palla al piede piumata.
L’altro pezzo forte del numero è Topolino e l’Atlantide continente perduto (Pezzin/M. De Vita), gigantesca prova di entrambi gli autori, alle prese con uno dei misteri più grandi della storia, che fra verità e finzione ci raccontano la loro versione degli eventi, donandogli una certa credibilità, nonostante la compartecipazione di un pippide,visto che è un espediente narrativo solitamente poco amato quello di inserire cloni degli standard characters nei viaggi di Topolino e Pippo (altra eccezione sarà l’altrettanto indimenticabile Topolino e l’intruso spazio-temporale, sempre del 1987). Pur non essendo la prima ad affrontare l’argomento Atlantide, è subito entrata di diritto tra le più belle avventure della macchina del tempo. Artisticamente parlando, De Vita Jr raggiunge qui una vetta forse insuperata: si segnalano in particolare, tra le tante vignette degne di nota, due magnifiche tavole panoramiche in verticale da mozzare il fiato.

In poche parole, se non avete le storie di apertura e chiusura, l’acquisto è assolutamente d’obbligo!

Autore dell'articolo: Nebulina