Capiamoci su un punto, anzi, su più di uno.
A me l'idea dell'eterno presente disneyano va bene, perché è l'unica che può far funzionare il sistema. Paperone e Nonna Papera creano una grossa difficoltà, appunto perché Paperone ha quella corsa all'oro nel Klondike come esplicito riferimento temporale che gli è così connaturata da non poterla rimuovere, e la cosa peggiora con Elvira che sappiamo essere più vecchia pure di lui.
Ma qui eravamo non oso dire agli albori del mondo Disney, però comunque in una fase in cui l'impero non era ancora tale, e non si sapeva certo quanto sarebbe durato. Okay, chiudiamo gli occhi.
Però non posso chiuderli rispetto ad un Topolino che ammette d'aver vissuto un'avventura quarant'anni prima senza che per lui sembri passato un giorno, o soprattutto senza che i suoi nipoti siano cresciuti di un centimetro! Non posso: bisognava essere così espliciti, dannazione, con riferimento agli anni '80, periodo in cui ormai certe situazioni anche temporali si erano delineate definitivamente?
E poi mi allineo ai problemi secchi di trama lamentati da molti. Se il prologo promette bene, anche a chiudere un occhio sull'incongruenza del destino della Spada, poi tutto corre via liscio! Ci voleva così tanto a mettere i nostri in serio pericolo anche DOPO il ritrovamento della Spada di Ghiaccio? Già prima non han corso grandi rischi se non quello di essere stati messi in una cella dalla quale sarebbero potuti fuggire in qualsiasi momento semplicemente passando attraverso le sbarre disegnate larghissime, ma poi, appena recuperata la Spada, neppure il ragnone si rivela un pericolo! Almeno De Vita li aveva fatti scontrare con armigeri, giannizzeri, guarnigioni varie di mostri e simili. sdrammatizzando il tutto poi con l'epico cartello che tutti conosciamo. Ma qui? Tutto liscio e facile perché financo già gli altri sapevano dove la Spada fosse...
Mah e rimah. Per finire, ricordiamoci tutti che da oggi Nocciola dovrà ritagliarsi un nuovo ruolo, perché a partire da questa storia Pippo crede alla magia. Così, senza un perché. Non lo ha fatto neppure nella storia della "Minaccia dallo spazio" ma nell'Argaar, dove proprio la sua incredulità lo aveva fatto trionfare, adesso ci crede tanto da non passare spavaldo in mezzo ad illusioni apparentemente magiche con un suo classico "Non ci credo!"
Non esiste, non ha senso. Riscrive un personaggio Disney (di punta, per giunta) così, giusto e solo perché serviva a questa storia, senza pensare alle conseguenze future. Mi spiace: la storia in sé non è pessima, ma è piatta, banale, incongruente con le sue stesse premesse e con le caratteristiche dei personaggi. E se da un lato è vero che essa non spiega punti per i quali la delucidazione non è indispensabile, nondimento non avere messo almeno una battuta sugli ottomila anni trascorsi nell'Argaar priva il lettore di un pezzo che ci "doveva" essere, di un'informazione che il lettore alla fine ricava da solo (di là è normale vivere così a lungo), ma che quello stesso lettore si aspettava detta per togliersi ogni dubbio.
E il confine tra il dubbio non risolvibile ma risolto e la mera dimenticanza che porta all'illogicità è molto, molto labile.