Recensione Topolino 3530Il giornalismo è un tema particolarmente comune nel fumetto. Nello scenario franco-belga troviamo il giornalista d’inchiesta Tintin, tra i supereroi DC c’è Clark Kent, tra i Marvel Peter Parker. Concentrandoci invece al solo
ambito Disney, anche in questo caso
gli esempi sono numerosi: Topolino stesso ha ricoperto questo ruolo
fin dai suoi esordi, e in tempi più recenti abbiamo avuto intere serie dedicate all’argomento come
Pippo reporter e
Topolinia 20802, mentre in Sud America hanno avuto un notevole successo la storie ambientate nella redazione del
Papersera, negli ultimi anni raccolte anche in Italia in
una apposita testata.
Le ragioni della diffusione di questa scelta sono chiare: rendendo il protagonista un giornalista si ha
una giustificazione per gettarlo in maniera naturale immediatamente al centro dell’azione, con la possibilità di lasciargli poi facilmente le redini della storia nel ruolo, a seconda dei casi, di investigatore non ufficiale o di supereroe con il suo
alter ego segreto.
Gli anni recenti di
Topolino hanno presentato
un “ritorno di fiamma” per questa tematica, che si trova sempre più spesso tra le pagine del libretto.
Il 3530, in particolare, è esemplificativo da questo punto di vista, con
più di metà delle pagine dell’albo albo dedicate a storie appartenenti a cicli “giornalistici”: prima
Orizzonti infiniti, storia in due parti che costituisce un nuovo episodio di
Topolino giramondo e a cui è riservato anche l’onore della copertina, e in seguito
Un falegname, secondo episodio di
Blue Peaks Valley, la serie di
Corrado Mastantuono dedicata a raccontare
le origini del Papersera tra le valli dello Yukon.
Come vedremo, però, in entrambi i casi
il risultato è parzialmente deludente, e in particolare non viene sfruttato il grosso vantaggio dato dall’argomento: invece di essere gettati al centro dell’azione, infatti,
i protagonisti si trovano a essere semplici spettatori delle vicende.
Topolino e la vita da nomade
Iniziamo con la storia di apertura.
Topolino giramondo ha esordito su
Topolino 3340 dalla fantasia di
Giuseppe Zironi. L’idea era quella di portare Topolino a esplorare luoghi esotici con il fine di scrivere
un reportage di viaggio, costellato da imprevisti e incontri inaspettati.
Nella storia di questa settimana, in cui
il testimone della sceneggiatura passa a Francesco Vacca, l’obiettivo passa visibilmente in secondo piano e, a parte una sua rapida citazione in un paio di vignette,
ci troviamo invece a seguire le vicende del nomade delle steppe Zhanabil e della sua famiglia, che cerca di trovare il modo di coniugare il loro stile di vita tradizionale con il progresso e il mondo d’oggi.
La vicenda è tuttavia
prevalentemente priva di reali tensioni, a parte le difficoltà a trovare buoni posti per gli accampamenti e a lievi incomprensioni tra padri e figli, nelle quali Topolino si trova quasi a condividere con il lettore un mero ruolo di astante.
Il punto di forza del racconto si trova invece nel modo in cui ci presenta un realtà quotidiana e ambientazioni molto lontane da quella a cui siamo abituati, queste ultime anche grazie agli evocativi disegni di
Roberto Vian.
Queste ragioni da sole però
faticano a giustificare una storia lunga in due parti, lasciando una sensazione finale di occasione sprecata.
Un problema simile è quello di cui soffre la storia successiva, il secondo episodio della già menzionata
Blue Peaks Valley. La vicenda è in questo caso ricca di azione e narra
la discesa nella criminalità del figlio del carpentiere locale e la sua storia di pentimento e riscatto; al suo interno tuttavia il giovane Paperone è molto sprecato nel suo ruolo inedito di giornalista in quanto, in questo episodio, si trova a coprire poco più del ruolo di voce narrante,
quasi una Nonna Papera alle prese con un racconto intorno al fuoco.
Di contro, è molto interessante osservare il lavoro che Mastantuono sta portando avanti nel costruire
un microcosmo coerente, con i suoi ambienti e personaggi ricorrenti paralleli a quelli che siamo abituati a vedere. La scelta di
anticipare la fondazione del Papersera agli anni del Klondike può far storcere il naso ad alcuni lettori dal gusto più tradizionale, ma offre sicuramente ottimi spunti e l’occasione per
rileggere in maniera originale gli anni della corsa all’oro.
Da protagonista a semplice narratore[/size][/i]
Questo potenziale rimane un po’ inutilizzato nel racconto di questa settimana, pur rimanendo
una storia di per sé molto buona: le ottime prove da sceneggiatore di Mastantuono negli ultimi anni comunque, compresa quella del numero precedente, ci lasciano comunque più che ottimisti nei confronti del futuro di questa saga, al cui interno
è senza dubbio benvenuta anche una storia un po’ più sperimentale come quella di questa settimana.
La breve che continua il numero,
Ciccio e l’interpretazione dei sogni, é una riempitiva firmata da
Rudy Salvagnini che risulta piuttosto anonima non riuscendo né a sfruttare veramente la dimensione onirica in cui si inseriva né ad avere una vera e propria
punchline finale.
Come siamo ormai abituati, ad aspettarci “sottosopra” nella parte finale dell’albo abbiamo
una nuova storia celebrativa dei 100 anni della Disney:
Costruttori spaziali, soggetto di
Francesco Artibani e sceneggiatura di
Alessandro Sisti ispirata al corto classico
Boat Builders.
Come nelle altre storie di questa serie, il corto serve da spunto di partenza e viene poi rielaborato in chiave fantascientifica. La nave da costruire diventa in questo caso
una nave spaziale e alcune delle sequenze più celebri dell’originale vengono riportate e adattate, mantenendo
tutta la forza slapstick dell’originale: Pippo ha di nuovo problemi a inchiodare lo scafo e Paperino si trova ad avere troppi incontri ravvicinati con il timone della nave. Una delle modifiche più evidenti è
il ruolo di Minni, che da semplice comparsa nell’originale si trova in primo piano.
Certe disavventure non cambiano mai…[/size][/i]
I disegni di
Claudio Sciarrone, sempre a suo agio nella fantascienza, sono molto buoni ma
meno sperimentali di altri che abbiamo visto in questa serie. Il giudizio su questo progetto resta molto positivo, sia nell’idea che, soprattutto, nell’esecuzione.
Le storie non sono blandi remake ma si sviluppano indipendentemente riuscendo comunque a mantenere lo spirito dell’originale, con strizzate d’occhio che è divertente cercare nei vari
easter egg.
Svolgono perfettamente, insomma, il loro ruolo celebrativo mostrando come anche storie di ormai quasi un secolo riescono ad avere qualcosa da dire a distanza di tanti anni.
Nel complesso,
il Topolino di questa settimana non riesce a distinguersi particolarmente nello scenario degli ultimi mesi. Le storie a tema giornalistico si trovano a mettere i personaggi Disney sullo sfondo e lasciano nel lettore
un certo retrogusto di potenziale inespresso, e per quanto sia molto buona la storia celebrativa non riesce comunque da sola a risollevare a sufficienza il numero.
Voto del recensore:
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