Recensione Topolino 3568 Già tempo fa si ebbe modo di disquisire sul fatto che grandi autori significa anche grandi storie. Certo, ci sono le dovute eccezioni, che però solitamente confermano le regole. E questo
Topolino è un numero di grandi firme, estremamente interessante e pieno di spunti da analizzare.
In particolare,
Bruno Enna e
Francesco Artibani alzano l’asticella, donando ai lettori due storie che non passano inosservate.
Amelia oceanica contro le streghe vulcaniche – Il mondo di ghiaccio, a parte il titolo lunghissimo, è un episodio molto interessante. L’avventura entra nel vivo e la corvina fattucchiera napoletana deve cercare di scagionare se stessa e Grilla, strega vulcanica islandese e sua amica, dalle gravi accuse che le sono rivolte. Enna costruisce un mondo stregonesco inedito e ben strutturato dove coesistono le due fazioni “oceaniche” e “vulcaniche”, tra le quali però non sembra scorrere buon sangue. Bravo è lo sceneggiatore sardo nell’incuriosire il lettore dandogli diversi spunti per l’individuazione del reale colpevole e delle sue motivazioni, senza però sbottonarsi troppo, tenendo alta l’attesa per la risoluzione della vicenda. Tuttavia, vista la rigida suddivisione delle streghe in fazioni, ben nota a tutti i personaggi, ci si domanda come mai, nella
storia precedente di questo filone, la scoperta che Amelia fosse parte della fazione oceanica avesse fatto tanto scalpore.
Ce lo domandiamo tutti, Amelia
Fa piacere, comunque, vedere che il personaggio di Amelia venga usato in maniera più tridimensionale e non si appiattisca unicamente alla ricerca della Numero Uno, scopo che col passare degli anni inizia ad apparire ad un lettore esperto noiosamente ripetitivo. E questa considerazione trova facile riscontro anche nel
“Che aria tira…?” settimanale di
Silvia Ziche, in cui la strega ribadisce scherzosamente che non ha altri scopi nella vita. Qualcuno, tuttavia, potrebbe muovere la critica che la fattucchiera rappresentata da Enna in questa saga si muove in un mondo che si allontana parecchio dalle intenzioni del suo creatore Barks e del suo autoproclamato erede Don Rosa. Ed è vero, la direzione di questa saga sembra essere quella verso uno
spin-off “magico” dove Amelia è protagonista e non avversaria.
Si tratta d’altronde di una tendenza consolidata, che vede la progressiva scomparsa degli antagonisti nell’intrattenimento. Al di là di ciò, chi scrive queste righe ritiene che l’originalità e la piacevolezza di queste avventure possano essere considerate un aspetto positivo decisamente preponderante, rispetto alle perplessità che sarebbe possibile muovere. Infine, apprezzabile e azzeccato è il ritorno di un personaggio di origine ciminiana che non appariva da qualche anno, il cui inserimento nella trama risulta assolutamente coerente e giustificato.
Sul lato grafico,
Giuseppe Facciotto costituisce invece la vera novità rispetto alla prima storia del ciclo. I suoi disegni, oltre che belli, rendono merito alla grande varietà di personaggi presenti e riescono a narrare in maniera viva e chiara il susseguirsi delle azioni, senza che il lettore debba farsi venire il mal di testa per cercare di capire cosa sta succedendo.
Spostandoci invece a Topolinia, la coppia
Artibani – Pastrovicchio sforna una prova convincente con
Topolino e l’albero della verità che rappresenta la conclusione (?) di una
storyline che affonda le sue radici nella saga di
Ducktopia.
Ricordiamo che in questa serie
fantasy, ideata insieme a Licia Troisi e disegnata da Francesco D’Ippolito, Gambadilegno, dopo essersi eroicamente sacrificato rimanendo intrappolato nella dimensione parallela fantasy (e dopo essere sparito letteralmente da ogni storia pubblicata su
Topolino per diverse settimane), era ritornato a Topolinia, per decidere di redimersi definitivamente e di diventare una persona onesta. In
Topolino e i due volti della vendetta veniva poi sviscerata questa nuova inclinazione di Pietro che, premiato per il suo sacrificio precedente, trovava anche il modo di divenire ricchissimo.
Artibani porta avanti una gestione narrativa assolutamente originale e dalle caratteristiche “televisive”, che trova terreno fertile nel libretto della gestione bertaniana: la fine di una storia non coincide per forza di cose con il tirare le somme di una trama. Tutte le premesse disseminate negli albi scorsi vedono così il loro compimento in queste due ulteriori puntate.
L’introduzione nella vicenda di Miklos, antagonista di Topolino tra i più storici e importanti, fornisce un elemento di ulteriore interesse, seppure non sia del tutto condivisibile la scelta di farlo agire per la prima volta in collaborazione con il nostro eroe. A detta degli stessi protagonisti, si tratta comunque di un evento assolutamente eccezionale e, fuori dalla norma, si fa fortunatamente fatica a pensare al topo grigio come ad un avversario comunque cavalleresco su cui fare affidamento contro un nemico comune.
Pietro, sei fin troppo buono[/size][/i]
Per quanto riguarda l’onestà di Gambadilegno, non è certamente una svolta inedita vederlo presentarsi come se avesse imboccato la retta vita: in passato è accaduto già molte volte, il problema è che abbiamo tutti smesso di credergli da tempo. Non Topolino, però, che decide di dargli fiducia: forse memore del sacrificio di qualche mese prima e delle incredibili avventure extradimensionali, forse semplicemente perché in quanto personaggio intrinsecamente buono è sempre disposto a dare a tutti una seconda possibilità, dimenticando le innumerevoli volte in cui questo suo agire si dimostra un boomerang, una trappola o semplicemente l’ennesimo tradimento della fiducia accordata.
Quasi a voler contraddire Bruno Enna poco sopra, Francesco Artibani sembra voler affermare: è vero che gli antagonisti vanno scomparendo, ma è anche vero che certi personaggi sono irredimibili.
Pastrovicchio ai disegni fa come sempre un buon lavoro, pur lasciando una sensazione abbastanza evidente che in alcuni passaggi sia dovuto andare di fretta, portando così qualche vignetta a non apparire bella e aggraziata come invece ci ha abituato a fare.
Le rimanenti storie aggiungono poco alla valutazione complessiva del numero.
Pianeta Paperino – La vecchia carretta (
Stabile/
M. e S. Rota) riprende per certi versi i temi della celebre
Paperino e il segreto della 313, adattandola ai giorni nostri. E quindi le bizze e i guasti della vettura di Donald diventano virali sui
social, ma “la scintilla di vita” presente nella vecchia carretta ancora una volta, nonostante l’umiliazione, si dimostrerà foriera di intervento salvifico per il suo talvolta ingrato proprietario. Rota, al comparto grafico assieme al figlio Stefano, resta il decano tra i disegnatori Disney in attività ma il suo tratto già da tempo subisce le ingiurie degli anni e, nonostante il piacevole tono
agèe e la consueta evidente ispirazione barksiana, imprecisioni e incertezza nel tratto non rendono più giustizia all’artista.
Proprio loro! Mitici!
La grande mitologia papera – Il filo di Paperarianna (
Barbieri/Baccinelli), è invece una storia che cerca di ripercorrere in maniera ironica il mito di Teseo e del Filo di Arianna, risultando nel complesso né brutta, né memorabile. Il mito viene parodiato in maniera abbastanza fedele all’originale, occultandone però ovviamente tutti gli aspetti “meno disneyani”. Chi ne rimane depotenziato è il personaggio del Minotauro, qui ridotto semplicemente a un automa costruito da Archimede-Dedalo per la difesa del tesoro situato al centro del labirinto. L’aspetto migliore rimangono, quindi, i disegni di Baccinelli.
Voto del recensore:
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