Il più grande film di Walt Disney, il manifesto programmatico dell'arte disneyana.
Rivisto giusto oggi e rimane sempre spettacolare, a tratti ipnotico. L'ultima versione per l'Home Video ha finalmente riproposto la versione originale di questo Classico e, devo dire, il film ci ha guadagnato parecchio. Perchè se prima Fantasia, con il narratore fuoricampo e l'asettica e composta orchestra a far da sfondo, poteva apparire assai più serioso di quanto fosse in realtà, la presenza di un maestro di cerimonie in carne ed ossa ne rallenta i ritmi, permettendo anche l'inserimento di scenette comiche che fanno tirare il fiato tra un segmento e l'altro; una struttura che pone il più recente Fantasia 2000 in una diversa ottica, ricollegandolo al classico del 1940 attraverso l'inserimento di introduzioni ai vari segmenti presentate da volti più o meno noti dello spettacolo, una scelta che, all'epoca, poteva apparire insensata e volta puramente ad attirare pubblico usando i vip.
L'impeccabile presentatore, il critico musicale e compositore Deems Taylor, spiega di volta in volta il contenuto dell'opera, finendo per essere anche un po' logorroico, ma, di fatto, il pubblico a cui Fantasia si rivolgeva era per la maggior parte composto da persone assolutamente ignoranti in fatto di musica classica e si può quindi immaginare come questo film possa essere apparso loro, allo stesso tempo, fantastico e pesante. E difatti a tratti Fantasia è anche noioso, ma il motivo di tale noia piò essere ricercato più nella lunghezza dei singoli spezzoni che dell'opera in sè e la scelta dei brani è quanto di più azzeccato ci possa essere: la Toccata e Fuga in Re Minore di Bach è un overtoure perfetta e, per prima, presenta quell'effetto di straniamento che si ritroverà poi in altri brani, con i suoi elementi astratti ed i suoi colori particolari, elementi che devono aver lasciato piuttosto perplesso un pubblico ormai abituato a nani e burattini, ma Fantasia è un'opera d'arte oltre che un esperimento mai realizzato prima e, di conseguenza, a qualcuno può non piacere. Il secondo brano, la Suite dello Schiaccianoci di Cajkovskij, però, reintroduce quel feeling tipicamente disneyano, fatto di linee morbide e personaggi umanizzati, risultando molto più affine allo stile dell'animazione dell'epoca; la sequenza delle fatine delle stagioni è quanto di più bello ed appagante si fosse visto fino a quel momento in Disney, proponendo un'animazione assolutamente raffinata e di cui certi effetti paiono realizzati con la moderna CGI.
L'apprendista stregone di Paul Dukas è, invece, il terzo segmento, il vero e proprio cuore del film, visto che in origine si progettava di farlo uscire come cortometraggio per rilanciare Topolino, personaggio ormai in declino, ma, alla fine, gli fu costruito un intero lungometraggio attorno per approfittare dell'occasione. Certo è che il Mickey che appare qui è davvero adorabile e rende l'idea del simpatico monello che era ai suoi esordi. Ma il momento più simbolico e importante del film lo si ha subito dopo la conclusione del segmento: in quella stretta di mano fra Topolino e Stokowski c'è lo spirito di Fantasia, quella splendida unione di immagini e musica, tanto semplice ed armoniosa, quanto complessa e spettacolare. Ma appena terminata la sequenza, Taylor ci introduce alla sequenza forse più spettacolare e complessa del film, fedele alle teorie scientifiche dell'epoca di cui il presentatore parla per filo e per segno ad un pubblico presumibilmente all'oscuro di tutto ciò. La Sagra della Primavera di Igor Stravinskij fa infatti da sfondo ad un vero e proprio documentario sull'evoluzione della vita sulla Terra, qualcosa di mai visto prima. Le atmosfere si fanno assai cupe e lo straniamento dello spettatore è identico a quello dell'overtoure mentre sullo schermo sfilano giganteschi lucertoloni che devono aver fatto la loro bella figura in un 'epoca in cui i dinosauri non erano poi così conosciuti. Certo, la fedeltà scientifica si fa assai meno fedele visti gli anacronismi presenti, con creature prese da epoche diverse (lo stesso scontro tra il Tyrannosaurus Rex, che non è un Tyrannosaurus Rex, e lo Stegosaurus è assolutamente improponibile), ma quando il risultato è questo segmento animato incredibilmente ambizioso e particolare, be', tutto questo passa in secondo piano. Difatti, dopo questa emozionantissima sequenza, il film si prende una pausa, permettendo allo spettatore di tirare il fiato e di leggere per la prima volta il titolo dell'opera, non apparso all'inizio. Finito l'intervallo, il breve intermezzo con la colonna sonora, assolutamente geniale, permette di distendere l'atmosfera, in vista del brano più allegro del film, la Sinfonia Pastorale di Beethoven, tanto criticata per il cambio di setting, originariamente le campagne viennesi, ma forse la più disneyana delle sequenze, che recupera il feeling animato dello Schiaccianoci, ma donandogli un abbozzo di trama che gli consente di mostrare interamente il serraglio mitologico dell'Olimpo che presenta le solite trovate geniali tipiche dello studio. Peccato per le scene con la centauretta di colore, ma, ormai, la versione censurata del film è lunica visionabile, quindi inutile dispiacersi troppo.
Terminata la Pastorale, mancano solo due brani, anzi tre, alla conclusione, e seppur posti in coda, sono forse il meglio del meglio.
La Danza delle Ore di Ponchielli è un capolavoro di comicità e i personaggi sono ricchi di appeal, e, d'altronde, il segmento rappresenta il culmine della spensieratezza inagurata dalla Pastorale dopo la drammaticità della Sagra della Primavera: l'animazione è ai massimi livelli e conferisce nuovamente ai personaggi quell'estetica disneyana che ha contraddistinto già altri brani e se anche i ritmi sono a tratti lenti, il finale risveglia lo spettatore dal suo torpore, preparandolo alla degna conclusione del film. Una Notte sul Monte Calvo di Mussorgski è infatti un capolavoro grafico, forse ciò che di più inquetante la Disney abbia mai realizzato in 90 anni di vita: il Chernabog è assolutamente spaventoso, ma possiede una caratterizzazione grafica terribilmente accativante che fa sfigurare tutte le altre creature infernali presenti nel brano. Brano che si conclude col colpo di genio delle campane, che, illuminando e scacciando i demoni col loro suono, anticipano l'Ave Maria di Schubert. Ebbene, pur essendo il brano narrativamente meno rilevante, questo segmento possiede qualcosa di assolutamente particolare, quasi indescrivibile, eppure così intenso, quasi commovente, non per la musica, non per l'animazione, ma per l'unione di entrambe, perchè tutte e due non sarebbero complete l'una senza l'altra. Ed è questo, forse, il segreto di Fantasia, essere riuscito a trovare un abbinamento tanto semplice eppure mai sperimentato prima. Ed è questo che lo rende IL CAPOLAVORO.