Seguiranno commenti sugli altri capitoli, man mano che avanzo (sì, è una minaccia ).
Ed ogni minaccia è debito. Veniamo al capitolo secondo.
Rispetto al precedente capitolo (vedi post sopra) qualcosa migliora, qualcosa peggiora.
PRO. Migliora il livello della trama, che già mi era sembrata interessante nel capitolo introduttivo. Davvero qui ogni piccolo elemento introdotto (
lo specchio della vanitosa faraona, le tavole pitagoriche, la piramide
) non è messo lì solo per fare umorismo di bassa lega, ma serve alla fine a risolvere la storia. Tutto si incastra a pennello, insomma.
Oddio, a sforzarsi un attimo qualche domanda sulla coerenza uno può porsela lo stesso:
se in quel paese si usano i dromedari e non i cammelli...perché i nipoti non lo sanno già senza dover consultare il manuale? Perché Paperino e soprattutto i bassotti non lo sanno?
La risposta in realtà la conosco: Martina non guarda alla coerenza interna dell'Egitto che sta narrando. Sta letteralmente
proiettando i personaggi Disney in quell'Egitto di cartapesta. È come se i bassotti, Paperino, i nipoti
fossero appena arrivati in quel mondo, come gettati a calci su un palcoscenico. Ecco
perché non sanno dei dromedari
. La cosa di per sé ha un certo fascino.
Ma allora perché lo sa Paperone dei dromedari?
Vabbè, se si continua così non se ne esce, basta...
CONTRO. Peggiora il livello della sceneggiatura, rispetto al primo capitolo. Ecco la solita verbosità di Martina tornare a splendere e a rendermi la lettura davvero faticosa. E qui mancano anche gag linguistiche degne di nota.
Inizio a sospettare che sia un problema di disegnatori. Martina doveva essere - ipotesi mia, non ne ho le prove - uno che non scriveva sceneggiature nel senso corrente del termine del mondo fumettistico (cioè, per usare la terminologia del cinema, facendo
sceneggiatura + regia + montaggio). Secondo me le sue erano sceneggiatura nel senso classico teatrale/cinematografico del termine: vaga descrizioni della scena della vignetta e dialoghi. Senza particolari riferimenti a come i personaggi dovessero essere posizionati, mossi, inquadrati. Questo lavoro di
regia doveva dunque finire nelle mani del disegnatore.*
Ciò spiega perché trovo le storie Martina/Scarpa un pelino più leggibili delle storie Martina/Carpi. E ciò nonostante il fatto che esteticamente io trovi i paperi di Carpi
un fantastiliardo di volte più belli di quelli di Scarpa! Ma Carpi era più statico, e non riusciva a dare grande movimento alle baracconate di Martina. O almeno non sembra farlo al meglio in questa storia.
(*Questa teoria spiegherebbe anche perché l'unica volta che ho letto una storia Martina/Perego ho avuto voglia di lanciarmi dalla finestra)
Vediamo comparire Arkimedes Pitagorikon (di cui scopriamo aver prodotto specchi ustori durante le guerre puniche, cosa che ci permette di piazzare la storia tra il 212 A.C. (anno dell’assedio di Siracusa durante la seconda guerra punica) e il 30 A.C. (fine del regno di Cleopatra, iniziato nel 51 A.C.) e il regno di Cleopatra (per quanto sia dubbio penso Martina abbia usato il nome Cleopatperina per dare un’idea di familiarità al lettore, in quanto le due date sono inconciliabili).
No, su questo Martina è stato storicamente coerente: dice che Cleopatperina è la
bisnonna della vera Cleopatra, verosimilmente vissuta ai tempi del vero Archimede storico.