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Marco Nucci percorre un itinerario in equilibrio tra la volontà di mantenere una certa continuity e la voglia spasmodica di narrare qualcosa di 'memorabile'. E' inevitabile che per fare ciò non si riesca a rimanere sempre nel selciato, uscendo dal 'seminato'. Credo che se la storia vale, queste 'uscite' possano essere 'perdonate' e, almeno per me, questo sembra essere il caso. Alla fine del racconto senti di aver letto e visto delle cose avvincenti e piacevoli per cui alcune incongruenze sono oltrepassate. Anche perché, almeno nella mia 'continuity mentale', questa storia rimane fine a se stessa e non la colloco certo nella narrazione generale dei paperi, non la 'storicizzo'.
"Il Miliardo" mi è piaciuto soprattutto per aver introdotto un Club dei Milionari contrapposto a quello dei Miliardari (situazione che sarebbe interessante anche per i soggetti del presente quotidiano paperopolese), presentandoli quasi come fossero caste indiane, dove il passaggio fra l'una e l'altra è pressoché impossibile. Tutto ciò rende ancora più divertente la presenza non solo dei due tycoon più famosi della città ma anche di un corollario di 'colleghi' a loro modo protagonisti (uno in particolare, che rivela la sua vera identità alla fine, intrecciando ulteriormente i nodi storici e familiari dei McDuck. Potrebbe essere un aggancio per una nuova storia, magari ambientata nel presente)
Il passaggio da una 'casta' all'altra ha uno scenario avventuroso e storico sebbene non possa essere considerato 'credibile' secondo la narrazione donrosiana, confermata da quella gervasiana della saga di Fantomius. Lo scenario prodotto da Nucci è quello del 1930 e dintorni, con 'borse' che crollano, 'ritorni' in città molto chiacchierati ma anche con situazioni molto 'flessibili' come un Deposito che ancora non c'è ma poi c'è (altra 'forzatura' rispetto al Don Rosa/Gervasioverso dove però troviamo lo stesso Money Bin 'retrocedere' di quasi mezzo secolo la sua fondazione 'originale', decisione forse 'sofferta' ma 'inevitabile' dello stesso Rosa rispetto alla 'bibbia' barksiana)
Questa 'flessibilità' la troviamo visivamente chiara nella età indefinita di Paperino (un piccolo paperotto secondo Rosa, un giovane marinaio in questo soggetto 'iniziale' di Nucci), con un Cavazzano che disegna forse involontariamente, come già fatto notare da Dippy Dawg, un nipote che ringiovanisce progressivamente al punto da diventare alla fine poco più di un PP8. Se inizialmente ha la stessa taglia dello zio, nel prosieguo la differenza di altezza è netta come anche le espressioni molto più fanciullesche. Unico 'neo', se vogliamo (sebbene non da poco) di un disegnatore che nelle tavole di entrambe le parti della storia mi ha piacevolmente convinto.
Se certe 'sbavature' hanno avuto un senso (quelle di Nucci, non certo quella di Cavazzano), giustificate dalla bellezza e dal respiro di questo 'Miliardo', alcune didascalie mi hanno lasciato perplesso. Come già sottolineato dal sempre attento Dippy Dawg, quella su Costantinopoli (fra l'altro chiamata così più volte durante il racconto), evocata doppiamente e di seguito sia da Marco Polo (nel XIII° secolo) che da Paperone (nel XX° secolo), doveva segnalare alcune cose comuni ma anche alcune differenze tra i due viaggiatori e i due viaggi. Far chiamare quella gloriosa città Istanbul anche dal mercante veneziano è stato un controsenso storico.