Negli ultimi anni, per motivi logistici (non ho più spazio in casa!!
), compro il Topo piuttosto raramente, valutando sempre prima il livello, ad occhio, dei contenuti e decidendo, poi, se vale la pena prenderlo. Naturalmente, un numero come quello di questa settimana rappresenta un acquisto obbligato, tra PK, l'omaggio barksiano di Vito e quello di Casty a Castelli ed (escludendo quello della scorsa settimana con la storia di Sisti e Cavazzano) è il primo che acquisto dall'inizio dell'anno.
Se, però, c'è un aspetto positivo di questa fruizione "a spizzichi e bocconi" del giornale, sicuramente è quello di poter valutare l'andamento qualitativo della testata. Certo, non è detto che autori quotati producano sempre buone storie, così come non è scritto da nessuna parte che quelli giovani od esordienti propongano ciofeche, ma sta di fatto che, per il terzo anno consecutivo, mi ritrovo ad avere davanti la prospettiva di acquistare in blocco i prossimi quattro o cinque numeri di Topolino, dato che, ancora una volta, hanno concentrato nel periodo primaverile buona parte del materiale migliore a disposizione, tra Artibani, Casty, le prossime puntate del ciclo sulla Storia dell'Arte, ecc. Il che è molto bello, non c'è dubbio. Tuttavia, se tanto mi da tanto, dopo la sbornia delle settimane di Cartoomics e Comicon, come avvenuto negli ultimi anni, ci si ritroverà con il solito vuoto contenutistico che attanaglia soprattutto il periodo estivo, un tempo uno dei più floridi, fino ad arrivare a fine ottobre, quando, in concomitanza con Lucca, uscirà qualche altro numerone da sbavo, facendo reimpennare la qualità per qualche settimana.
Tutto questo preambolo per dire che ho l'impressione che, ormai, si sia deciso di organizzare la pubblicazione delle storie su Topolino seguendo questo tipo di schema, con brevi periodi ottimi e lunghe fasi piatte. Se c'è qualcosa che, invece, accadeva in passato era proprio che, stante la qualità sempre altalenante del giornale, dopo un paio di numeri bruttini ne usciva uno bello che risollevava il morale, seguito poi da altri nella media, seguiti da altri buoni ecc. Può essere solo una visione soggettiva, ma i commenti che ho letto sul forum nel corso dell'ultimo anno sembrerebbero avallare questa mia ipotesi. E non credo sia una buona mossa per fidelizzare nuovi lettori o tenersi stretti quelli affezionati.
C'è poi un commento a margine di Topin Mystere che vorrei fare. Ieri sera ho letto la prima parte di questa splendida storia, senza aver mai letto la fonte originale, ma credo di avere comunque colto alcuni dei rimandi all'opera di Castelli. Tuttavia, spogliando la vicenda della sua veste di omaggio, io ci ho visto, molto semplicemente, una bella storia di Topolino, di quelle di sapore avventuroso che lo stesso Casty produceva fino ad una decina di anni fa, prima di imbarcarsi nei diversi progetti dei suoi cicli narrativi, come Eurasia o Darkenblot. E, allora, mi sorge spontanea una domanda: ma abbiamo veramente bisogno di tutte queste storie evento? E' mai possibile che per avere un buon Topolino avventuroso sia necessario giocare la carta della parodia o dell'omaggio?
Molte delle storie più celebrate e pompate degli ultimi anni (da Dracula a Moby Dick, da Topo Maltese a Metopolis) sono degli straordinari capolavori, anche, e soprattutto, perchè il cast dei personaggi disneyani standard possiede una versatilità interpretativa senza eguali, potendo rivestire qualsiasi tipo di ruolo e recitare in opere di ogni genere. A lungo andare, però, se ne è persa la dimensione di partenza, quella originale, fatta di trame gialle con Topolino, di avventura con Zio Paperone, di vario tipo con Paperino. Ormai, per vedere all'opera grandi autori che dirigono bene dei grandi personaggi bisogna attendere la storia-evento, quasi sempre remake/omaggio/sequel di qualcos'altro o, al più, le grandi saghe come Darkenblot o PK. Sembra quasi che non si creda più nella proposta di storie "umili", che propongano qualcosa di nuovo che recuperi i setting e i personaggi tradizionali per raccontare una buona vicenda. Si punta su quei tre o quattro kolossal l'anno e li si ripropone in ogni salsa, con Mega-Super-Iper-Ultra-Arci Versioni Deluxe, senza più curare la produzione delle storie standard che, invece, viene affidata, perlopiù, alle giovani leve che, purtroppo, sembrano riproporre stancamente i vecchi cliché del periodo Muci, con i personaggi spesso ridotti ad insulse macchiette e mossi in una realtà sempre più invasa da eccessivi rimandi all'attualità consumistica, metodo perfetto per far invecchiare precocemente una qualsiasi opera mediatica.
Insomma, tutto 'sto pistolotto per dire che manca un po' la vecchia impostazione del giornale che puntava (nel bene e nel male) un po' su tutti i contenuti, dando per scontato che di belle storie ce ne erano, e che non sentiva il bisogno di proporre continuamente le versioni alternative o atipiche di un universo narrativo che funzionava (e può funzionare) benissimo così com'è.