C’era una volta in America: L’Altra Saga Disney Una delle differenze tra il mondo di Paperopoli e il mondo di Topolinia è l’attenzione ai parenti, al passato e alla genealogia. Infatti di Paperino e Paperone, a parte i numerosissimi parenti che da Carl Barks a Romano Scarpa hanno popolato le storie paperopolesi, sappiamo molto del loro passato e dei loro antenati.
Penso sia inutile, ma completistico, citare la celeberrima
Saga di Paperon de’ Paperoni (
Life and Times of Scrooge McDuck) ad opera del cartoonist americano Don Rosa. Opera monumentale che si snoda in 12 capitoli, la Saga racconta dell’infanzia, della giovinezza e dell’entrata nell’età adulta (con conseguente inizio di ricchezza) di Paperone, basandosi sulle storie che di Paperone ha scritto Carl Barks, il suo creatore, che infatti spesso e volentieri inseriva nelle avventure che scriveva riferimenti a un mitico e avventuroso passato del suo personaggio più famoso.
Questo è il classico esempio di mega-storia in cui viene fatto ordine nella vita di un personaggio Disney, basandosi su un determinato tipo di fonti, e componendo qualcosa di immortale, una pietra miliare nella storia del fumetto in generale, rigorosa dal punto di vista storico e di verosimiglianza delle avventure descritte.
Ma non dimenticherei un altro tentavo di operazione del genere, antecedente alla Saga di qualche anno e ad opera di un italiano ai testi e due ai disegni. Sto parlando di
Storia e Gloria della Dinastia dei Paperi. Scritta da Guido Martina e disegnata da Giovan Battista Carpi e da Romano Scarpa, la storia si snoda per 8 capitoli pubblicati al ritmo di uno alla settimana su “
Topolino” nel 1970, dove il Professore esplorava il passato della famiglia dei Paperi, degli antenati cioè di Paperino e Paperone, riproponendo avi dalle stesse fattezze e dalle stesse caratteristiche dei nostri beniamini. A partire dall’antico Egitto passando per l’impero romano, per la Spagna del 1492, per la guerra di secessione americana fino ad arrivare alla corsa all’oro del Klondike sulla fine del 1800, dove per lo sceneggiatore italiano avrebbe vissuto e scavato oro il padre di Paperone, tale Paperon Papà, e dove sarebbe nato il Vecchio Cilindro.
Le incongruenze con la versione filologica che avrebbe fornito a inizio anni ’90 Don Rosa si sprecano, chiaramente, a partire proprio dalla nascita di Paperone in America e non in Scozia. Ma Martina non ha mai avuto obiettivi di filologia nelle sue storie, non stupisce quindi che la sua
Storia e Gloria faccia a pugni con le storie di Barks o di altri, o spesso con quelle di Martina stesso. E dato che, sempre basandosi su Barks, Don Rosa ci mostra anche molti degli antenato scozzesi del clan de’ Paperoni, anche dal punto di vista genealogico (punto centrale di
Storia e Gloria) le differenze sono tante.
Fatto sta che in Italia è rimasta nel cuore a molti, tanto che nel 2005 salta fuori un
Capitolo II Bis ad opera di Alberto Savini e Andrea Freccero, e negli anni ’90 ha visto al luce una breve serie di storie (3, per la precisione) intitolata
Paralipomeni della Dinastia dei Paperi, scritta da Giorgio Figus e disegnata da Valerio Held, che si proponeva di raccontare avventure che si frapponessero tra alcuni capitoli di
Storia e Gloria.
Ma Topolino? Se dal punto di vista dei parenti (al contrario dell’amico Pippo) già scarseggia e perde rispetto ai Paperi – di lui conosciamo solo lo zio Balatrone e Tip & Tap, creati da Floyd Gottfredson, e zia Topolinda creata da Romano Scarpa… di Minni conosciamo il padre Marcus Mouse (Tognone) e la madre, e i nonni Marshall e Matilda Mouse, sempre grazie a Gottfredson – dal punto di vista della sua storia e degli antenati siamo messi ancora peggio.
Ora, se una sorta di biografia completa del personaggio chiaramente non ha senso di esistere (Topolino è ancora un “uomo” giovane, di certo senza il vissuto che aveva Paperone; inoltre Paperone esordisce già vecchio, mentre Topolino appare – potremmo dire – ragazzino nelle prime strisce di Gottfredson, quindi la sua vita è data dalle strisce di Gottfredson, dalle storie di Murry, di Romano Scarpa, di Mezzavilla, di Faraci e di Casty, che tutte insieme costituiscono la biografia ancora in corso d’opera del Topo), poteva invece essere interessante stabilire una sorta di genealogia per Topolino.
E’ il 1994 quando prende la palla al balzo lo sceneggiatore Giorgio Pezzin, che firma la storia “
Topolino e il tesoro della Mayflower”, prima storia del ciclo che sarà noto come
C’era una volta in America, riprendendo il titolo pari pari dal film omonimo di Sergio Leone del 1984.
L’intento di Pezzin sembra principalmente didattico, come in parte quello di Martina: attraverso queste storie lo sceneggiatore vuole ricostruire i principali eventi della storia americana, partendo dal presupposto (o costante) che “c’è sempre stato un Topolino testimone degli avvenimenti che hanno caratterizzato la nascita di quel grande paese”, citando la didascalia della prima tavola della prima storia del ciclo. Si parte dai primi coloni che dall’Inghilterra partono per arrivare nel Nuovo Continente, e si arriva al crollo della Borsa di Wall Street del 1929, nella quattordicesima e ultima storia.
L’obiettivo sembra quindi analogo davvero a quello di Martina, spesso autore di storie storico-educative e che con
Storia e Gloria aveva colto la palla al balzo con il ciclo di storie nate per accompagnare le monete che erano allegate al settimanale Disney nel 1970. Ma se Martina lo fece collocando a caso location, antenati e nascita di uno dei protagonisti, Pezzin è più fedele anche a questi particolari; c’è da dire però che di dati contro cui cozzare ne aveva molto pochi, come detto poco più sopra, e anche come luoghi erano più facili da inquadrare. Insomma, Pezzin aveva licenza di far andare la fantasia a briglie sciolte, cosa che fa anche Martina ma senza licenza.
C’era una volta in America si pone quindi come la più riuscita (almeno per me) saga che Pezzin crea per “
Topolino” (ricordo che con lo stesso sistema ha scritto
I Signori della Galassia,
Le Cronache della Frontiera, le
Tops Stories,
La Storia Vista da Topolino), per il rigore storico e per la presenza di vari Topolino, Pippo, Minni eccetera che riprendono i tratti somatici dei personaggi che conosciamo oggi, ma non sempre il carattere. Ne è venuto fuori un affresco spettacolare e stimolante verso la storia del continente americano, in cui c’è comunque attenzione al personaggio di Topolino e agli altri suoi comprimari, creando quella che io considero la genealogia ufficiale, la galleria degli antenati vera per Mickey Mouse, perché ben fatta e perché l’unica così ben impostata.
E’ quindi la risposta del mondo dei Topi a
Storia e Gloria, accomunata con essa per l’interesse agli antenati anche se Pezzin lo fa con cura maggiore, ma con l’interesse ai personaggi che mette Don Rosa nella sua
Life and Times.
Ai disegni abbiamo un grande Maestro Disney, spesso al fianco di Pezzin, vale a dire Massimo De Vita, che dà il meglio di sé in ogni storia. Le uniche due che non sono di de Vita sono disegnate da Silvia Ziche e da Fabrizio Petrossi. Dico subito qui, per non ripetermi in 12 analisi differenti, che i disegni di De Vita sono fantastici. A cavallo tra la prima e la seconda metà degli anni ’90 infatti Massimo e al “massimo” (mamma mia…) della sua bravura e realizza dei disegni meravigliosi, il suoi Topolino sono perfetti nelle posture, nelle espressioni, nei piccoli particolari che possono distinguerli dal Topolino attuale, nei costumi d’epoca che riescono ad essere credibili per gli anni in cui sono calati, negli sfondi… Insomma, impagabile. Se avrò qualche appunto particolare, lo farò direttamente nell’analisi della storia in particolare. Stessa cosa per i commenti degli altri due.
Chiudo con una (tristemente nota) curiosità: nel settembre del 2001 esce un Vattelapesca intitolato
Storie d’America (Superdisney # 22) che ristampata le storie di questo ciclo. Peccato che le ristampi tutte eccetto tre: le due non disegnate da De Vita e una fondamentale per la continuity della serie. Non esiste quindi un volume che ristampi tutta la saga completa, e sarebbe auspicabile che la nuova testata per collezionisti
Tesori Disney si desse una svegliata, non continuasse a ristagnare in cose che non c’entrano niente col suo intento o saghe già recentemente ristampate complete in volume e dedicasse un’uscita (o due, se le pagine sono troppe) a questo gioiello. Comunque la bellissima copertina realizzata appositamente da Massimo de Vita per questa raccolta farlocca campeggia qui sopra come immagine simbolica per l’intera serie.
Legenda: per ogni storia è indicato il disegnatore (anche se è quasi sempre lo stesso, come già detto), il numero di tavole totali d cui è composta, il numero di “
Topolino” su cui ha esordito, il link alla pagina Inducks, la prima tavola della storia e, se esiste, la copertina di una pubblicazione che l’ha dedicata alla storia in questione. Dato che in Italia, a parte la copertina di
Storie d’America, non esiste nessuna copertina che faccia riferimento a una qualsiasi storia del ciclo pezziniano, approfitterò per mostrare un po’ di copertine di albi Disney stranieri che invece si sono presi il disturbo, pubblicando le storie di
C’era una volta in America, di farci una bella (più meno) copertina. Siamo soprattutto dalle parti del Brasile e della Grecia, ma non solo, e ho pensato che fosse una bella idea dare un aspetto internazionale alla mia analisi, per mostrare copertine che qui in Italia non conosciamo (di giornali che qui in Italia non conosciamo) e per ricordare, semmai ce ne fosse bisogno, di come il nostro fumetto Disney è esportato nel mondo.
Topolino e il Tesoro della Mayflower [size=18]Grecia:[/size] [size=18]
Spagna:[/size]
Disegni: Massimo De Vita
Tavole: 34
“
Topolino” # 1996 (27 febbraio 1994)
InducksQuesta prima storia non si svolge in America, ma in Inghilterra, a Southampton per la precisione, nell’autunno del 1620. Qui troviamo una giovane Minni, figlia di una locandiera, e un Topolino sarto. Le radici genealogiche della famiglia di Topolino, dunque, secondo Pezzin affondano proprio qui.
Questo Topolino, che chiamerò Topolino I per distinguerlo da quelli futuri, nel ricucire la manica di una giacca trova il piano di una rapina. Decide di comunicarlo al capo dei gendarmi, ma questi lo incastra facendo ricadere la colpa della rapina sul povero Topolino I. Ovviamente il ladro è un antenato di Gambadilegno, ma il nostro eroe riesce a fuggire dalla prigione con l’aiuto di Geremia Pipper, e a dimostrare la propria innocenza pressi i padri pellegrini che erano stati le vittime della rapina. Questi, in cambio del favore, propongono a lui e a Minni (oltre che a Pipper, che si aggiungerà) di partire con loro a bordo della Mayflower, nave diretta in America, dove potranno ricostruirsi una vita. I nostri accettano, la stirpe della famiglia di Topolino è destinata quindi a continuare nel Nuovo Mondo, come quella della famiglia di Pippo e di Gambadilegno, che viene deportato nelle colonie penali in America.
E’ bello notare l’aderenza storica ma non pedante di Pezzin riguardo alla Mayflower, all’anno in cui ambienta la vicenda e sulla condizione dei padri pellegrini in fuga dall’Olanda. Inoltre sottolineo la scritta “fine dell’episodio” nell’ultima tavola, in luogo del classico e semplice “fine” che si troverà nelle prossime storie; innanzitutto fa molto “Tex”, e poi stava a indicare come questa era solo la prima storia di un ciclo che sarebbe continuato, anche se non subito nel numero successivo, mossa abile per suggerire una cosa non immediata forse ai lettori del 1994, che se vedevano una storia non conclusa si aspettavano la seconda parte la settimana successiva.
La partenza del ciclo è molto bella, vediamo Topolino I già con istinto da uomo d’investigazione e d’azione, inoltre nel suo lavoro di sarto ci vedo una citazione al cortometraggio animato “
The brave little taylor”, dove Topolino recitava il ruolo del sarto ammazzasette contro un gigante.
Topolino e i Trafficanti di Boston[size=20]Grecia:[/size] [size=20];[/size]
[size=20]Brasile:[/size] Disegni: Massimo De Vita
Tavole: 35
“
Topolino” # 1999 (20 marzo 1994)
InducksA brevissima distanza dal primo episodio, già abbiamo il secondo episodio della saga, probabilmente per fidelizzare il lettore e non fargli dimenticare del ciclo e dell’ambientazione.
Siamo nel 1716, qui vediamo all’opera il figlio del sarto del primo episodio, un Topolino II che ha ereditato l’azienda di famiglia ed è diventato commerciante di stoffe in America. Ma il suo commercio, come quello di molti suoi colleghi, è messo a rischio da un certo Lord Birban (probabilmente preso dalla parola “birbante”), che vende le sue stoffe a metà del prezzo che mettono tutti gli altri, Topolino II compreso. Ma come farà? Il nostro indaga, ma Gamboski, sgherro di Birban, cerca di metterlo a tacere, chiudendolo in un sacco e buttandolo in un fiume. Insomma, ha proprio cercato di eliminarlo! Si salva però grazie a fortuna e abilità, e con l’aiuto di Pipson, originale pescatore di alghe. Insieme a Pipson, Topolino II scoprirà che Lord Birban, in barba alle leggi inglesi che obbligano i coloni americani a rifornirsi di stoffe solo dall’Inghilterra pagando pesanti tasse, sfrutta poveri emigranti che sono stati ingannati da un contratto capestro a lavorare su telai illegali.
In un memorabile finale, con una buona zuffa tra il topo e Gamboski e l’esplosione del magazzino con i telai, i furfanti vengono arrestati, ma iniziano a esserci idee “rivoluzionari” e d’indipendenza nei coloni, stufi del fiato sul collo della madrepatria.
Un’altra storia coi fiocchi, ancora meglio della prima. Topolino II è stupendo (come carattere e come disegno di De Vita) sia quando è nelle vesti di commerciante sia quando indaga. Vederlo col codino è bellissimo.
Topolino e il Grande Cielo[size=20]Grecia:[/size] [size=20];[/size]
[size=20]Brasile:[/size] [size=20]; [/size]
[size=20]Germania:[/size] [size=20];[/size]
[size=20]Olanda:[/size] Disegni: Massimo de Vita
Tavole: 40
“
Topolino” # 2015 (12 luglio 1994)
InducksIl figlio del commerciante di Boston, Topolino III, che abbiamo visto ancora bambino in una manciata di vignette nella storia precedente con l’amico di scuola Beniamino Franklin, viene ingaggiato in virtù della sua abilità nel disegnare da una spedizione che voleva esplorare l’entroterra americano. Ma a causa di un incidente si perde, e decide di diventare un mountain-man e di sopravvivere nei boschi da solo. Ma incontra molte difficoltà (vediamo che Pezzin si diverte a inserire vignette lollose con Topolino III nei pasticci) prima di incontrare un vero mountain-man, Jean De Pippe, un Pippo fighissimo con tanto di baffettini. In questa saga, gli antenati di Pippo sono tutt’altro che sempliciotti o idioti di turno, questo anche nei primi due episodi, ma questo aspetto esplode del tutto qui, dove Jean si rivela essere un tipo tosto, che sa cavarsela in situazioni estreme e insegna a Topolino III a fare altrettanto.
Quando Jean si reca dagli indiani per la stagione degli scambi, Topolino III si innamora della figlia del capo, Minou Occhi di Cielo, ma per poterla sposare il nostro deve essere un grande guerriero. Dimostrerà quello che ha imparato dal suo mentore punendo Jambedebois, un bieco che vende sciocchezze agli indiani per un sacco di oro, e Faccia di Bronzo (ma lol!), indiano che ha tradito la tribù. E così potrà sposare Minou.
I motivi che mi hanno spinto a fare questo lavoro di analisi stanno anche in questo: Pezzin non si limita a mettere un diverso Topolino in ogni fase cruciale della storia americana, ma forgia attraverso gli antenati del nostro Mickey Mouse il carattere e le peculiarità che poi il Topolino attuale farà sue nelle sue avventure a fumetti. E’ questa l’attenzione al personaggio che dicevo nell’introduzione, e se nei primi episodi abbiamo avuto dei Topolino provetti investigatori spinti dalla curiosità, qui abbiamo un Topolino che riconosce i suoi limiti, che si fida di un maestro, che ha voglia di imparare e di mettere in pratica quello che ottimamente ha imparato. Inoltre è un animo nobile e romantico. La summa di Topolino.
De Vita ci mette del suo, come dicevo per Jean De Pippe ma anche per Topolino III, con un accenno di basette.