Be’, vi dirò... subito dopo aver cliccato su “Acquista” sullo store Panini, pensando a quanti soldi stavo spendendo, avevo il rimorso d’aver fatto un bel colpo di testa.
Ancor di più, quando l’edizione deluxe è arrivata e ho visto quanto. caspita. è. grossa.
E invece.
Non so in quante edizioni possiedo e ho letto
L’Inferno di Topolino. Non so nemmeno se le ho lette tutte. Probabilmente non lo rilessi davvero su
Topolino Story, che mi risulta essere una delle edizioni meno ritoccate in assoluto.
Ma questa limited è davvero speciale. Dopo averla letta ho dovuto riprendere in mano la prima edizione in cui lessi questa storia: lo
Speciale Topolino 2000. E...
:o :o :o
MA CHE CAVOLO AVEVANO FATTO???
Com-ple-ta-men-te rimontata, le rime spostate, pezzi di vignette disegnati ex novo, intere parti tagliate bellamente (sfido io, che nella mia memoria le famose vignette dei diavoli barbieri non risultano! Non ci sono affatto, in quell’edizione! SmBho)
E va da sé, quindi, che leggere la deluxe è stato un po’ come leggere la storia per la prima volta. Il formato gigante non è molto maneggevole, ma fa davvero brillare il disegno di Bioletto che, accidenti, era un disegnatore con i controcavoli. L’aderenza perfetta al canone grafico delle Silly Symphonies e a Gottfredson, il dettaglio, le espressioni, le proporzioni, alcune scelte azzeccatissime... confrontiamo con qualche disegnatore enormemente più prolifico dell’epoca come Perego - buon artigiano e sicuramente più dotato di me, ma mai del tutto convincente, e memorabile per i motivi sbagliati - e non c’è proprio partita. Vedendo, a fine volume, alcuni dei tagli e dei rimaneggiamenti che si fecero in corso d’opera per trasformare l’
Inferno da una storia destinata al Topolino giornale in una adatta al formato libretto, non si può che rimpiangere di non poter sapere di più sulla gestazione della storia, potendo solo fare deduzioni sulla base di ciò che traspare (a volte, letteralmente) dalle tavole originali. Ironicamente,
L’Inferno di Topolino ha subìto, in 70 anni, forse altrettanti rimaneggiamenti dell’
Inferno dantesco nei suoi 700 anni, tra un rimontaggio qui e una censura là, tanto che la “vulgata” più fedele non è forse nemmeno quella che troviamo negli originali numeri 7-12 del libretto.
Una manciata di cose non mi convincono appieno.
Intanto, la nuova colorazione. Intendiamoci: artisticamente è bellissima. Alcune aggiunte, come il sole alle spalle di Ezechiele divorato dalle galline o il motivo nel cielo nella vignetta finale, aggiungono enorme potenza alle immagini (la prima di queste due, in particolare, è intensissima). Però, però. Molte vignette sono troppo, troppo scure, come quelle dell’Aritmetica. E la toga rattoppata di Pippo-Virgilio, in bianco, è meno incisiva dell’originale verde, che ben contrastava col rosso di Topolino-Dante. In una storia che di tinte rosse ne ha così tante, spiccava decisamente di più.
Inoltre, due cose non mi convincono: 1) un verso a pagina 21, nella scena di Cerbero, che dice “isquarta”: non fa rima con “odontoiatra”, e mi pare che nella Commedia stessa fosse “isquatra”. 2) nella scena con Qui Quo e Qua, a pagina 23 di questa edizione, mi sembra evidente che la vignetta “È proprio cotto a dovere!” dovrebbe essere prima di quella con le patate, anche se in quel caso le rime non combacerebbero. Era un errore/forzatura di montaggio dell’originale?
E ancora: l’illustrazione di copertina di Fabio Celoni è bellissima. La scelta di mettere quella fascettona nera laterale col titolo, che si mangia il 40% della copertina, è per me la scelta meno azzeccata di quest’edizione. Per il costo che ha il volume, si sarebbe potuto fare l’intera copertina di tela e mettere il titolo in sovraimpressione, o comunque in uno spazio più limitato.
Infine... gli editoriali sono troppo pochi! Le voglio tutte, le tavole originali sopravvissute!
Ma, in fin dei conti... è un’edizione bellissima, e già la amo.
Il problema è trovare un posto dove metterla...
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