L'estetica contemporanea di massa prosegue nel solco dell'ideale romantico dell'artista indipendente e tormentato tributando estremo valore alle esperienze "totalizzanti" di artefici "della profondita'" come Dante, Michelangelo o Beethoven, ridimensionando le esperienze meno dirompenti e ispirate a maggiore equilibrio di un Raffaello o di un Haydn. Beethoven e' sicuramente uno spartiacque, ma, sub specie aeternitatis, non minore impatto ebbe l'opera di Bach, non fosse altro che per la definizione del temperamento, quella di Wagner con la sua Gesamtkunstwerk, l'opera d'arte totale, o quella di Schoenberg, da te giustamente citato, con l'introduzione dell'atonalita', o meglio della pantonalita' dodecafonica e della musica seriale. Cio' che intendo dire e' che parte del predominio che attribuiamo all'opera di Beethoven, superba nella sua bellezza talvolta inattingibile, e' dovuta sia al fascino che la sua figura continua a ispirare, musicista intento a creare musica per se' libera dal giogo della committenza, sia al fatto che una parte della corale della nona abbia un tema talmente espressivo e comunicativo nella sua semplicita', tanto piu' alta in quanto piu' disarmante, che parrebbe assommare in se' tutte le virtu' del classicismo in musica trasceso da un afflato romantico. La limitatezza di tale scelta, secondo me, risiede soprattutto nel testo tedesco che immediatamente relativizza l'intento paneuropeo del messaggio che si intende veicolare definendola la summa della musica europea, laddove il latino del gregoriano ha maggiore legittimita' storica a idnetificarsi con ampia parte del continente.
Concordo pienamente che il discorso della muscia in Kubrick richieda analisi di tutt'altro livello, e la marcetta turca per tenore della Nona riarrangiata per sintetizzatore dimostra la carica tuttora prorompente di tale musica e della potenza visiva delle immagini che la accompagnano; ancor piu' incantenvoli trovo pero' le incursioni delle opere di Ligeti in tutto il percorso cinematografico di Kubrick, quasi fosse un suo compositore fétiche, e l'abbandono di quel sardonico disperatissimo valzer di Šostakovi[ch269].